L’antisemitismo norvegese si rivela per quello che è 24/06/2011
Autore: Manfred Gerstenfeld

L’antisemitismo norvegese si rivela per quello che è
di Manfred Gerstenfeld
da Yediot Aharonot
(traduzione di Angelo Pezzana)


Manfred Gerstenfeld

 All’inizio del mese, un rapporto del Comune di Oslo ha scoperto che il 33% degli studenti ebrei della città aveva subito attacchi e violenze da parte di studenti delle scuole superiori almeno due o tre volte al mese. Il gruppo al secondo posto per aggressioni subite erano i buddisti, con il 10%, genericamente ‘altri’ il 7%, mentre i musulmani erano il 5.3%. Oltre a questi dati, il rapporto ha rivelato che il 51% degli studenti delle superiori ritiene negativa la parola ‘ebreo’, e il 60% l’ha sentita usare in questa accezione.

La pubblicazione di questi dati molto negativi è uscita in un momento delicato per le autorità norvegesi. Pochi giorni dopo, era arrivato a Oslo un gruppo di studenti ebrei americani, appartenenti alla Lega contro la Diffamazione, al Benè Berit internazionale e al Centro Simon Wiesenthal, accompagnati dal prof. Marshall Breger, già consigliere per gli affari ebraici del Presidente Ronald Reagan. Il gruppo era stato invitato, con il contributo finanziario del governo norvegese, dalla Comunità ebraica di Oslo per partecipare a un seminario di due giorni sull’antisemitismo. Era anche previsto un incontro con il Ministro degli Esteri Jonas Gahr Stoere e con il Ministro dell’Educazione Kristin Halvorsen. Non vennero invitati coloro che ritenevano che l’antisemitismo fosse in forte crescita in Norvegia. Alcuni di loro si incontrarono però ugualmente in altri luoghi con gli studenti americani.

 Lo scopo del seminario era quello di migliorare all’estero l’immagine della Norvegia, verso Israele e gli ebrei. Anche perché su alcuni giornali stranieri erano usciti articoli che ne mettevano in luce gli aspetti negativi. Poco prima di questa visita, un intervento di un esponente cella comunità ebraica, Martin Bood, sul quotidiano Aftenposten, divenne argomento di discussione. L’articolo sosteneva quanto fosse troppo ottimistica la promozione della Norvegia come “ un buon posto per gli ebrei” fatta propria dalla comunità ebraica, e come anti-israelismo e anti-semitismo in Norvegia fossero ormai una cosa sola. Bood era anche intervenuto a una riunione della Lega contro la Diffamazione
nel 2002, sull’antisemitismo norvegese, e in particolare sugli attacchi contro gli studenti ebrei nelle scuole.

Il seminario con gli invitati americani segnò un punto di rottura con le precedenti politiche norvegesi. La difesa abituale contro le critiche straniere era costituita da cinque elementi, primo fra tutti il fatto che l’informazione fino a un paio di anni fa era fatta in lingua norvegese, il che rappresentava un grande ostacolo. Secondo, i media norvegesi riprendono raramente le critiche straniere al loro paese.

Un caso esemplare di questo silenzio fu la lettera scritta nel 2010 dall’allora senatore americano Sam Brownback a Wegger Strommen, ambasciatore norvegese a Washington. In quella lettera il senatore protestava contro l’antisemitismo e l’anti-israelismo in Norvegia. Venne poi una lettera dal Centro Simon Wiesenthal che ricordava le iniziative estremamente negative del Primo Ministro Jens Stoltenberg e dei Ministri Stoere e Halvorsen. Vi era menzionata anche la vice-Ministro dell’Ambiente Fiskaa, che aveva dichiarato che prima di entrare in Parlamento si era augurata che fossero le stesse Nazioni Unite a lanciare missili contro Israele. La classe dirigente norvegese reagì come se le lettere dei senatori americani che criticavano la Norvegia rivestissero poco o nessun interesse. Soltanto due piccoli giornali norvegesi ripresero la notizia.

 Quando a Stoere fu chiesto della lettera di Brownback, fece finta di niente, come se un senatore americano fosse un americano qualunque. Un terzo modo di difendersi è mentire su avvenimenti fastidiosi. Ecco un esempio: Nel gennaio 2009. Trine Lilleng, una giovane diplomatica nella ambasciata norvegese in Arabia Saudita, inviò, tramite l’ambasciata, delle e-mail contenenti immagini dell’operazione Cast Lead a Gaza, accostandole ad altre sulla Shoah. Il mese successivo, Lilleng disse al quotidiano israeliano Maariv che era stata richiamata in patria. Alcuni mesi dopo, un giornalista di Haartez telefonò all’ambasciata norvegese di Riad chiedendo di parlare con lei. Il centralinista rispose che il Console Lilleng era via, e di richiamare mezz’ora dopo. Poteva essere anche stato promosso, ma Haaretz cercò il Ministero degli Esteri norvegese, dove gli venne confermato che effettivamente Stoere aveva confermato che Lilleng non era più a Riad, ma il capo ufficio stampa che accompagnava il Ministro lo corresse su questo punto. Ma nessuna correzione venne trovata sul nastro della registrazione fatta della telefonata con Maariv.

Il quarto elemento di difesa consiste nella demonizzazione dei critici stranieri. Dalla mia personale esperienza, potrei riempire un intero editoriale con esempi, senza ricorrere al mio archivio di e-mail ricevute da odiatori. Ma se nessuno di questi quattro dovesse funzionare , il quinto e ultimo elemento spiega bene la situazione. Dirigenti delle Comunità ebraiche norvegesi reagiscono pubblicamente contro chi critica, minimizzando l’antisemitismo più che evidente.

In retrospettiva, mi sembra che il caso più illuminante per presentare la Norvegia all’estero, sia la visita del marzo scorso del prof. Alan Dershowitz. Tre università si sono rifiutate di ospitare una sua conferenza su Israele e la legislazione internazionale. Dershowitz paragonò la sua esperienza norvegese con quella in Sud Africa sotto il regime di Apartheid in un articolo scritto per il Wall Street Journal. La demonizzazione di Dershowitz, che probabilmente è più conosciuto della Norvegia negli Stati Uniti, può non essere stata di molto aiuto, come anche una risposta in difesa della Norvegia da parte dell’ex Rabbino Capo israeliano ed ex Ministro Michael Melchior, ebbe scarso rilievo.

I fatti esposti nei recenti studi sull’antisemitismo nelle scuole di Oslo creano imbarazzo in Norvegia, perché provengono da rapporti ufficiali. Stoere disse ai delegati americani che l’antisemitismo è ovunque, che è un cancro che va combattuto. Aggiunse che la Norvegia non è un caso particolare. Il rapporto della municipalità di Oslo dimostra il contrario. Stoere e Halvorsen ricorrono spesso ai metodi discriminatori verso Israele, come gli abituali antisemiti fanno con gli ebrei.
Mentre la Norvegia si prepara alle vacanze estive, il suoi leader sperano, invano, che nel frattempo all’estero dimentichino tutto.

 Manfred Gerstenfeld è Presidente del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affairs. Collabora con Informazione Corretta