L'antisemita Heidegger secondo Thomas Bernhard 04/07/2019
Autore: Diego Gabutti

L'antisemita Heidegger secondo Thomas Bernhard
A cura di Diego Gabutti

Spesso criticato nel suo paese come Nestbeschmutzer (il cui significato italiano è simile ad "esterofilo", ma più dispregiativo, letteralmente sporca-nido) per la sua visione critica dell'Austria, Bernhard ebbe grande fortuna all'estero. Thomas Bernhard è annoverato tra gli scrittori compresi nel Canone Occidentale, compilato dal critico letterario statunitense Harold Bloom, le sue opere in Italia sono pubblicate da Adelphi e Einaudi.

A questo link la pagina, a cura di Diego Gabutti, su Heidegger secondo Theodor W. Adorno: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=75131

Thomas Bernhard, Antichi Maestri, Adelphi 2019

Immagine correlataImmagine correlata
Thomas Bernhard Harold Bloom

Heidegger, sulle cui orme si sono mosse le generazioni della guerra e del dopoguerra, sommergendolo con stupide e disgustose tesi di dottorato quando ancora era in vita, Heidegger me lo vedo sempre seduto sulla panchina davanti a casa sua nella Foresta Nera accanto a sua moglie, la quale, nel suo perverso entusiasmo per il lavoro a maglia, lavora ininterrottamente per confezionargli le calze invernali con la lana che lei stessa ha tosato dalle loro pecore heideggeriane. Heidegger non riesco a vederlo altrimenti che seduto sulla panca davanti a casa sua nella Foresta Nera, e accanto a lui vedo sua moglie che lo ha completamente soggiogato per tutta la vita, e che a maglia gli lavorava tutte le calze, e all’uncinetto tutti i berretti, e gli infornava il pane, e gli tesseva le lenzuola, e gli confezionava personalmente persino i sandali. Heidegger era una mente inzuppata di kitsch, diceva Reger, esattamente come Stifter, eppure era assai più ridicolo ancora di Stifter, che era stato davvero una tragica apparizione, a differenza di Heidegger che è sempre stato soltanto comico, piccolo borghese come Stifter, altrettanto spaventosamente megalomane, un imbecille delle Prealpi, credo, giusto quello che ci vuole per il minestrone della filosofia tedesca. Heidegger se lo sono pappato tutti a grandi cucchiaiate, con una fame da lupi, per decenni, come nessun altro, rimpinzando così i loro stomaci di germanisti e di filosofi tedeschi. Heidegger aveva un volto ordinario, non un volto dal quale trapelasse l’ingegno, era un essere del tutto sprovvisto d’ingegno, assolutamente privo di fantasia, assolutamente privo di sensibilità, un ruminante della filosofia tipicamente tedesco, una vacca della filosofia gravida in permanenza, diceva Reger, che pascolava sui prati della filosofia tedesca e che per decenni ha lasciato cadere il suo lezioso sterco nella Foresta Nera.

