Polemica
Polemica
Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 28/01/2002
Pagina: 2
Autore: Giorgio S. Frankel
Titolo: I costi dell'intifada
Insediamenti immaginari

Sul Sole 24 Ore del 28 gennaio del 2002 a pag. 2 nell'articolo: "I costi dell'intifada, Israele in ginocchio" Giorgio S. Frankel scrive (a proposito della drammatica situazione in Medio Oriente): "I governi Israeliani di sinistra o di destra, finora hanno privilegiato gli insediamenti Ebraici nei territori occupati, cui hanno destinato risorse enormi, con investimenti pro capite molto superiori alla media nazionale".
Niente di più inesatto dal momento che quando è iniziato il processo di pace gli insediamenti sono stati bloccati e lo stesso Premier di Israele Ariel Sharon ha ribadito pochi giorni fa che Israele (in linea con quanto è stabilito nel Piano Mitchell) non costruirà nuovi insediamenti.

Invitiamo pertanto i lettori di informazionecorretta.com a scrivere al Sole 24 Ore per protestare contro le affermazioni inesatte di Frankel.

La pubblichiamo volentieri, a differenza di quanto fa il Sole24 Ore che non ha mai pubblicato nessuna delle tantissime lettere di protesta che riceve quotidianamente per le scorrettezze che qualificano la sua informazione su Israele e Medioriente.
Assieme alla lettera, riportiamo la nostra risposta, interlineare in colore rosso.

Alla Direzione di

informazionecorretta.com

Torino, 28 febbraio 2002

Ho letto una Vostra breve nota anonima intitolata "Insediamenti immaginari" che critica aspramente una frase tratta del mio articolo "I costi dell'intifada" (Il Sole 24 Ore, 28 gennaio 2002) definendola "inesatta" e incita i Vostri lettori a "scrivere al Sole 24 Ore per protestare contro le [mie] affermazioni".

Ritengo che l'accusa di inesattezza sia semplicemente immotivata. Inoltre, i due argomenti addotti per confutare la frase in questione sono fuori tema e quindi del tutto irrilevanti al fine di dimostrare la presunta inesattezza di quanto ho scritto. Per di più sono espressi in modo impreciso. Il titolo -- "Insediamenti immaginari" -- è fuorviante e disinformativo in quanto predispone il lettore a pensare che io scriva di cose inesistenti e inventate. Il vostro invito a protestare contro di me sulla base di argomenti pretestuosi è un'aggressione decisamente inqualificabile, inammissibile, oserei dire diffamatoria, e tocca interessanti questioni di etica professionale.

Ricordiamo a Giorgio Frankel che esiste anche la categoria del diverso parere, che nel nostro caso non è nè aggressivo, nè inqualificabile, nè pretestuoso e quindi non diffamatorio.

Procediamo con ordine.

Per prima cosa, poichè non mi è dato di conoscere il nome e neppure le iniziali dell'autore della nota che mi riguarda, per brevità mi permetterò qui di chiamarlo Mr. I.C., dove I.C. sta, evidentemente, per "Informazione Corretta" ma anche per "Ignoto Censore" e, soprattutto, per "Inquisitore Confuso" in omaggio alla sua veemenza inquisitoria e alla disinvolta incoerenza del suo argomentare.

Ricordiamo a Giorgio Frankel, che sicuramente legge la stampa straniera che a partire dall'Economist, al Times, a Le Monde etc... I giornali sono pieni di brevi editoriali (o critiche) non firmate. Il che non autorizza a ritenere quell'anonimato qualcosa da stigmatizzare con le auliche espressioni usate.

Ciò premesso, la frase "incriminata" da Mr. I.C. afferma: "I governi Israeliani, di sinistra o di destra, finora hanno privilegiato gli insediamenti ebraici nei territori occupati, cui hanno destinato risorse enormi, con investimenti pro capite molto superiori alla media nazionale". Questa affermazione regge anche fuori dal suo contesto benchè, in nome dell'informazione corretta, bisognerebbe ricordare che è stata tratta da un articolo focalizzato sulle cattive condizioni dell'economia israeliana. Mr. I.C., invece, afferma che il mio articolo riguarda "la drammatica situazione in Medio Oriente", il che è vero in senso lato, ma nel caso specifico è inesatto (se mi è consentito usare questa parola) e anche fuorviante in quanto dà al mio articolo una connotazione che non ha. Dunque, il mio riferimento agli insediamenti è in chiave puramente economica, e non entra nel merito politico degli insediamenti, come chiunque può facilmente capire, senza alcuno sforzo mentale, leggendo l'articolo e, in particolare, quanto è scritto subito prima e subito dopo la frase "incriminata".

