La politica estera del governo italiano sconfessata
anche dal premier palestinese Salam Fayyad e da Javier Solana
Testata:
Data: 04/09/2007
Pagina: 9
Autore: Marco Ansaldo - la redazione
Titolo: Il premier Fayyad avverte Roma - Solana vs Prodi
Da La REPUBBLICA del 4 settembre 2007:

RAMALLAH - «Prodi e D´Alema sbagliano. Non si può negoziare con Hamas. Perché l´interlocutore per un dialogo è solo il governo legittimamente eletto in Palestina. E quello siamo noi, e non altri».
Salam Fayyad è nuovo negli uffici governativi di Ramallah, ma la sua voce si fa già sentire. Il primo ministro dell´Autorità nazionale palestinese (Anp) è a capo di un esecutivo di emergenza, non è un politico di professione. Ma la sua formazione di tecnocrate - Fayyad è un economista laureato all´Università americana di Beirut - gli consente anzi di guardare altrove, alzando la polvere che giace da anni sotto i tappeti della Muqata, il palazzo presidenziale un tempo abitato da Yasser Arafat, per spulciare nientemeno le carte finanziarie del raìs. E se un giorno si scopriranno alcuni retroscena del tesoro di Arafat, sarà grazie a questo serio signore con i capelli bianchi e gli occhiali dalla montatura leggera, capace di leggere i numeri come nessun altro ha mai fatto qui.
Signor primo ministro, lei ha appena incontrato il ministro degli Esteri italiano Massimo D´Alema, che oggi ha ribadito l´appoggio a Fatah ma nelle scorse settimane si era anche detto favorevole a un dialogo con Hamas. È d´accordo con questa posizione?
«Ho sentito anche le dichiarazioni fatte alcune settimane fa dal presidente del Consiglio, Romano Prodi. E devo dire che la mia posizione in questo senso è netta. Chi vuole impostare un negoziato con Hamas è in errore».
Perché?
«Perché il dialogo deve essere portato avanti con una parte sola, e questa siamo noi: il governo palestinese legittimamente eletto».
L´Italia sostiene però che per arrivare alla pace occorre un patto tra Fatah e Hamas, e che non si può trovare un accordo solo con metà dei palestinesi.
«Io sostengo che Hamas deve innanzitutto far cessare quello che accade ogni giorno a Gaza. Nella Striscia c´è una situazione orribile e pericolosa. Se qualcuno ha un´idea diversa sono pronto a discutere, ma a condizione di far terminare le difficoltà in quell´area. Per parlare bisogna prima rispettarsi a vicenda».
E lei che considerazione ha di chi oggi governa la Striscia?
«La mia intenzione più forte in questo momento è quella di contrastarli. Vadano al diavolo, noi non siamo come loro! Per esempio, chi dice che dovremmo sottoscrivere un messaggio di odio che viene dalle moschee? Eppure anch´io sono un musulmano. Ma non accetto che questa sia la faccia che tutto il mondo vede degli islamici».
Voi che cosa offrite in alternativa?
«Noi abbiamo un´alternativa. Offriamo una visione piena e integrata della questione palestinese, e sono fiducioso che Gaza verrà reintegrata con la Cisgiordania».
In pratica che cosa propone?
«Di eliminare, al meglio e al più presto, i danni sofferti dalla Palestina negli ultimi due anni, sia a livello finanziario sia istituzionale».
E il negoziato con Israele?
«I piccoli miglioramenti in corso non devono nascondere la realtà: noi dobbiamo ottenere la nostra libertà. E da sola, l´economia non può fare tutto».
Che cosa vuol dire?
«Che il mio governo ha avuto successo nel far terminare le restrizioni bancarie e la difficile situazione economica degli ultimi anni. Tutti i salari di tutti gli impiegati sono stati pagati. Ma non basta. La questione con Israele è politica. Ci sono quasi 600 posti di blocco in tutto il paese. È possibile giustificare ogni provvedimento solo con ragioni di sicurezza? A questi checkpoint si percepisce tutta l´umiliazione a cui è sottoposto il nostro popolo».
Che cosa può fare in questo senso l´Anp?
«Il mio è un governo di emergenza. Ma il presidente Abu Mazen mi ha chiesto di continuare a esercitare l´azione che stiamo portando avanti a più livelli. Questa amministrazione incontra i favori della maggioranza del popolo palestinese, come dicono tutti i sondaggi e gli studi fatti di recente. Hamas non deve dunque guardare all´Anp come a un partito: perché invece è la casa di tutti i palestinesi».

Dalla prima pagina del FOGLIO:

La missione italiana nei Territori ha portato Abu Mazen e Massimo D’Alema sullo stesso palco per alcune puntualizzazioni dopo il golpe degli islamisti di Hamas e in vista dell’incontro internazionale che si riunirà a New York a metà novembre. In conferenza stampa, ieri il rais ha spiegato al Foglio che l’Anp è stata chiara fin dall’inizio: “Non chiudiamo le porte, ma deve retrocedere dal golpe, poi possiamo parlare”. Il ministro D’Alema ci dice che non ha dubbi sulla scelta di “sostenere le forze che si battono per la pace”, ma “al tempo stesso – spiega al Foglio – dobbiamo incoraggiare i palestinesi a trovare l’unità, perché la frattura tra Gaza e il West bank sarebbe un dramma per i palestinesi e anche un elemento di insicurezza per gli israeliani”. La soddisfazione della Farnesina per la visita “ben riuscita” è però turbata da una dichiarazione dell’Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, Javier Solana, impegnato in una missione concomitante a Ramallah. Smentendo seccamente le parole del premier Romano Prodi, ha “voluto ripetere” la linea del Quartetto per il medio oriente (Ue, Onu, Stati Uniti, Russia): “Non ci saranno contatti tra l’Ue e Hamas, è noto cosa Hamas deve fare per cambiare la politica del Quartetto”. Prodi, a Ferragosto, aveva sostenuto il “dialogo”.

Per inviare una e-mail alla redazione della Repubblica e del Foglio cliccare sul link sottostante rubrica.lettere@repubblica.it ; lettere@ilfoglio.it