Immagine correlata
Heidegger e Hitler in una caricatura

Heidegger era per così dire un fedifrago della filosofia, diceva Reger, uno che è riuscito a mettere nel sacco un’intera generazione di studiosi tedeschi. Heidegger è un episodio rivoltante nella storia della filosofia tedesca, diceva ieri Reger, un episodio di cui sono stati responsabili e sono tuttora responsabili tutti gli uomini di cultura tedeschi. Oggi Heidegger non è stato ancora completamente svelato, la vacca heideggeriana è dimagrita, è vero, ma il latte heideggeriano viene ancora munto. La fotografia di Heidegger coi pantaloni alla zuava infeltriti davanti alla finta casamatta a Todtnauberg, mi è del resto rimasta in mente come una foto più che rivelatrice, il filisteo del pensiero, con il berretto nero da Foresta Nera in testa, testa in cui non ribolliva comunque nient’altro che l’imbecillità tedesca, così Reger. Quando per noi arriva la vecchiaia, di mode ne abbiamo viste tante, mode micidiali, tutte quelle mode micidiali artistiche e filosofiche e di beni di consumo. Heidegger è un bell’esempio di come, di una moda filosofica che un giorno ha conquistato tutta la Germania, altro non rimane “che qualche ridicola fotografia e qualche scritto ancora più ridicolo. Heidegger era un imbonitore della filosofia, uno che portava al mercato solo merce rubata, tutta la merce di Heidegger è di seconda mano, Heidegger era ed è il prototipo del pensatore per imitazione al quale mancava tutto, ma proprio tutto, per pensare con la propria testa. Il metodo di Heidegger consisteva nel ridurre senza alcun riguardo le grandi idee altrui alle proprie piccole idee, proprio così. Heidegger ha rimpicciolito ogni cosa grande in modo tale da ridurla alla portata dei tedeschi, mi capisce, alla portata dei tedeschi, diceva Reger. Heidegger è il piccolo borghese della filosofia tedesca che ha messo in testa alla filosofia tedesca il suo nero berretto da notte kitsch, quel nero berretto da notte kitsch che Heidegger, com’è noto, portava sempre, in ogni occasione. Heidegger è il filosofo dei tedeschi in pantofole e berretto da notte, nient’altro che questo. (…) “Non è certo un caso, diceva Reger, che Heidegger, esattamente come Stifter, sia sempre stato e sia tuttora il filosofo prediletto delle donne inacidite, e infatti, come le infermiere operose e le suore operose si cibano di Stifter, essendo Stifter, per così dire, la loro pietanza preferita, così, per gli stessi motivi, esse si cibano anche di Heidegger. Ancora oggi Heidegger è il filosofo prediletto del mondo femminile tedesco. Il filosofo delle donne, questo è Heidegger, il filosofo dell’ora di pranzo, particolarmente adatto all’appetito tedesco di filosofia, servito direttamente dalla padella dei dotti. Se le capita di recarsi a un ricevimento della piccola borghesia o anche della piccola borghesia semiaristocratica, è molto probabile che Heidegger le venga servito già prima dell’antipasto, lei non ha ancora tolto il cappotto e già le viene offerta una fettina di Heidegger, non si è ancora seduto e già la padrona di casa è entrata portando Heidegger, per così dire, insieme allo sherry sul vassoio d’argento. Heidegger è un piatto forte della filosofia tedesca, e fa sempre un figurone, lo si può servire ovunque e a qualsiasi ora, diceva Reger, e in qualunque ambiente. (….) In Heidegger mi ha sempre disgustato tutto, non soltanto il berretto da notte in testa e i mutandoni invernali tessuti a mano e stesi sulla stufa che lui stesso si accendeva a Todtnauberg, non soltanto il suo bastone da passeggio della Foresta Nera tagliato in casa, ma per l’appunto la sua filosofia della Foresta Nera fatta in casa, tutto in quest’uomo tragicomico mi ha sempre disgustato, tutto mi ha sempre profondamente ripugnato al solo pensiero; mi è bastato conoscere una riga di Heidegger per esserne disgustato, ma soltanto quando l’ho letto ho capito, diceva Reger; ho sempre avuto la sensazione che Heidegger fosse un ciarlatano, il quale per tutta la vita non ha fatto altro che sfruttare tutto quanto gli stava intorno, e sfruttando a destra e a manca si abbronzava sulla sua panchina di Todtnauberg. (…) Ho visto una serie di fotografie che una fotografa di eccezionale talento ha fatto a Heidegger con “quella sua aria da pingue ufficiale di stato maggiore in pensione che ha sempre avuto, diceva Reger, e un giorno gliele mostrerò; in quelle fotografie Heidegger scende dal letto, si rimette a letto, Heidegger dorme, si risveglia, indossa i mutandoni, infila i pedalini, beve un sorso di mosto, esce dalla casamatta e contempla l’orizzonte, intaglia il bastone, si mette il berretto, si toglie il berretto dalla testa, tiene il berretto in mano, divarica le gambe, alza la testa, china la testa, mette la mano destra nella sinistra di sua moglie, sua moglie mette la mano sinistra nella sua destra, cammina davanti a casa, cammina dietro la casa, si dirige verso casa, si allontana da casa, legge, mangia, prende qualche cucchiaiata di minestra, si taglia una fetta di pane (fatto in casa), apre un libro (scritto in casa), chiude un libro (scritto in casa), si china, si stiracchia, e così via, diceva Reger. Roba da vomitare. Se già i wagneriani sono insopportabili, figurarsi gli heideggeriani, diceva Reger.

Immagine correlata
Diego Gabutti
Già collaboratore del Giornale (di Indro Montanelli), diSette (Corriere della Sera), e di numerose testate giornalistiche, corsivista e commentatore di Italia Oggi, direttore responsabile della rivista n+1 e, tra i suoi libri: Un’avventura di Amadeo Bordiga (Longanesi,1982), C’era una volta in America, un saggio-intervista-romanzo sul cinema di Sergio Leone (Rizzoli, 1984, e Milieu, 2015); Millennium. Da Erik il Rosso al cyberspazio. Avventure filosofiche e letterarie degli ultimi dieci secoli (Rubbettino, 2003). Cospiratori e poeti, dalla Comune di Parigi al Maggio'68" (2018 Neri Pozza ed.)