Tengono talmente alla sicurezza d'Israele...
da considerare la "colonia" di Sderot soltanto una "mina vagante"
Testata:
Data: 04/09/2007
Pagina: 11
Autore: Umberto De Giovannangeli - la redazione
Titolo: D’Alema da Abu Mazen Cercate l'unità palestinese" - Sderot Sette razzi sulla colonia. Uno cade nella scuola
Umberto De Giovannangeli su L' UNITA' del 4 settembre 2007 costruisce, assemblando  una serie di citazioni di D'Alema, una cronaca della visita  a Ramallah del ministro degli Esteri italiano assolutamente acritica e lontana dalla realtà.
Dalla quale risulta un pieno accordo tra il governo palestinese (che di diaologo con Hamas non vuol sentir parlare) e e quello italiano (che con Hamas, più o meno dichiaratamante, vuol parlare).
U. d. g. è inoltre stato convinto dal tentativo di D'Alema di far credere, assurdamente, che le aperture ad Hamas siano motivate  anche dalla preoccupazione della sicurezza di Israele.
In realtà, è il fatto che Gaza sia sotto il controllo di Hamas, non la divisione tra Cisgiordania e Gaza a costituire una minaccia per Israele.
E se Cisgiordania e Gaza fossero unificate da Hamas, o da un governo di unità nazionale che adottasse la linea politica di Hamas, i rischi per Israele aumenterebbero.

Ecco il testo:

FORSE NON È IL CASO di esportare delle
discussioni italo-italiane in una terra così lontana, però, come ognuno può constatare, noi siamo qui ad incontrare il presidente Abu Mazen e il premier Salam Fayyad e non Hamas». Massimo D’Alema esordi-
sce così nella conferenza stampa tenuta ieri sera a Ramallah assieme al presidente palestinese, al termine di un colloquio protrattosi per oltre un’ora. Il titolare della Farnesina puntualizza, articola, ma non recede dalle posizioni che hanno finora caratterizzato l’azione diplomatica italiana sullo scacchiere israelo-palestinese. È importante «incoraggiare i palestinesi a ritrovare, su basi giuste, la loro unità», sottolinea D’Alema riprendendo un concetto che era stato al centro del colloquio con l’Unità alla vigilia della sua missione in Medio Oriente. «Una frattura tra Gaza e la Cisgiordania - aggiunge - non solo sarebbe un dramma per i palestinesi, ma anche un elemento di insicurezza per Israele». È un tema, questo, estremamente delicato, facilmente strumentalizzabile. Per questo D’Alema specifica che «i tempi e i modi della riconciliazione» sono scelte che spettano alla leadership palestinese e «noi rispetteremo le loro scelte». Non è pensabile fare la pace con metà di un popolo. È una constatazione di fatto prim’ancora che una valutazione politica, quella svolta dal vice premier. Una constatazione che trova eco nelle riflessioni di Abu Mazen. «Non chiudiamo le porte ad Hamas», afferma il presidente palestinese. «Nessuno nega l’esistenza di Hamas - spiega Abu Mazen - ma Hamas deve retrocedere dal golpe di Gaza, soltanto così si potrà cominciare un dialogo». «Non abbiamo mai avuto dubbi sul fatto che la nostra scelta e priorità è sostenere le forze che si battono per la pace» ribadisce D'Alema. A dimostrazione di ciò, il capo della diplomazia italiana ricorda l'essere stato a Ramallah per «incoraggiare e sostenere» Abu Mazen, quando quest’ultimo fu nominato premier dall’allora presidente dell'Anp Yasser Arafat. «Non credo di dover essere incoraggiato a sostenere Abu Mazen - dice D’Alema - lo conosco e sostengo come uomo di pace da tempo, da molto prima di altri che lo scoprono ora». Il vice premier torna a confermare il «pieno sostegno e incoraggiamento» da parte delll’Italia per il dialogo diretto che si è avviato fra l'Anp e il governo israeliano. «La Comunità internazionale e l'Unione europea in particolare - è opinione del titolare della Farnesina - devono mettersi a disposizione per garantire sviluppo economico e sicurezza per tutta la regione».
D'Alema, in particolare esprime «preoccupazione» per la Striscia di Gaza, soffocata dall'embargo internazionale nei confronti di Hamas, che ha preso il potere con un'operazione militare nel mese di giugno. D’Alema riafferma la sua convinzione che nel cammino della pace la riconciliazione nazionale palestinese è un passaggio fondamentale, purché questo avvenga - ripete a più riprese - «sulla base del rispetto dei principi di legalità di cui Abu Mazen è garante». «Nessuno vuole che ci siano due Stati palestinesi, nemmeno Abu Mazen» dice ancora D'Alema rimarcando la necessità di aiutare la leadership moderata a «ricostruire su basi giuste questa unità» e ciò, prosegue, potrà avvenire soltanto con il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni nei Territori. Sulla strategia negoziale, c’è totale assonanza tra D’Alema e Abu Mazen. «Adesso è giunto il tempo di guardare ai nodi reali, le frontiere, Gerusalemme, i rifugiati, gli insediamenti, la gestione delle risorse idriche, che devono essere sciolti affinchè possa nascere lo Stato palestinese», annota il titolare della Farnesina. È quindi importante, incalza D'Alema, lavorare per creare una nuova unità tra i palestinesi sulla base del rispetto dei principi di legalità. E la Conferenza internazionale di novembre proposta dal presidente Usa George W.Bush deve andare in questa direzione, convengono D’Alema e il rais palestinese. Il titolare della Farnesina ribadisce che bisogna lavorare con intensità e concretezza affinchè la Conferenza possa essere «un successo» e possa rappresentare «un passo avanti» agli occhi dei palestinesi. Deve poter rappresentare, aggiunge, «un momento di svolta sulla via della pace. Il problema - insiste D’Alema - è quello di riempire la Conferenza internazionale di contenuti reali per far sì che si possa rimettere in moto il processo di pace». Affinchè questo avvenga è importante definire principi sulla base dei quali si possa arrivare a un vero accordo di pace tra israeliani e palestinesi: «Da molto tempo si parla di una soluzione basata su due Stati, è tempo di guardare ai nodi reali che devono essere sciolti per arrivare ad uno Stato palestinese», è la convinzione di D’Alema.
Abu Mazen ringrazia l’Italia per il «ruolo molto importante che svolge anche nell'Ue e per il sostegno che dà alla causa palestinese» e chiede - ricevendo anche su questo il sostegno del capo della diplomazia italiana - che alla Conferenza internazionale partecipino «tutti i Paesi coinvolti nel conflitto arabo-israeliano», quindi anche la Siria che Stati Uniti e Israele preferirebbero tenere fuori. «Il processo di pace ha bisogno di tutte le risorse e di tutti coloro che possono mettere a disposizione queste risorse per realizzare una vera pace», insiste Abu Mazen. Un tema cruciale, che D’Alema affronterà oggi in Egitto, seconda tappa della sua missione che si concluderà domani in Israele

