Abu Mazen esclude Hamas dalle elezioni
finché non riconoscerà Israele e gli accordi di Oslo
Testata: Corriere della Sera
Data: 03/09/2007
Pagina: 9
Autore: Davide Frattini
Titolo: La sfida di Abu Mazen: Hamas fuori dalle elezioni

Dal CORRIERE della SERA del 3 settembre 2007:

GERUSALEMME — «Un uomo cortese ma inefficace. Non vale i soldi e la fiducia che gli americani stanno investendo su di lui». Il verdetto sarebbe di Condoleezza Rice, espresso un paio d'anni fa. L'uomo «gentile» è il presidente palestinese Abu Mazen, che ieri ha cercato di smentire il giudizio — rivelato in una nuova biografia del Segretario di Stato americano.
Dalla Mukata, il raìs ha lanciato una nuova sfida ad Hamas e ha modificato con un decreto la legge elettorale. I partiti che vogliono partecipare al prossimo voto devono prima riconoscere il ruolo dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina come «unico rappresentante del popolo» e approvare le intese firmate in passato dall'Olp con Israele, come gli accordi di Oslo del 1993 che riconoscono l'esistenza dello Stato ebraico. Un passo che il governo del premier Ismail Haniyeh, deposto in giugno da Abu Mazen dopo che Hamas ha preso con un'operazione militare il controllo della Striscia di Gaza, non ha mai accettato di compiere.
Le nuove norme modificano anche il meccanismo elettorale e stabiliscano solo liste nazionali — senza nessuna separazione tra Cisgiordania e Gaza — su base proporzionale. Nel gennaio 2006, il sistema era misto e il movimento fondamentalista aveva vinto negli scontri con il maggioritario il doppio dei seggi di Fatah, assicurandosi la maggioranza assoluta in Parlamento.
Il decreto di Abu Mazen è stato bollato come «illegale» dai portavoce di Hamas: «Non ha il potere di convocare elezioni anticipate e neppure di modificare le procedure, gli unici legittimati a farlo sono i deputati». L'assemblea non si è più riunita dopo la divisione di fatto fra Gaza e la Cisgiordania. «Quando il Parlamento riuscirà a lavorare di nuovo — ha replicato il presidente — i miei decreti potranno anche essere bocciati».
Abu Mazen sta premendo perché dalla conferenza internazionale prevista per novembre negli Stati Uniti esca un accordo. «Non possiamo permetterci che il vertice venga giudicato un fallimento. Ci vogliono un'intesa sulle questioni principali e un calendario per realizzarla ». Uno dei suoi consiglieri ha spiegato alla Reuters che il leader palestinese ed Ehud Olmert, premier israeliano, non sono riusciti a superare le differenze sui punti più importanti, nell'ultimo incontro di una settimana fa.
Il summit in America — scrive il New York Times — sarebbe voluto soprattutto da Condoleezza Rice, che ha convinto il presidente George Bush. Il segretario di Stato — come racconta sempre la nuova biografia, scritta da Glenn Kessler, giornalista del Washington Post — quattro anni fa aveva definito la road map, il piano di pace promosso da Bush, «marginale, non funziona».
A Ramallah, arriva oggi Massimo D'Alema. Il ministro degli Esteri italiano ha ribadito in un'intervista all'Unità che «a un certo punto si presenterà il problema di una riconciliazione nazionale palestinese. Si tratterà di capire come loro valutano l'evoluzione della situazione, ma d'altro canto l'unica possibilità di una pace effettiva e di uno Stato palestinese unitario e vitale è quella di promuovere un processo di riconciliazione. Perché dovrebbe essere chiaro che non è pensabile un accordo di pace con metà del popolo palestinese».
Sami Abu Zuhri, uno dei portavoce di Hamas, ha commentato: «Le parole di D'Alema dimostrano che l'assedio politico contro Hamas sta diminuendo. Le dichiarazioni confermano che sta aumentando la consapevolezza che qualsiasi processo nella regione che escluda il nostro movimento è destinato a fallire. Sono un messaggio ai leader dell'Autorità palestinese che il loro boicottaggio è fallito».

Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante

lettere@corriere.it