E' vero che il riferimento di Frankel è di tipo economico, ma crediamo anche che oggi sia molto difficile fare un'anasili economica astraendola dalla politica, soprattutto per quanto riguarda territori così a rischio, come purtoroppo la cronaca ci informa.

Quel che ho detto è che (1) nel corso degli anni, i successivi governi israeliani hanno privilegiato gli insediamenti rispetto ad altre priorità socio-economiche nazionali (come, ad esempio, lo sviluppo del Negev, che nella visione di David Ben Gurion doveva essere la "nuova frontiera" di Israele e oggi è un'area depressa e quasi dimenticata) e (2) gli insediamenti sono un pesante onere per l'economia israeliana, e il loro costo reale è quasi ignoto al pubblico perchè le voci di spese sono disseminate tra i bilanci di diversi dicasteri.

Non crediamo che il Negev sia un'area dimenticata, ma se questa è l'opinione di Frankel, lungi da noi anche solo l'idea di fargliela cambiare.

Credo che molti siano d'accordo su questi punti, quale che sia la loro opinione politica in merito agli insediamenti. Recentemente è stato pubblicato, in Israele, uno studio economico, condotto dall'Adva Center -- Information on Equality and Social Justice in Israel, ed estesamente citato da Haaretz, secondo il quale gli investimenti pubblici pro capite negli insediamenti sono superiori alla media nazionale.

Questi dati non sono stati da noi nemmeno affrontati.

Mr. I.C. liquida la mia frase con un drastico "Nulla di più inesatto", e ritiene di dimostrare questa sua opinione con due argomenti di carattere politico che però non riguardano direttamente l'oggetto della controversia (gli insediamenti nel contesto dell'economia israeliana) rispetto alla quale sono del tutto irrilevanti.

Il primo è che "quando è iniziato il processo di pace gli insediamenti sono stati bloccati". E con questo? Ammesso e non concesso che gli insediamenti siano stati davvero "bloccati", hanno forse essi per questo cessato di esistere o anche solo di essere un costo economico? Credo proprio di no, almeno a giudicare dalle periodiche notizie di stanziamenti governativi a favore degli insediamenti. Il loro "blocco" è assai relativo: non so se Mr. I.C. è consapevole che, da quando è iniziato il processo di pace (1993) a oggi, la popolazione degli insediamenti a Gaza e in Cisgiordania è raddoppiata da 100 mila a 200 mila persone (per comodità espositiva mi sono permesso di arrotondare la cifre). E' da escludere che questi dati siano relativi ad abitanti "immaginari" di insediamenti altrettanto "immaginari" (come Mr. I.C. suggerisce maliziosamente nel bizzarro titolo della sua nota), visto che si tratta di statistiche ufficiali, pubblicate ogni anno dal ministero israeliano degli Interni. Dunque, anche nell'ipotesi (peraltro controversa) che dal 1993 in poi non siano stati creati nuovi insediamenti, nessuno mette in dubbio che quelli già esistenti nel 1993 hanno continuato a crescere e a gravare sulla spesa pubblica. Vorrei anche aggiungere, a proposito del "blocco", che l'anno scorso, in luglio, il governo israeliano (stando a una notizia Associated Press del 15-07-2001) approvò la proposta di costruire nuovi insediamenti nella striscia di Gaza, mentre pochi mesi prima, in marzo, il ministero dell'Edilizia aveva approvato la realizzazione di un nuovo insediamento in Cisgiordania, denominato Giva'ot, con 6.000 abitazioni, situato a Gush Etzion, tra gli insediamenti di Alon Shvut e Betar (Haaretz, 23 marzo 2001).

Il secondo argomento col quale Mr. I.C. crede di confutare la mia frase incriminata è che "lo stesso Premier di Israele Ariel Sharon ha ribadito pochi giorni fa che Israele (in linea con quanto è stabilito nel Piano Mitchell) non costruirà nuovi insediamenti". Qui entriamo decisamente nel surreale perchè Mr. I.C. confuta una mia affermazione relativa a cose passate e presenti con una sua affermazione relativa ad un altro tema e riferita al futuro. Il suo ragionamento, per quel che ho capito, suona così: è inesatto affermare che gli insediamenti siano stati un'onere per l'economia israeliana dal momento che non se ne faranno più. E allora? Sarebbe come dire: "Non è vero che domenica scorsa Pierino abbia rubato la marmellata dal momento che a partire da domani domani farà sempre i compiti di matematica." Qual'è la coerenza logica di simili argomentazioni?