"Sderot Sette razzi sulla colonia. Uno cade nella scuola" è il titolo della cronaca che affianca quella su D'Alema a Ramallah
Da esso apprendiamo che Sderot è una "colonia" e non una città israeliana e che i razzi "cadono".
Nell'articolo emergono, dopo alcune righe,  i fatti: la scuola è un asilo, i terroristi hanno rivendicato l'attacco ai bambini definendolo
 "un regalo per l’inizio del nuovo anno scolastico".
La vicenda è tuttavia vista secondo un'ottica deformante . Il problema reale non è la situazione a Sderot, ma la possibile risposta israeliana. Sderot non è una città, sottoposta a un costante attacco criminale contro i civili, ma una "mina vagante" che potrebbe far naufragare il processo di pace, se israele decidesse di rispondere all'aggressione.

Ecco il testo:

GERUSALEMME Sottoposti da anni allo stillicidio, divenuto ora pressochè quotidiano, di razzi Qassam che, lanciati da Gaza, scoppiano con sempre maggiore frequenza nelle loro case e strade, gli abitanti di Sderot non ne possono più e esigono a gran voce un deciso intervento del governo che ridia a loro una tranquillità perduta. Sderot è perciò divenuta una mina vagante. La sua esplosione rischia di provocare un nuovo sanguinoso conflitto con i palestinesi e di deragliare gli sforzi per riportare in carreggiata il processo di pace. Provocare una strage a Sderot potrebbe essere nell’interesse di tutte quelle forze radicali palestinesi che si oppongono al processo di pace e che perciò mirano a silurare gli sforzi che il presidente palestinese Abu Mazen e il premier israeliano Olmert stanno compiendo per arrivare a un accordo globale. Ieri poco c’è mancato perché questo scenario da incubo si realizzasse. Su Sderot e nelle aree adiacenti sono caduti sette Qassam e uno di questi è esploso nel cortile di una scuola materna, dove si trovavano una quindicina di bambini, senza fortunatamente provocare vittime. Ma lo spavento e il panico sono stati grandi. Diversi bambini in stato di shock hanno dovuto essere sottoposti a cure mediche.I genitori infuriati sono corsi nelle scuole a riprendersi i figli e la locale associazione dei genitori, che accusa il governo di incuria, minaccia di ritirare tutti gli scolari e di mandarli a studiare in località più sicure. La Jihad Islamica da Gaza si è assunta la responsabilità dell’ attacco che, ha detto, ha inteso essere «un regalo per l’inizio del nuovo anno scolastico». Il presidente Shimon Peres ha definito intollerabile la situazione a Sderot. «Oggi - ha osservato con amarezza - mi chiedo perché ci siamo ritirati da Gaza».

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