Una fiction TV non fa primavera
chi schiaccerà il bottone sarà Ahmadinejad
Testata: Corriere della Sera
Data: 08/09/2007
Pagina: 1
Autore: Andrea Nicastro
Titolo: E l'Iran ora si commuove sulla fiction sull'Olocausto

Un lungo reportage dall'Iran sul CORRIERE della SERA di oggi, 08/09/2007, a pag.1-17, di Andrea Nicastro. Ci sarebbe da dire tanto rumore per nulla, eppure in paese come l'Iran, un'ebrea in una fiction televisiva fa scalpore. Bisogna aspettare la fine delle puntate per capire a chi gioverà il film. A noi viene in mente il nome di Ahmadinejad, ma,si sa, a noi non va a genio.

Ecco l'articolo:

TEHERAN — Il serial tv di maggior successo in Iran è ambientato all'inizio della Seconda Guerra Mondiale e racconta la storia d'amore fra un musulmano iraniano e un'ebrea in fuga dall'Olocausto. Il kolossal va in onda sulla tv ufficiale e non sembra tener conto delle invettive del presidente Ahmadinejad contro l'ebraismo e delle sue iniziative «negazioniste». Lei prima ci litiga e poi (l'eterno femmineo!) se ne innamora perdutamente. Lui (scandalo!) le accarezza la mano. Lui (l'eroico mascolino!) la salva dai cattivi, ma viene catturato e torturato.
All'osso, è quanto è successo sinora in un romantico sceneggiato a puntate, ambientato all'inizio della Seconda guerra mondia-le, che sta tenendo l'Iran incollato alle tv. Ben fatto nelle ambientazioni e nei costumi, con tanti personaggi che rendono avvincente la storia e credibili le psicologie, «La curva piatta» sarebbe un serial come tanti. Solo che il Lui in questione è iraniano e la Lei è un'ebrea in fuga dall'Olocausto nazista. E che il colossal a puntate va in onda tutti i lunedì sul primo canale della televisione ufficiale della Repubblica islamica d'Iran, nemica dichiarata di Israele, con un presidente che dubita dell'esistenza dell'Olocausto e che organizza convegni «negazionisti».
Come è possibile? Se l'è domandato ieri il Wall Street Journal. Lo «scopo della costosa produzione tv — ha sostenuto il quotidiano americano — è di marcare una chiara distinzione tra gli ebrei come popolo e lo Stato di Israele». Probabilmente vero visto che l'Iran riserva un seggio in Parlamento al rappresentante della sua comunità ebraica, garantisce la libertà di culto ai suoi 25 mila ebrei iraniani, ma non perde occasione per sostenere che il sionismo è un'aberrazione della storia.
Però, a chiederlo a una famiglia iraniana, padre, madre, figlio e figlia adolescenti, «La curva piatta» significa molto di più. Lunedì sera sono a tavola, puntuali alle 21, quando comincia lo sceneggiato, con un'insalata di cetrioli, yogurt e riso con spezzatino di pollo. Sono tempi duri. L'inflazione pesa sugli stipendi dei genitori. Agosto è passato e il razionamento della benzina continua, in un anno il prezzo della spesa è quasi raddoppiato e in più sono tornate le ronde moralizzatrici. La giovane è sempre meno «mal velata» quando esce. Ha paura. Come in moltissime altre case, non importa se «riformiste» o «filo occidentali» come questa, c'è un'antenna parabolica sul balcone. Sarebbe illegale, ma la polizia non è andata oltre i richiami. Al lunedì, però, la scelta non va sui canali stranieri, ma sul romanzone «made in Iran». «Hassan Fatthi, il regista e sceneggiatore, ha rotto un tabù — dice il ragazzo —: non si era mai visto sulla tv pubblica un innamorato toccare la mano dell'amata». «Sono stati furbi — spiega il padre —. Quando acquistano film stranieri devono censurare gambe e décolleté, tagliare baci e abbracci e finisci che non capisci più la trama. Invece i vestiti dell'Europa in guerra negli anni 40, con i gonnelloni lunghi e le maniche chiuse ai polsini, vanno benissimo anche per l'Iran di oggi». «Il massimo — interviene la ragazza — l'hanno raggiunto quando hanno trasmesso l'hollywoodiano
Troy. Per rendere il film conforme alla morale hanno cambiato persino l'Iliade ed Elena è diventata la figlia di Menelao, non la moglie». «Nella serie Carabinieri,
invece, la divisa di Manuela Arcuri aiuta — sospira il fratello —. Ma chissà quante scene non abbiamo visto». «Con "La Curva piatta" — sostiene la madre — si sono spinti fino al limite consentito: all'estero le donne sono senza foulard e c'è abbastanza romanticismo per incantare tutti. Con la qualità di un film straniero, il messaggio arriva più convincente».
Gli ayatollah sono sempre stati al passo della tecnologia. Visto che nel '79 gli mp3 non esistevano, la Rivoluzione di Khomeini si sparse nella Persia dello scia su casette a nastro. La rincorsa alla scienza, dal nucleare alle telecomunicazioni, non si è mai fermata. Sempre però tenendo ferma la barra sugli interessi islamici e nazionali. Ne «La curva piatta» l'iraniano fa scappare l'ebrea. Ma non si capisce bene da cosa. L'idea delle deportazioni e dei campi di concentramento non è mai esplicitata. Il «negazionismo » del presidente Ahmadinejad è salvo. Altro spunto conforme alla politica ufficiale viene dai conflitti interni alla famiglia della ragazza che rifiuta il matrimonio con un correligionario perché sionista.
Lo sceneggiato ha fatto centro. Persino in questa famiglia nessuno vuole perdersi le ultime puntate. Il regista avrà scelto l'happy end o ha voluto fare il moderno e l'amore non trionferà? E poi, come faranno a sposarsi? «Una cosa è certa — assicura la madre —: l'iraniano non sposerà mai una non islamica».

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sulla e-mail sottostante.

lettere@corriere.it