Come Israele dovrebbe reagire alle provocazioni 15/06/2011
Autore: Manfred Gerstenfeld

Come Israele dovrebbe reagire alle provocazioni
di Manfred Gerstenfeld
(traduzione di Angelo Pezzana) 


Manfred Gerstenfeld

Una massiccia manifestazione di sostenitori pro-palestinesi nell’aeroporto Ben Gurion,  è la più recente provocazione ad essere stata annunciata. Un altro gesto platealmente non violento messo in atto da nemici per i quali le autorità israeliane dovranno trovare una risposta adeguata. 

Israele cerca di combattere questi attacchi “non violenti” – che mirano alla sua delegittimazione – nel modo migliore possibile. L’iniziativa di queste provocazioni parte sempre dai suoi nemici. L’approccio teorico è semplice. Le iniziative non violente contro Israele che non hanno successo vengono abbandonate. Quelle che danno qualche risultato sono ripetute. Alcuni manifestanti attraversano il confine israeliano nel giorno della Naqba. Alcuni fra loro vengono uccisi, e questo provoca condanne a Israele da parte dei politici occidentali. Il risultato di questa particolare iniziativa, considerato soddisfacente dai nemici di Israele, venne ripetuto nel giorno della Naqsa. 

Nel maggio 2010, Israele impedì a una nave di sostenitori terroristi, travestiti da difensori di diritti umanitari, di raggiungere Gaza. L’uccisione durante una lotta non prevista di nove attivisti, sette dei quali avevano manifestato la loro volontà di diventare martiri, aveva attirato su Israele una pessima pubblicità. Grazie a questa generale condanna, una nuova flotilla, con molte più navi, è stata annunciata per le prossime settimane. Alcuni osservatori ritengono che Israele, in qualunque modo reagisca, sarà condannata dalla pubblica opinione. Un progetto ideale per ogni provocatore. 

Tutto questo fa parte fa parte di una più diffusa guerra non violenta di logoramento contro Israele.Una guerra asimmetrica che Israele non può vincere se non cambia atteggiamento. In base a molte considerazioni. La prima è che l’iniziativa rimane sempre nelle mani dei suoi nemici; un’altra è l’interpretazione delle leggi internazionali che spesso è dalla parte dei terroristi   e dei provocatori contro le democrazie. In aggiunta a ciò, il diritto non regolamentato alla libertà di parola, che includendo diffamazione e menzogne, aiuta i nemici di Israele. In più, i rischi fisici che si riferiscono ai provocatori anti israeliani sono abbastanza bassi. Se si applicassero gli stessi metodi degli stati musulmani, ne morirebbero molti di più, come si desume in quella che i duri chiamano “primavera araba”. 

C’è anche una componente israeliana, che spiega perché questa guerra oggi non è vincente. I governi israeliani hanno capito molto poco su come funziona in questo paese la guerra non-violenta nelle società post moderne. Affrontare questi attacchi solo per come si presentano produce risultati per  niente soddisfacenti. La mancanza di una profonda comprensione di questa ‘guerra leggera’ da parte dei nostri governi contrasta fortemente con l’approccio effettivo di un atto fisico di guerra. Le nostre Forze di Difesa sono state estremamente innovative  nella lotta violenta agli attacchi contro il nostro paese. Le sue tecniche e le sue tattiche sono analizzate in tutto il mondo e vengono copiate da altre forze di difesa. 

La Conferenza di Durban 2001 

Dopo la Conferenza Mondiale contro il Razzismo a Durban nel 2001, le politiche di delegittimazione sistematica di Israele furono formulate in un programma specifico. Vi era inclusa la creazione di una solidarietà internazionale contro Israele quale “ bastione dell’Apartheid”, l’uso di meccanismi legali internazionali, la diffamazione della legge del ritorno sostituita con il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, l’instaurazione del boicottaggio arabo e l’imposizione di un più vasto boicottaggio internazionale delle attività israeliane. Lo scopo dei nostri nemici è portare ad una rottura delle relazioni diplomatiche con Israele, con la condanna di chi invece tali relazioni continua a mantenere. 

Oggi questo approccio può sembrare rudimentale. Si è però ramificato in molte direzioni, per esempio con la distorsione dell’uso  del linguaggio, la falsificazione della storia, l’interpretazione falsificata dell’archeologia, e, più recentemente, con le provocazioni sopra ricordate. 

Teoricamente, oggi ciascuno di questi metodi può essere usato contro ogni democrazia. I danesi l’hanno sperimentato dopo che un quotidiano ha pubblicato nel 2005 le vignette su Maometto. E’ Israele, comunque, il maggiore obiettivo di queste aggressioni “non violente”. Questo ci impone un grande e problematico dovere di ricercare continuamente forme creative per respingere questi attacchi. La maggior parte di ciò che è stato fatto consiste nell’approfondire campi specifici. Che viene affidato a corpi speciali privati, tra questi alcune organizzazioni ebraiche fra le più importanti. Camera, Honest Reporting,The Jerusalem Center for Public Affairs, Palestinian Media Watch, Scholars for Peace in the Middle East a NGO Monitor sono alcune fra le tante. Anche se lavorassero in modo integrato, si dovrebbe considerare il sistema di difesa israeliano contro questa Guerra non violenta come il formaggio svizzero, che, in molte delle sue parti, ha più buchi che formaggio. 

La guerra non violenta è di natura differente da quella fisica, ma l’obiettivo di distruggere Israele è identico. Dato che è una guerra, questa non può essere combattuta con la burocrazia ministeriale, anche se alleata con organizzazioni private. In una guerra di questo tipo, una agenzia di intelligence deve svolgere un ruolo molto più centrale. Deve raccogliere informazioni approfondite su chi sono i nemici non violenti di Israele, analizzare i loro metodi e quali possono essere le loro prossime iniziative, così come produrre idee creative per scoprire chi sono e attaccarli. Come in ogni altro campo, si richiedono conoscenza e abilità per realizzare gli obiettivi. 

Questo compito sarebbe dovuto iniziare almeno dall’inizio degli anni ’80, dopo che la guerra del Libano aveva accelerato la delegittimazione di Israele. Nessuno dei successivi governi di Israele ha combattuto in maniera adeguata questa guerra non violenta, e non ne ha capito i dettagli essenziali. Questo ci impone di affrontarli oggi, in un modo ancora più sistematico e urgente. 

Manfred Gerstenfeld è Presidente del Consiglio di Amministrazione del Jerusalem Center for Public Affaire. Collabora con Informazione Corretta