Accordo Israele-Emirati-Bahrein: se qualcosa è meglio di 'tutto o niente'
L'analisi del Jerusalem Post
Testata: Il Foglio
Data: 21/09/2020
Pagina: 3
Autore: la redazione del Foglio
Titolo: Qualcosa è meglio di 'tutto o niente'
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/09/2020 a pag.III, con il titolo "Qualcosa è meglio di 'tutto o niente' ", l'analisi tratta dal Jerusalem Post.

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Finalmente una buona notizia. Anzi no, una grande notizia, una notizia di portata storica. La cerimonia di martedì sul prato della Casa Bianca, dove Israele ha firmato accordi con Emirati Arabi Uniti e Bahrein, è la realizzazione di un sogno degli israeliani vecchio di decenni: essere accettati. Forse non accettati globalmente, ma accettati da parte di alcuni attori regionali estremamente significativi. Il fatto che questa novità abbia luogo mentre le ombre del coronavirus incombono sul paese la rende ancora più gradita. Con il paese sull'orlo del lockdown proprio alla vigilia di Rosh Hashanà (il capodanno ebraico), la cerimonia di Washington ha dato a tutti noi un motivo per cui rallegrarsi, almeno brevemente. Ed è certamente il caso di rallegrarsi per gli accordi con Emirati Arabi Uniti e Bahrain. Anche coloro che non amano il primo ministro Benjamin Netanyahu né il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dovrebbero plaudire a questi accordi, perché costituiscono una grande svolta in medio oriente. Gli accordi firmati a Washington non risolvono tutti i problemi strategici d'Israele. L'Iran rimane una minaccia, Gaza una tragedia umanitaria e la questione palestinese continua a inasprirsi. Ma gli accordi dimostrano che è possibile separare la questione palestinese e pensare in modo diverso e creativo. Fino a martedì, per la pace mediorientale il mondo era incatenato a un paradigma del tipo "tutto o niente" che non ha funzionato per un quarto di secolo: o la pace completa con i palestinesi, o niente del tutto con il mondo arabo. Ma la realtà può essere molto più sfumata, e questo accordo ne prende atto. E' possibile avere qualcosa con il mondo arabo anche in assenza di una pace piena con i palestinesi, nell'auspicio che relazioni migliori con il mondo arabo possano effettivamente portare, tra gli altri vantaggi, a migliori possibilità di pace con i palestinesi. Come mai? Perché i principali stati arabi possono ora spingere i palestinesi verso una maggiore flessibilità; perché i palestinesi potrebbero finalmente rendersi conto che il tempo non lavora a loro favore; perché Israele potrebbe infine sentirsi abbastanza sicuro da correre dei rischi che prima non poteva permettersi. Una delle equazioni fallimentari dei precedenti tentativi di una pace israelo-palestinese era l'idea che non si può concordare su nulla finché non si è trovato un accordo su tutto. Questa equazione aveva bloccato il processo. Più di 40 anni dopo il trattato di pace egiziano-israeliano solo chi ha paraocchi ideologici sosterrebbe che gli Accordi di Camp David non hanno portato enormi benefici a Israele, all'Egitto e a tutta la regione, anche se non hanno risolto la questione palestinese. Lo stesso vale oggi. Solo chi è accecato dall'ideologia sosterrà che gli accordi firmati martedì non sono buoni perché risolvono solo alcuni problemi, ma non tutti".

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