Se si sparano tra di loro è una tragedia, se sparano a Israele va molto meglio
Hamas e Fatah secondo Adonis
Testata: La Repubblica
Data: 09/11/2007
Pagina: 23
Autore: Adonis
Titolo: SE HAMAS E AL FATAH LEGGESSERO SHAKESPEARE

La REPUBBLICA del 9 novembre 2007 pubblica un articolo del poeta siriano Adonis sul conflitto tra Hamas e Fatah.
Nell'analisi di Adonis non vi  è posto per fatti come il terrorismo o la volontà di distruggere Israele, il conflitto tra le due fazioni palestinesi riguarda soltanto l'alternativa tra "panarabismo" e "islamismo".
Adonis indica nella "fondazione di una società civile palestinese" il compito di Al Fatah nel confronto con Al Fatah.
Non dà indicazioni più precise. Avesse indicato le precondizioni per l'esistenza di una società civile (libertà di associazione, di opinione,  di stampa , monopolio della forza, assenza della violenza nello scontro politico) questa parte del suo ragionamento avrebbe avuto un certo interesse.

Ma Adonis, su questo punto, non scende nei dettagli. Lo fa invece nelle prime righe dell'articolo, quando ripete gli stereotipi correnti della propaganda antisraeliana ( " i territori occupati si tramutano in gabbia, o in una prigione a cielo aperto") o lamenta "dinanzi a un unico nemico un solo esercito arabo si spacchi in due eserciti rivali", una chiara esortazione a che le organizzazioni terorristiche palestinesi facciano fronte comune contro Israele.

E nell'odio comune verso il nemico sionista che panarabismo e islamismo possono trovare un accordo, sostiene Adonis. Potrebbe essere vero, considerando che l'odio per Israele è o almeno è stato il loro comune denominatore ideologico
Ma in realtà nella guerra eterna contro Israele le società arabe non troveranno mai la soluzione ai loro problemi, e nemmeno una reale e stabile unità


Ecco il testo:

Mentre s´approfondisce la violazione della dignità del popolo palestinese e dei suoi diritti, compiuta dalla politica israeliana col sostegno degli Stati Uniti, e i territori occupati si tramutano in gabbia, o in una prigione a cielo aperto. Mentre indietreggiano i progetti oggettivi e umani, e avanzano altri progetti e formazioni che brandendo il vessillo delle "verità o imperativi divini" sposano l´estremismo e la violenza spinti ai massimi livelli. Mentre vediamo svaporare fra i palestinesi persino il senso di un nome, dell´appartenenza d´un popolo, che ha già perso terra e personalità giuridica.

Mentre tutto ciò accade, la questione palestinese non soltanto assume l´immagine di una tragedia a cielo aperto, in cui vengono annientati una patria e un popolo, ma anche un´immagine che fa poco onore ai principi e ai valori per i quali quel popolo combatte, e poco importa se quei principi s´ispirino al panarabismo o all´Islam, oppure a entrambi. Da quest´immagine balza agli occhi una assurdità storica tale che per esprimerla servirebbe uno Shakespeare palestinese.

Malgrado l´assurdità dello scenario, non mi sorprende affatto che i palestinesi abbiano due governi contrapposti e che dinanzi a un unico nemico un solo esercito arabo si spacchi in due eserciti rivali. Né mi stupirà il fatto che la realtà palestinese si riveli un´anteprima, e in questo senso prefiguri la probabile immagine di tutti i paesi arabi. Quasi che l´immagine dei "feudi" sia alla radice della storia araba e del suo corso, e ne determini il destino se non s´invertirà radicalmente la prospettiva della storia, della sua connotazione religiosa, soprattutto se non si getteranno le basi per edificare una nuova società e scrivere un´altra storia.
Se vogliamo davvero cogliere l´essenza di quel che va accadendo, e la traiettoria futura, non dobbiamo fermarci a quel che affiora in superficie: eventi, interpretazioni, analisi, notizie, pubblicità, slogan, propaganda, canti e lodi per i leader. Dobbiamo andare oltre gli eventi: trascurare il fuso propagandistico che tesse soltanto vesti mimetiche, abiti che appena indossati invecchiano consunti.
E´ semplicistico e impreciso sostenere che Hamas sia soltanto un gruppo di fanatici estremisti. E´ molto più di questo. Rappresenta sogni storici, immaginario religioso e ambizioni represse che non riconoscono alcuna realtà o limite. E´ un´immagine che racchiude verità considerate universali, complete e definitive.

