Il "pensiero impaurito", complice dei tiranni
l'opinione di Pierluigi Battista
Testata: Corriere della Sera
Data: 27/08/2007
Pagina: 28
Autore: Pierluigi Battista
Titolo: Diritti umani e tirannie Così il pensiero pugnace è diventato impaurito
Dal CORRIERE della SERA del 27 agosto 2007:

Quale miglior nutrimento per la satira politica di tutto il mondo la notizia che l'Iran, il regime che fa delle impiccagioni in piazza uno show pedagogico, affiancherà la Libia in una conferenza Onu per la difesa dei diritti umani e per la lotta al razzismo? Invece no, questa manifestazione di puro grottesco, questo rovesciamento così ridicolo di ogni regola del buon senso (e della decenza) non attrae la curiosità della satira politica, impegnata piuttosto, con il suo eroe internazionale Michael Moore, a lodare il sistema sanitario della dittatura cubana, prigione riscaldata dal sole tropicale.
Del resto, perché chiedere ai satiri una sensibilità speciale, se l'intera opinione pubblica sembra atrofizzata e incapace di reagire? Ci stiamo abituando a tutto. Allo spettacolo di un poveraccio frustato a sangue sulla pubblica piazza di Teheran, solo perché adultero e (moderato) consumatore di alcol. Al dibattito in corso in Iran sull'opportunità, durante la lapidazione rituale, di intrappolare il corpo dei rei solo fino alla cintola oppure lasciando scoperto solo il capo. Ai cristiani perseguitati nei regimi del fondamentalismo islamista e condannati a morte solo perché in possesso di una croce. Agli omosessuali palestinesi costretti a fuggire in Israele per evitare la condanna a morte comminata da quel simpatico movimento popolare che va sotto il nome di Hamas. Ogni tanto un tenue risveglio, una blanda resipiscenza, come nell'attuale campagna internazionale per la salvezza di una ragazza iraniana lesbica, il cui destino a Teheran è raffigurato da un patibolo. Ma siamo oramai prigionieri del pensiero impaurito. Non riusciamo più a chiamare le cose con il loro nome. Teniamo a bada la mente e la lingua per non offendere le tirannie, gli integralismi dispotici, i carnefici che, come stabilì una dichiarazione dell'Onu a proposito di un nigeriano lapidato per futilissimi motivi, agirebbero pur sempre sulla base di una rispettabile tradizione culturale cui l'Occidente ha il dovere di rendere omaggio.
Il pensiero impaurito si alimenta grazie al fallimento di quel progetto di esportazione della democrazia che ha ideologicamente motivato l'intervento anglo-americano in Iraq. Fu questo progetto, piaccia o no, che calamitò attorno all'amministrazione Bush e al governo di Tony Blair forze intellettuali lontanissime dal bushismo e dalla «destra». Ed è sulla base di un imperativo antitotalitario che saggisti come, tra gli altri, Paul Berman, Christopher Hitchens, André Glucksmann, Bernard-Henri Lévy, Pascal Bruckner, Adam Michnik, Vaclav Havel, Ian Buruma si sono impegnati per arginare il movimento inarrestabile di un nuovo dispotismo, di una nuova minaccia alla libertà di tutti. Con i rovesci politico-militari in Iraq (e anche in Afghanistan) questa ideale internazionale del pensiero antitotalitario si è come dissolta. Non è svanito l'impegno dei singoli, ma il senso di una battaglia comune non velleitaria, di una guerra culturale non necessariamente votata alla sconfitta. Il pensiero impaurito è dilagato grazie allo scacco di un pensiero pugnace che sapeva coordinare culturalmente un'azione di contrasto all'omicidio rituale del regista Theo Van Gogh in Olanda, allo sgozzamento di Daniel Pearl in Pakistan, alla persecuzione di un insegnante francese licenziato e costretto a far perdere le proprie tracce perché minacciato dall'integralismo islamista. E' subentrata un'atmosfera di rassegnazione e di passività. Di paura, che blocca e narcotizza i pensieri e la parole. E chi parlerà quando, un giorno, Ahmadinejad pronuncerà solennemente il suo discorso all'Onu per difendere i diritti umani calpestati dal Satana occidentale?

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