I giusti musulmani e la Shoah
André Azoulay , consigliere del re del Marocco, vuole conservarne la memoria
Testata: Corriere della Sera
Data: 04/11/2007
Pagina: 1
Autore: Cecilia Zecchinelli
Titolo: L'ebreo che cerca i Giusti fra i musulmani

André Azoulay, ebreo marocchino  consigliere del re del re Mohammad VI   fa bene a conservare e diffondere la memoria dei giusti del mondo islamico, che aiutarono gli ebrei a sfuggire alla Shoah.

Più discutibili alcune sue posizioni politiche: la convinzione che gli americani siano gli inventori del "concetto truffa" di scontro di civiltà, la negazione dell'esistenza di fattori religiosi nel conflitto mediorentale, la vicinanza prima al rappresentante dell'Olp a Parigi  Issam Sartawi, poi all'ex presidente iraniano Khatami, volti "umani" di un'organizzazione terroristica e di un regime totalitario.

I due aspetti dell'attività di Azoulay, la lotta per la memoria della Shoah e per la convivenza tra ebrei, cristiani e musulmani e le sue posizioni politiche inevitabilmente prossime a quelle del governo che "consiglia" e  rappresenta dovrebebro essere distinti.

Non lo fa, ci sembra, Cecilia Zecchinelli nel suo ritratto pubblicato dal CORRIERE della SERA del 4 novembre 2007:

Dice con un sorriso: «L'importante è che la vera Storia sia scritta. Resistere a demagogia e amnesia. Opporsi a chiunque, come gli americani, voglia imporci il concetto-truffa di scontro di civiltà. E ricordare alle nuove generazioni la millenaria convivenza tra musulmani ed ebrei in Marocco, per secoli terra di luce». La voce e i gesti di André Azoulay sono ovattati come tutto nell'immenso palazzo reale di Rabat: giardini ed edifici sembrano sospesi oltre il tempo, i rumori della città non arrivano. Ma le parole del primo consigliere di Mohammad VI, l'unico ebreo in terra d'Islam con una simile carica, subito diventano concrete.
«È per questo che mi batto da 21 anni perché Mohammad V, nonno dell'attuale sovrano, venga riconosciuto come un Giusto da Israele — ci dice —. Il suo caso non è l'unico: in marzo organizzeremo qui a Rabat la prima conferenza internazionale sui Giusti nel mondo arabo e islamico. Nell'epoca più tragica per il nostro popolo, tanti lo furono dal punto di vista delle azioni, se non per i criteri adottati da Israele per concederne il titolo. Ma al di là dei riconoscimenti ufficiali, l'importante è che i giovani nel mondo arabo conoscano il loro passato. Sono in tanti a testimoniare che il Marocco fu anche terra di accoglienza per migliaia di ebrei europei in fuga. La Storia dev'essere conosciuta ». In Marocco, continua Azoulay, «dove gli ebrei arrivarono ben prima dell'Islam e il giudaismo è un pilastro dello Stato nazionale, non ci sono state pagine solo rosa, ma il rosa ha prevalso. Sotto l'occupazione della Francia di Vichy furono aperti "campi di transito". Ma Mohammed V non consentì che nessun ebreo fosse deportato. Quando i francesi vollero imporre la stella gialla, lui disse di prepararne qualcuna in più, per sé e per la famiglia reale, bloccando l'iniziativa». Una vicenda che molti negano declassandola a leggenda, sostiene Azoulay, «perché i negazionisti non sono solo a Teheran ». Ma che è vera. Come è vera la sua particolare di storia, che accetta di raccontare.
«Faccio parte di un club molto snob, ne sono l'unico membro». E spiega: «Dalla Mauritania all'Asia centrale, in nessun altro Paese musulmano troverete una persona di confessione ebraica con tanta responsabilità. Sono molto fiero del mio sovrano e del mio popolo». Nato nel 1941 a Essaouira, che per secoli fu a maggioranza ebraica, Azoulay fu nominato consigliere da Hassan II nel 1990, confermato nel 1999 dal figlio. «Mi occupo di affari internazionali e economia — dice —. Spero di essere stato scelto per le mie competenze ma non metto in tasca il mio ebraismo. Le mie radici affondano in questo paesaggio dall'eternità. Marocchino, arabo ed ebreo da sempre». Da sempre, a partire dalla sua Essaouira dove ora organizza i celeberrimi festival di musica, il primo consigliere del re è stato anche un militante. «Ho iniziato a lottare a 13 anni per la pace e l'indipendenza — racconta —. Sono stato marxista, socialista. Poi ho lavorato 25 anni in Francia come economista e banchiere». A Parigi, soprattutto, Azoulay fondò nel 1973 Identità e Dialogo, il primo gruppo di intellettuali ebrei che si appellava alla creazione di uno Stato palestinese. «Fu un terremoto a quei tempi — ricorda —. Per la stampa israeliana ero una spia dell'Olp, per molti commentatori arabi un agente del Mossad. Quando si sta in mezzo si diventa una strano animale». Viste oggi, le difficoltà di dialogo di quei tempi sembrano incredibili, aggiunge. «I leader palestinesi dovevano girare con baffi finti e occhiali neri. Io ero in contatto con Abu Mazen, incaricato da Arafat di sviluppare rapporti di fiducia con il mondo ebraico. Ma soprattutto ero molto vicino a Issam Sartawi. Fino alla sua tragica morte per la pace, abbiamo lavorato insieme per otto anni: io gli spiegavo la complessità e la ricchezza del mondo ebraico, lui spiegava a me la complessità e la ricchezza della causa palestinese».Da allora molto è cambiato: «Ben 34 anni dopo la nascita di Identità e Dialogo, sono felice di vedere che la Storia mi dà ragione», dice Azoulay, che dal 2004 fa parte del gruppo ad alto livello dell'Onu «Alleanza e civiltà», voluto da Kofi Annan per migliorare le relazioni tra Islam e Occidente. «Anche lì combatto — ci dice — e sono riuscito a convincere gli altri, tra cui l'iraniano Khatami, che la prima battaglia da vincere è contro chi usa il fattore religioso per spiegare quanto avviene nel mondo islamico, mentre i dossier sono solo politici. Gli estremisti ci hanno preso in ostaggio, ma sono fiducioso. L'importante è non dimenticare la Storia ».

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