Guerra giudiziaria contro Israele 19/12/2009
Autore: Mordechai Kedar
Mordechai Kedar: Guerra giudiziaria contro Israele
traduzione e adattamento di Antonella Donzelli e Avi Kretzo)


Mordechai Kedar

 Negli ultimi anni, soprattutto dopo la seconda Intifada del 2000, ha preso il via una preoccupante iniziativa: i tribunali europei sono diventati il nuovo campo di battaglia dove si consuma la guerra contro Israele. Il primo segnale di questa tendenza è stato la denuncia al Tribunale Internazionale dell’Aja da parte di alcuni esponenti filopalestinesi contro l’ex Primo Ministro israeliano Ariel Sharon.
L’accusa contro di lui era la sua presunta responsabilità personale nel massacro del 1982 eseguito dalle milizie cristiane libanesi nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila come vendetta per l’uccisione dell’allora Presidente cristiano Bashir Gemayel.
La presenza israeliana prima nella striscia di Gaza, poi in Giudea e Samaria, ha offerto a vari stati e organizzazioni il pretesto per intervenire nell’attività di delegittimazione d’Israele, a prescindere dal problema dei confini nazionali. I rapporti stilati da queste organizzazioni influenzano l’opinione pubblica mondiale a sfavore dello Stato ebraico e fanno pressione sui politici affinché questi prendano posizione contro il suo Governo, con lo scopo di portarlo sul banco degli imputati. In questo modo sperano di arrivare alla condanna d’Israele per crimini di guerra, di confinarla all’isolamento e al boicottaggio così da porre fine per sempre al sogno sionista, puntualmente paragonato al regime dell’apartheid in Sudafrica.
Non a caso il termine “apartheid” è spesso associato al nome d’Israele dai mass media mondiali. Fino ad oggi l’attività contro Israele è concentrata in cinque stati: Belgio, Spagna, Gran Bretagna, Olanda e Norvegia, dove la legge consente a chiunque di richiedere al tribunale locale un mandato d’arresto contro qualsiasi persona si trovi sul loro suolo, anche di passaggio, e sia sospettata di crimini contro l’umanità.
Palestinesi, organizzazioni filopalestinesi e antiisraeliane denunciano lo Stato ebraico basandosi su accuse in buona parte infondate, ma che Israele ha difficoltà a smentire, soprattutto a distanza d’anni.
Con la deposizione della denuncia tutti i dettagli vengono divulgati dai mass media e la loro diffusione esercita una forte influenza sui giudici che finiscono per considerarle fondate, soprattutto se ben orchestrate dagli accusatori e avallate da testimoni.
Fino ad ora le organizzazioni antiisraeliane hanno sporto centinaia di denunce contro lo Stato ebraico, contro i suoi uomini politici e i suoi cittadini ritenuti coinvolti nel ferimento o nell’uccisione di Palestinesi. Poche settimane fa è iniziata una nuova ondata di denunce in seguito alla pubblicazione del rapporto Goldstone.
Uomini e organizzazioni lo citano come fosse la Bibbia e su basano esso denunce civili e penali contro Ehud Olmert, Primo Ministro durante l’operazione Piombo Fuso, contro l’allora Ministro della Sicurezza Amir Perez, il Ministro degli Esteri Tzipi Livni, il capo dello Stato Maggiore Dan Haluz e contro tanti altri ufficiali dell’esercito durante queste operazioni.
La denuncia contro Livni si basa su una legge varata per portare in giudizio in Europa criminali di guerra di paesi come l’ex Jugoslavia o il Ruanda, dove il sistema giudiziario non funziona e non c’è la possibilità di punire chi si è macchiato di crimini contro l’umanità. In Israele, al contrario, l’apparato giudiziario è indipendente, libero da pressioni politiche e integro, e consente di giudicare eventuali crimini contro l’umanità.
Quindi lo stato ebraico deve porre fine a questa persecuzione giudiziaria sul territorio europeo, come ha già fatto con la Spagna, uno dei cinque Paesi attivi in questo senso.
È interessante osservare che da una parte il Governo britannico collabora con Israele nella lotta contro il terrorismo, male di cui entrambi i Paesi soffrono, mentre dall’altra parte l’apparato giudiziario inglese perseguita gli Israeliani quando fanno esattamente ciò che avrebbero fatto gli Inglesi, se si fossero trovati in situazione analoga. In effetti, la giustizia del Regno Unito non agisce con la stessa determinazione nei confronti del proprio esercito per azioni commesse in Iraq e in Afghanistan, molto più gravi di quelle attribuite a Tsahal durante l’operazione Piombo Fuso.
L’ipocrisia europea è ancor più evidente se si considera che quest’attività giudiziaria contro i “crimini di guerra” colpisce quasi esclusivamente gli Israeliani, e non tocca Hamas, che ha assassinato barbaramente i suoi oppositori politici e trasformato gli abitanti di Gaza in scudi umani (come hanno fatto gli Hezbollah con i cittadini libanesi), né punisce tanti dittatori arabi il cui trono poggia su fosse comuni, né tanti altri crimini efferati che godono della totale indifferenza da parte del resto del mondo.
Di quest’ipocrisia e doppiezza si nutrono e ingrassano i mass media antiisraeliani e antiebraici, che sventolano la bandiera della libertà di stampa e il diritto di cronaca, spesso trasformato in diritto di calunnia e diffamazione. E come diceva già Napoleone: “Quattro giornali ostili sono da temere più di mille baionette”.

Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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