Saed Jalili, il "negoziatore" che sogna l'apocalisse
un ritratto scritto da Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera
Data: 24/10/2007
Pagina: 10
Autore: Guido Olimpio
Titolo: Saed, il negoziatore intransigente che insegue il sogno dell'Apocalisse
Dal CORRIERE della SERA del 24 ottobre 2007:

WASHINGTON — Le prime dichiarazioni del nuovo negoziatore iraniano Saed Jalili sono state chiare: «Tratteremo con forza ». Una premessa scontata. Quando si apre un confronto non si va con il cappello in mano. A maggior ragione se rappresenti un Paese fiero come l'Iran. Ma a Jalili non è costato molto farlo, perché rispecchia il suo pensiero e di chi lo ha spedito in missione a Roma. Ahmadinejad e i suoi ispiratori, l'ayatollah Mesbah Yazdi e Hashemi Samare. Tutti uniti dall'appartenenza ad una setta che sogna l'Apocalisse perché può favorire il ritorno del Mahdi, il messia sciita. Una fazione ritenuta estremista persino dall'imam Khomeini; all'inizio della Rivoluzione islamica ne aveva decretato lo scioglimento. Messi nell'angolo, i «fedeli» hanno trovato la loro guida nell'ayatollah Mesbah Yazdi riuscendo a guadagnare posizioni importanti. Oltre al presidente Ahmadinejad, ne fanno parte il ministro dell'Intelligence Gholam Ejehi e quello dell'Interno Mustafa Pur Mohammed. Ora nel cerchio magico del potere entra Jalili. Una promozione — afferma l'analista Meir Javendanfar — favorita dal profilo personale del negoziatore e dal sostegno di Samare, l'ombra di Ahmadinejad.
Jalili, nato nel 1965 a Mashad, incarna la figura del duro e puro. Ha combattuto nella guerra con l'Iraq, rimanendo ferito in modo grave ad un gamba e scampando ad un attacco chimico. Una volta tornato alla vita civile si è distinto — sostiene ancora Javandanfar — per uno stile di vita ascetico, simile a quello del futuro presidente. Nessun cedimento ai privilegi — andava al lavoro con la sua auto personale —, impegno costante nel lavoro. Laureato in scienze politiche, ha scritto un libro dal titolo emblematico: «La politica estera del Profeta Maometto». Nel 2001 è stato nominato direttore dell'ufficio della Guida Khamenei, quattro anni dopo è diventato consigliere di Ahmadinejad e viceministro degli Esteri con competenza per gli affari europei e americani. Anche se gli oppositori lo dipingono come un «signor sì», Jalili si è messo in luce nel forgiare i rapporti in America Latina e in particolare l'alleanza con il Venezuela di Chávez.
La devozione allo Stato, però, non basta a spiegare la sua carriera. Ed ecco il tocco di Samare. Come discepolo di Yazdi e interprete rigoroso della teoria messianica, Samare si è costruito una base di potere nel ministero degli Esteri. Con un ruolo speciale. Per diverso tempo aveva la responsabilità di impedire che gli ambasciatori deviassero dalle linee guida. Molti diplomatici — sostiene il commentatore Javandanfar — venivano convocati a Teheran e sottoposti a interrogatori serrati. Una forma di rieducazione. A gestire il programma Samare che non faceva mistero sulla sua appartenenza all'ala radicale. Nel suo ufficio al posto della foto di Khamenei ha appeso quella di Yazdi.
Sempre secondo fonti iraniane è Samare a «pescare» in provincia Ahmadinejad per poi proiettarlo nella scena politica iraniana. Il presidente lo ha ripagato nominandolo suo consigliere speciale. Un angelo custode del leader, presente ad ogni incontro importante. La coppia, scontenta del pragmatismo di Larijani, ha deciso di imporre Jalili assegnandogli la gestione dei negoziati e la poltrona di segretario del Consiglio di sicurezza nazionale. Un colpo di mano che ha irritato il parlamento — 183 deputati lo hanno contestato apertamente — e provocato frizioni tra gli ayatollah. Khamenei, che non ha gradito, ha imposto la presenza di Larijani. Non certo un moderato, ma un uomo abituato a trattare. L'opposto di Jalili. I diplomatici occidentali che lo hanno incontrato rammentano la sua specialità: i monologhi.

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