Iran nucleare, una minaccia per Israele e l'Occidente 15/02/2010
Autore: Mordechai Kedar

" Iran nucleare, una minaccia per Israele e l'Occidente", di Mordechai Kedar
traduzione e adattamento di Antonella Donzelli e Avi Kretzo


Ali Khamenei e Ahmadinejad

Questa settimana, all’interno dello scenario della crisi iraniana, inaspritasi in concomitanza con i festeggiamenti per il trentunesimo anniversario della Rivoluzione Islamica, occorre focalizzare l’attenzione su due dichiarazioni importanti quanto pericolose. La prima viene dalla guida suprema iraniana Ali Khamenei, che dà per certa la distruzione d’Israele. La seconda esce dalla bocca del presidente Ahmedinajad, che darà l’ordine all’agenzia nucleare di arricchire l’uranio al 20% se l’occidente continuerà a “giocare” con l’Iran (in realtà in questi ultimi giorni il rappresentante iraniano nell’agenzia internazionale per l’energia atomica ha annunciato che il suo paese è in grado di arricchire l’uranio fino al 90%, cioè oltre il livello richiesto per produrre la bomba atomica, n.d.t.). Queste due dichiarazioni convergono verso un unico traguardo: l’eliminazione d’Israele.

Esistono idee diverse e contradditore su quale sia il reale motivo per cui l’Iran vuole avere armi nucleari. Una di queste sostiene che il solo fatto di possederle darà all’Iran lo status di potenza regionale, influente anche in campo internazionale.
La seconda posizione sottolinea l’importanza strategica del petrolio: da qui il desiderio dell’Iran d’impadronirsi del Golfo Persico per poter giocare con il prezzo del petrolio a piacimento degli Ayatollah e dominare così l’economia mondiale.
La terza idea è imperniata sulla politica interna perché quando l’Iran avrà le armi nucleari, nessun paese al mondo oserà interferire negli affari interni né influenzare minoranze etniche come i Curdi, i Beluci e gli Arabi che minacciano di alzare la testa e il braccio contro il regime degli Ayatollah.
Il comune denominatore di queste tre teorie, tuttavia, è che l’Iran non ha realmente intenzione di fare un uso bellico delle armi nucleari ma il loro possesso ha un altro scopo, ancora tutto da scoprire.
In effetti fino ad oggi sono pochi a credere che l’Iran intenda usare le armi nucleari e molti pensano che gli iraniani giochino con i nervi dell’occidente per ottenere denaro e vantaggi economici in cambio della cessazione dell’arricchimento dell’uranio. Questo è il motivo per cui il mondo ha permesso che l’Iran continuasse nel suo programma nucleare e non ha intrapreso azioni di forza nei suoi confronti, come invece ha fatto l’occidente con Saddam Hussein nel 2003. La comunità internazionale vuole evitare una guerra contro l’Iran, sperando che nel frattempo questo cessi, per un motivo o per l’altro, di arricchire l’uranio.
Così, nonostante Israele da almeno 15 anni parli apertamente della minaccia iraniana, il mondo ha dato e continua a dare alla diplomazia la possibilità di fare quello che tutti noi sappiamo che invece non è in grado di fare: fermare il progetto nucleare iraniano.

Le recenti dichiarazione di Khamenei e Ahmedinajad hanno ridotto il numero di quelli che pensavano che l’Iran a un certo punto potrebbe interrompere i suoi progetti nucleari. Anche i politici e i capi di stato hanno compreso che per anni il regime iraniano li ha presi per il naso con sterili trattative, inutili incontri e colloqui inconcludenti, il cui unico scopo era quello di guadagnare il tempo necessario per superare i problemi tecnici insorti lungo il cammino verso la bomba nucleare.

Il mondo inizia a capire che soltanto un passo deciso può portare dei risultati. Le sole sanzioni basteranno a fermare l’Iran nella corsa all’atomica? Tanti ne dubitano, ma sono propensi ad intraprendere la via delle sanzioni soltanto perché non esiste una coalizione disposta a combattere gli iraniani, poiché questi sono in grado di creare grossi danni all’industria petrolifera nella zona del Golfo, bloccando lo stretto di Ormuz e risvegliando le cellule terroristiche dormienti disseminate in ogni parte del mondo, in attesa dell’ordine di sabotare infrastrutture locali.

Oltre a ciò, tutti sanno che trattare con l’Iran quando avrà le armi nucleari sarà più difficile e complicato. Ci sono chiari segnali che la tensione nell’aria sta salendo: gli Stati Uniti hanno posizionato nei principati del Golfo Persico batterie missilistiche contro missili e aerei per difendere l’industria petrolifera nel caso in cui l’Iran cercherà di colpirla. Navi della marina israeliana si sono spostate dal Mediterraneo al Mar Rosso per essere più vicine all’area del Golfo. Questa mossa è importante perché l’Egitto, dinnanzi all’aggravarsi della situazione internazionale, per non aprire un fronte interno contro il movimento islamico dei Fratelli Mussulmani potrebbe decidere di chiudere il Canale di Suez alle forze occidentali dirette verso il Golfo. Anche altri paesi avvicinano a quest’area reparti militari ed equipaggiamenti ma soprattutto strumentazione d’intelligence, la cui presenza, tuttavia, non viene ancora interpretata come una minaccia.

Difficile prevedere come evolverà la situazione. Quando la tensione è alta, in ogni momento può scoccare la scintilla che provoca l’incendio: l’esplosione di un aereo iraniano, la repressione sanguinosa di manifestanti in strada e persino una parola di troppo pronunciata da un leader.  

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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