L'Iran affila le armi 27/08/2010
Autore: Mordechai Kedar

L'Iran affila le armi,
di Mordechai Kedar
(traduzione e adattamento di Antonella Donzelli e Avi Kretzo)

Già in passato ho parlato della crescente tensione contro il reattore iraniano nella località di Bushehr e della sua trasformazione in reattore "caldo". Se questo venisse colpito causerebbe danni ambientali gravissimi, come quelli verificatisi a Chernobyl, in Ucraina, dove il reattore per la produzione di energia elettrica ha sprigionato una nube radioattiva su una vasta area.

In questi ultimi giorni si sono fatte più insistenti le voci che esortano il mondo libero ad attaccare tutti gli impianti nucleari iraniani, perché “siamo appena in tempo per arrestare la corsa frenetica dell’Iran verso la bomba atomica”. In risposta a queste voci l’Iran ha presentato questa settimana il "Karrar", un drone, nuovo velivolo senza pilota, teleguidato, che - secondo i portavoce iraniani – ha una lunga gittata e un’altissima velocità, dotato di missili ad alta precisione, in grado di colpire qualsiasi bersaglio.

La rivelazione dell’esistenza del "Karrar", di produzione iraniana, mira a scoraggiare potenziali aggressori, in primo luogo l’Arabia Saudita, ma anche gli Stati del Golfo e tutti quelli che possiedono portaerei nella zona. Questo affinché non osino neppure pensare di collaborare con Israele e consentire ai bombardieri con la Stella di Davide di attraversare il loro territorio con destinazione Iran.
Il nuovo drone potrebbe avere come obiettivi impianti di raffinazione, oleodotti di pompaggio, campi militari, navi e istituzioni di governo.


LA FORZA DEL REATTORE IRANIANO

Il reattore nucleare iraniano di Bushehr entrato in funzione sabato scorso senza alcun dubbio serve per produrre energia elettrica. Tuttavia, i Russi hanno assunto l’impegno di intraprenderne la supervisione, insieme con gli organismi internazionali, per assicurarsi che gli Iraniani non facciano uso militare del combustibile nucleare. Il collegamento del reattore alla rete elettrica fra qualche mese migliorerà il settore energetico iraniano e ridurrà l’impatto delle sanzioni sulle importazioni di distillati di carburante, anche se non in modo significativo. Pertanto, il reattore di per sé non costituisce un problema.

Il problema si concentra invece su altre due questioni: una è la formazione di scienziati iraniani per fini che possono servire al programma nucleare militare, perché l’esperienza e la competenza raggiunte dagli Iraniani riguardo il reattore per la produzione elettrica potrebbe essere applicata a scopi bellici. Su quest’eventualità né i Russi né il mondo intero possono avere il controllo, perché gli Iraniani probabilmente non hanno bisogno di un supporto esterno, visto che le conoscenze accumulate grazie ad altri Paesi come la Corea del Nord e il Pakistan sono sufficienti a condurli verso la bomba atomica.

L’altra questione consiste nell’incoraggiamento morale che il funzionamento del reattore ha dato agli ayatollah. Secondo il loro punto di vista, il mondo cristiano-occidentale è diviso a tal punto che la Russia – pur essendone parte integrante - li ha aiutati a raggiungere uno scopo che è stato ostacolato vigorosamente per molti anni dagli Stati Uniti, leader di quel mondo stesso. Gli Iraniani, nella loro scaltrezza, astuzia e determinazione, sono riusciti a creare controversie tra Stati Uniti, Russia, Europa e Cina, in modo tale che oggi essi avvertono che niente e nessuno potrà fermarli nella creazione della bomba nucleare.

L’assetto internazionale è stato disegnato a seguito della Seconda guerra mondiale, al fine di evitare che uno stato possa imporsi con la forza al resto del mondo. Sabato scorso l’Iran ha dimostrato di poter dettare la propria volontà al mondo e il reattore nucleare di Bushehr dà agli ayatollah l’impressione che non esiste alcun potere in grado di opporsi alle loro intenzioni.

Credo che lo slogan pronunciato oggi con largo sorriso nei corridoi del governo iraniano suoni in inglese così: “Yes, we can!”, sfottendo il suo creatore, il Presidente americano Obama.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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