Il fatto che Sharon abbia "ribadito che Israele non costruirà nuovi insediamenti" può certo essere una notizia decisamente interessante e importante (Mr. I.C. avrebbe fatto bene, per un'informazione corretta, a specificare la data e la circostanza di questa significativa dichiarazione di Sharon), ma non è affatto pertinente al fine di dimostrare la presunta inesattezza di quanto scrivo nel mio articolo. A meno che Mr. I.C. attribuisca a Sharon il potere divino di cambiare il passato e il presente solo profferendo un'intenzione relativa al futuro.

Vorrei poi segnalare a Mr. I.C. una sua imprecisione sul cosidetto "Piano Mitchell" -- non la chiamerei inesattezza ma certamente è una piccola omissione, ma non proprio veniale: riguardo agli insediamenti, il Rapporto Mitchell chiede non solo che non se ne costruiscano di nuovi ma anche che si congeli la crescita di quelli esistenti. Dico questo non perchè la cosa sia rilevante ai fini della presente discussione ma solo per aiutare Mr. I.C. a essere più preciso e completo nello svolgere la sua difficile missione volta al trionfo dei valori dell'informazione corretta.

La mia impressione, per quel che vale, è che il commento di Mr. I.C. al mio articolo sia pura e semplice disinformazione: egli disinforma nel titolo, nel presentare il mio articolo, e nel profferire inconsistenti accuse di inesattezza con argomentazioni non pertinenti e per di più imprecise. Lo definirei dunque un piccolo "disinformatore seriale", ma poichè egli mi sembra anche un po' abborraccione e sprovveduto, la mia indole benevola e tollerante mi spingerebbe a non dar peso alle maldicenze di Mr. I.C. e a considerarne gli aspetti dilettevoli.

Francamente, essendo stata la nostra critica di nove righe, non sappiamo proprio cosa dire a Giorgio Frankel rispetto a tutte le sue opinioni e ai suoi giudizi lapidari, esesendo, come dicevamo, opinioni sue che liberalmente ospitiamo, ma che non abbiamo alcun interesse a ribattere.

Il problema è che Mr. I.C., dopo aver preso così tante topiche in così poche righe, e dopo aver deformato il senso e il contesto delle mie parole, ritiene di poter dire "Invitamo pertanto i lettori di informazionecorretta.com a scrivere al Sole 24 Ore per protestare contro le affermazioni inesatte di Frankel" (sic), incitando così ad una sorta di linciaggio professionale. A questo punto, non è più questione di maldestre maldicenze o di tollerabili intemperanze polemiche, in quanto Mr. I.C. supera una precisa e ben marcata "linea rossa" al di là della quale sono in gioco concetti chiave come "correttezza personale", "deontologia professionale" e via dicendo. Mi riservo, a tal proposito, di chiedere l'opinione dell'Ordine dei Giornalisti.

Sono certo che, senza bisogno che io Ve lo chieda, pubblicherete con sollecitudine questa mia "replica" nella sua interezza.

Lasciando a Giorgio Frankel la responsabilità della scelta delle parole usate, ci permettiamo un'osservazione: Giorgio Frankel ci scrive, non condividiamo buona parte dei suoi ragionamenti, la sua critica non riguarda quasi per niente quanto abbiamo scritto, ma pubblichiamo volentieri comunque la sua lettera. Veda un po' Frankel se scrivendo magari a sua volta al giornale sul quale abitualmente scrive di chiedere che fine fanno tutte le lettere dei lettori che non condividono quanto il Sole24 Ore scrive. E che, guarda caso, non vengono mai pubblicate. Deontologia professionale, caro Frankel?

Con cordiali saluti,

Giorgio S. Frankel

Cordiali saluti anche dal suo anonimo corrispondente.


I lettori che volessero esprimere le loro impressioni su tale argomento possono scrivere a Il Sole24 Ore. Cliccando sul link sottostante si aprirà una mail pronta per essere compilata e spedita.

letterealsole@ilsole24ore.com