Lo si potrebbe sconfiggere in quanto "potere", ma non in quanto fenomeno socio-religioso dalla portata esplosiva, a meno che non si debelli alla radice il male che lo ha generato e che, prima ancora, ha dato vita a fenomeni simili. Combattere Hamas non tenendo conto di quelle radici e limitando gli sforzi ad eliminarlo in quanto "potere", vuol dire insistere con una terapia già decretata inutile dall´esperienza storica, passata e presente. Anzi, può avere un effetto contrario, e la terapia divenire essa stessa un "male". E´ accaduto altre volte: ci ridestiamo e vediamo che il "male" dal quale ci eravamo illusi di essere guariti, si è propagato. Lascio perdere gli esempi del passato, per ricordarne soltanto due, rilevanti, del presente. I risultati cui ha portato il regime di Saddam Hussein: soppressione del "potere" dei feudi senza riuscire a eliminare il fenomeno stesso. Prima di lui, toccò al regime di Nasser trattare con il "male" rappresentato da Sayyd Qutb (leader intellettuale dei Fratelli musulmani, ndr.), che fu arrestato e giustiziato. Ed ecco che ora Nasser è senza eredi e sempre più in declino, mentre i discendenti di Sayyd Qutb, sempre più numerosi, attivi e potenti, scuotono la struttura della società egiziana e i pilastri dello Stato.
Sia Nasser sia Saddam Hussein, malgrado le tante differenze che li separano, hanno costruito un "potere" ma non una società. E questo lo si può affermare per tutti i governanti arabi dei due secoli passati. In verità, la storia degli arabi negli ultimi duecento anni non è stata storia di scienza, arti, tecnologia, libertà e progresso, ma una storia di lotta per il potere, di lacerazioni, arretramento e cedimenti. Ed è una storia che continua tuttora.
Hamas-Al Fatah: una dicotomia che evidenzia la probabile o possibile frattura tra arabi musulmani. Una frattura del presente, portatrice della frattura del futuro. Ogni qualvolta la Palestina rivela, in quanto "questione", l´impotenza e la frammentazione degli Arabi, la frattura tra Palestinesi rivela la frattura della "realtà" araba. Forse i cuori dei musulmani sono con Hamas e sicuramente non tutte le menti sono con Al Fatah. Mentre Hamas sembra un passato che fagocita il presente, Al Fatah sembra un presente che fagocita il passato.
Non si può cambiare la realtà di Hamas con gli stessi metodi usati da Nasser contro i "Fratelli musulmani", o dai governanti arabi con i loro oppositori. E´ probabile che si riesca a cambiare il "potere" in questa realtà, ma ciò non varrebbe granché: si limiterebbe al controllo delle sue armi materiali. La forza di Hamas sta non solo in queste armi ma nelle basi religiose su cui si regge. Però nel frattempo la catastrofe tragicomica continua: il potere è "illusione", nella "realtà" in cui vive Hamas. Illusione che si regge sulla violenza. La violenza dell´illusione armata è più fatale della violenza della realtà armata, perché la prima parla e agisce in "vece" del cielo.
Non è quindi una violenza "assediata" da confini, perché li scavalca come se volesse "cancellare" la Terra stessa. Poiché la Terra, secondo Hamas, è Dar al-Islam (dimora dell´Islam) ovunque sia e ovunque si possa immaginare che essa sia, oltre le nazioni, le lingue e i Paesi, e oltre la storia. E´ un´estensione trans-continentale che attraversa le organizzazioni jihadiste islamiche in tutte le loro denominazioni, forme e varianti. Così Hamas sembra combattere la storia attuale rimanendo nell´orbita universale della storia islamica, mentre Al Fatah sembra combattere un nemico specifico e delimitato rimanendo nell´orbita del potere. Hamas è in ogni luogo islamico, Al Fatah è soltanto nella West Bank o a Gaza.

Per tutti questi motivi se Al Fatah vuole uscire dalla "logica" di Hamas, deve elevare il livello del conflitto, concentrarsi sulla costruzione del futuro e non sulla rievocazione del passato. Per riuscirci non c´è altra via che la fondazione di una società civile palestinese. Solo così potrà uscire dalla "illusione" e dalla "ambiguità" e dalla violenza che esse generano; di conseguenza potrà fondare una nuova società e nuovi valori, e costruire un presente diverso come nucleo e preludio di un´altra e diversa storia.
Senza dubbio Al Fatah rimarrà al di sotto della storia poiché noi possiamo interpretare Hamas valutandola col metro del passato, ma come interpretare e valutare Al Fatah? Il suo significato storico, culturale e sociale si fonda soltanto sulla differenza: sul fatto di essere l´antitesi di Hamas, specie nelle sue connotazioni religiose. Creerà così una frattura radicale con Hamas e darà legittimità civile e umana alla propria causa. E, cessando di subire gli eventi, innescherà una dinamica creativa.
Senza di ciò, Al Fatah, anche se conquisterà il potere, non sarà soltanto al di sotto della storia come il resto dei regimi arabi, ma sarà oggettivamente valutata, in un modo o nell´altro, da una mentalità religiosa che appartiene al passato, alle sue ideologie e alle sue illusioni.
In questo caso, quale sarà il suo significato?

Shakespeare dice che soltanto la lingua è in grado di «mutare il verde in rosso». Il problema è che noi arabi crediamo a questa capacità e alle sue conseguenze.

Per inviare una e-mail alla redazione della Repubblica cliccare sul link sottostante rubrica.lettere@repubblica.it