Hamas vuole anche il rilascio di Marwan Barghouti, il leader della seconda Intifada che sta scontando cinque ergastoli, con l’aggravante di altri quarant’anni di carcere, per dieci atti di terrorismo, tra cui l’attacco al Sea Food Market di Tel Aviv, l’uccisione di tre israeliani a Givat Ze’ev e l’attacco di Hadera, in cui morirono sei israeliani. Ma a differenza degli altri terroristi, Marwan Barghouti è un beniamino dei media occidentali.
Il Guardian ha ospitato un suo editoriale di sostegno alla terza Intifada (il New York Times non è stato da meno). La stampa occidentale lo adora e lo paragona a Nelson Mandela: “Il Mandela palestinese” (L’Unità), “Il Mandela palestinese” (Il Sole 24 Ore), “Il Mandela di Ramallah” (La Stampa), “A Mideast Mandela” (Newsweek) e “A Nelson Mandela for the Palestinians” (Herald Tribune). “Barghouti e gli altri Mandela” (Il Fatto Quotidiano).
In Francia numerose città gli hanno intitolato strade e piazze, come la città di Valenton. Una piazza in suo nome è stata inaugurata a Coulounieix-Chamiers. Il comune socialista di Coulounieix-Chamiers ha votato a larga maggioranza la proposta di nominare il piazzale del Castello di Izards in onore del terrorista palestinese. All’arciterrorista di Ramallah è stata concessa la cittadinanza onoraria da venti città francesi. Una foto di Barghouti è stata esposta al municipio di Stains. E anche Palermo, per iniziativa di Leoluca Orlando, gli ha concesso la cittadinanza onoraria.
I legami con Fatah
All’inizio della seconda Intifada, Barghouti è diventato il leader delle Brigate dei martiri di al Aqsa e dei Tanzim. “Se non c’è sicurezza per i residenti di Tulkarem, non c’è nessuna sicurezza per i residenti di Tel Aviv”, disse Barghouti ai suoi. Nell’aprile 2002 l’esercito israeliano ha trovato negli uffici di Fatah una quantità di documenti che provavano il passaggio di danaro e di ordini da Yasser Arafat a Barghouti, e su per tutta la catena del terrore. Denaro, cinture di tritolo, fucili: era tutto annotato. Barghouti è responsabile, fra gli altri, dell’assassinio di Yoela Cohen, che aveva l’unica colpa di fare benzina a una pompa scelta come obiettivo. Benjamin Pogrund, il giornalista sudafricano che ha tenuto molti incontri segreti con Mandela, rifiuta qualsiasi confronto con Barghouti: “I bianchi non dovevano preoccuparsi di attentati suicidi e sparatorie”, ha scritto Pogrund.
Resta il mistero su come un arciterrorista che ha ordinato l’uccisione di decine di ebrei israeliani sia diventato un apostolo della pace. Dopo il 7 ottobre, quando gli stessi media hanno chiamato Hamas “militanti” e non “terroristi”, è molto meno misterioso.
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