Daniel Pipes: Assurdo lasciare Gaza all’Anp

Intervista di Alberto Simoni a Daniel Pipes
Testata: La Stampa
Data: 30/12/2023
Pagina: 14
Autore: Alberto Simoni
Titolo: I pasdaran sono diventati aggressivi sempre più difficile evitare lo scontro​​​​​​​

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/12/2023, a pag. 14 con il titolo "I pasdaran sono diventati aggressivi sempre più difficile evitare lo scontro" l'intervista di Alberto Simoni a Daniel Pipes

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Interview - Eyes on Islam - Jewish Culture | Hamodia
Daniel Pipes

Daniel Pipes, storico e direttore del Middle East Institute, allarga i confini della mappa mediorientale che ha sulla scrivania oltre le rappresaglie israeliane in Siria e gli scontri al confine con il Libano. Anche il Mar Rosso gli sembra un nugolo di episodi da registrare, ma ad ora contenuti entro una cornice di semi, pur se strana, normalità. Quello che l'ha colpito di quest'ultima settimana, in cui l'escalation del conflitto mediorientale è apparsa più concreta, è «l'attacco dal territorio iraniano contro una nave indiana».

Perché?

«È un'azione in acque internazionali condotta da Teheran, non da gruppi riconducibili. Lo dicono gli stessi americani».

Ritiene ci sarà una risposta?

«Non credo ci sia altra scelta, ma non mi pare che al momento ci siano segnali in questa direzione».

Che messaggio invia Teheran intensificando le sue operazioni?

«Washington sta cercando in ogni modo di evitare una contrapposizione diretta con l'Iran, ma gli iraniani stanno diventando sempre più aggressivi ed evitare uno scontro diventa sempre più difficile. Nel Mar Rosso le azioni dei miliziani Houthi sono forti, il blitz nell'Oceano indiano indica che anche lì c'è un terreno di confronto. Evidentemente, a Teheran c'è qualcuno che vuole una battaglia».

La sorprende?

«Entro certi limiti sì, poiché siamo sempre stati abituati al braccio di ferro con gli agenti di Teheran, da Hezbollah ai miliziani yemeniti sino ai gruppi operativi in Siria e soprattutto in Iraq. Ma ora è il regime stesso ad assumere la guida colpendo una rotta del commercio internazionale. O si fraintendono le dinamiche della politica internazionale oppure, come dicevo prima, c'è qualcuno che vuole lo scontro. E in fondo sono entrambi atteggiamenti anomali per il regime».

Ha citato le milizie regionali allineate con Teheran. Quanto dipendono nelle loro capacità operative e di scelta degli obiettivi dal regime?

«Ci sono profonde differenze, le priorità e le prerogative di queste milizie non si incastrano nell'agenda iraniana come spesso superficialmente si vuole far notare. Hanno tutte spazi di manovra autonomi, più o meno ampi. Hanno capacità di raccogliere fondi, di addestrare i loro uomini, perseguono i loro obiettivi. Non credo obbediscano semplicemente agli ordini di Teheran».

La prossima settimana il segretario di Stato Usa Antony Blinken sarà nuovamente in Israele. I temi sul tavolo sono molti, dal timore dell'escalation regionali alle pressioni su Netanyahu affinché riduca la campagna militari e opti per azioni più chirurgiche evitando così la morte dei civili nella Striscia. Crede che gli israeliani cederanno alle pressioni Usa?

«Sarebbe una richiesta inusuale. Washington ha detto agli inglesi cosa fare alle Falkland? O alla Francia come comportarsi in Africa occidentale? Non sarebbe stato corretto. Dobbiamo lasciare agli alleati la libertà di decidere, sul piano tattico, cosa fare e come condurre un conflitto. D'altronde anche a noi americani non piaceva cosa gli svedesi e altre nazioni ci dicevano sul Vietnam».

Netanyahu e Biden hanno anche una profonda diversità di vedute sul post conflitto e sul ruolo dell'Anp a Gaza. Cosa ne pensa?

«È semplicemente assurdo lasciare l'Autorità nazionale palestinese a Gaza».

«Ci sono almeno due ragioni: la prima è che Mahmoud Abbas non ha condannato l'attacco di Hamas e inoltre è debole. Ma il secondo punto è quello più importante. Israele deve lavorare con gli abitanti di Gaza anti-Hamas per creare un'amministrazione locale e una forza di polizia. C'è una radicata e vasta ostilità nella Striscia contro Hamas e penso ci sia la voglia di lavorare con Israele una volta finite le ostilità».

Senza Anp e senza Paesi arabi a far da mediatori?

«Israele può e deve lavorare con gli abitanti della Striscia. Non servono arabi o potenze occidentali».

È una strada per arrivare alla soluzione dei due Stati?

«Personalmente non ho nulla in contrario ai due Stati. Ma la vedo ora solo sulla carta».

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