Le eccezioni nella diplomazia italiana e la Shoah: una mostra a Roma
Commento di Maurizio Caprara
Testata: Corriere della Sera
Data: 19/04/2019
Pagina: 25
Autore: Maurizio Caprara
Titolo: Il console Venturini che salvò gli ebrei. Una lezione per la diplomazia
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/04/2019, a pag.25, con il titolo "Il console Venturini che salvò gli ebrei. Una lezione per la diplomazia" il commento di Maurizio Caprara.

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Maurizio Caprara

In tempi nei quali nazionalismi rialzano la testa, e assetti geopolitici dati per scontati sembrano meno saldi di prima, è decisione avveduta portare diplomatici di nuova generazione a una mostra su come si comportarono i loro predecessori durante le deportazioni per la Shoah e l’applicazione delle leggi razziali. Fino a dicembre in via del Portico di Ottavia 29 a Roma resterà aperta Solo il dovere, oltre il dovere. La diplomazia italiana di fronte alla persecuzione degli ebrei — 1938-1943 e ieri 32 giovani assunti alla Farnesina l’anno scorso sono stati accompagnati a vederla dal segretario generale del ministero degli Esteri Elisabetta Belloni. In teche e pannelli nel Museo della Shoah sono raccolti dispacci di ambasciate e consolati d’Italia affiancati da immagini su angherie e vessazioni. Risaltano le prove di due tipi di comportamenti tra quelli di quanti rappresentavano il nostro Paese fuori dai confini: zelo verso le discriminazioni di italiani di religione ebraica, tentativi di salvare i destinati alla cattura. «Questa mostra ci impone di riflettere su qual è il limite tra l’obbedienza e la coscienza: la coscienza di dover scegliere quando si è consapevoli che la scelta può fare la differenza», ha detto Elisabetta Belloni, promotrice della visita al museo d’intesa con il ministro Enzo Moavero Milanesi.

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Con la guida di Marcello Pezzetti, uno dei massimi esperti italiani del genocidio costato la vita a quasi sei milioni di ebrei, i nuovi diplomatici hanno potuto esaminare pieghe dei diversi comportamenti. Ad assisterli anche una studiosa tedesca, Sara Berger, e Sami Modiano, sopravvissuto ad Auschwitz. Da Skopje, nel 1943, il console Roberto Venturini, al quale si deve la salvezza di un centinaio di ebrei, descriveva alla sede di Sofia che ai «9 mila deportandi» su ordine tedesco venivano inflitte da forze bulgare «sofferenze davvero non necessarie». «Le guardie adoperano sotto ogni pretesto con sadica energia le fruste», riferiva. «Venturini è tra i due, tre che ci hanno commosso», ha detto Pezzetti raccontando le ricerche in un fondo degli Esteri non inventariato. Salvarono ebrei anche Guelfo Zamboni, Giuseppe Castruccio, Gustavo Orlandini. Il regime fascista era più che al corrente delle mostruosità. Non solo Benito Mussolini. Da Berlino l’ambasciatore Dino Alfieri nel 1943 scriveva al ministro Galeazzo Ciano di «ebrei russi buttati vivi nelle fiamme», di bimbi uccisi con mitragliatrice e di «un ufficiale delle Ss che ha confidato di aver lanciato contro un muro, sfracellandoli, bambini di sei mesi, per dare l’esempio ai suoi uomini, stanchi e scossi da una esecuzione particolarmente raccapricciante per il numero dei giustiziati». Era una corrispondenza dal Paese alleato dell’Italia.

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