Vergogna al quotidiano dei Ds, che manipola le immagini e la storia
Ariel Toaff martire della verità, le copertine dei libelli antisemiti arabi spacciate per illustrazioni dei giornali israeliani
Testata:
Data: 15/02/2007
Pagina: 1
Autore: Marco Innocente Furina
Titolo: «Pasque di sangue», Toaff ritira il libro

L'eroe della verità dopo "aspre polemiche, critiche feroci, e minacce" ha ceduto.
Così presenta la ritrattazione di Ariel Toaff Marco Innocente Furina sull'UNITA' del 15 febbraio 2007.
A illustrare questo articolo un'immagine presa dalla home page di  Ynet News, versione on line del quotidiano  israeliano Yediot Ahronot. Il carattera antisemita dell'immagine (una stella di Davide di sangue su un libro di preghiere, con  simboli della religione ebraica) è evidente, ma all'UNITA' si sono precostituiti un alibi: abbiamo preso l'immagine da Ynet News...

Peccato che sul giornale israeliano l'immagine fosse presentata in modo ben diverso: con la dicitura "Letteratura antisemita" e con visibili scritte in arabo, scomparse sull'UNITA' , che permettono di identificare l'immagine come la copertina di uno degli innumerevoli libelli antisemiti diffusi nel mondo islamico.

Photo: Intelligence Info. Center
Anti-Semitic literature Photo: Intelligence Info. Center

Ecco il link alla pagina di Ynet News: http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3363532,00.html

Ecco l'articolo di Furina:

Alla fine, dopo una settimana di aspre polemiche, critiche feroci, e minacce, dopo che spiegazioni, precisazioni, interviste non erano servite a nulla Ariel Toaff si è arreso. Si è scusato «con tutti coloro che sono stati offesi dagli articoli e dai fatti distorti attribuiti a me al mio libro» e ha chiesto alla casa editrice Il Mulino di fermare la distribuzione di Pasque di sangue, precisando di voler «rielaborare quei passaggi che hanno dato spunto alle distorsioni pubblicate nei media». Lo storico israeliano ha inoltre fatto sapere che devolverà i proventi della vendita del libro all’Anti defamation league, l’organizzazione ebraica di New York che combatte gli episodi di antisemitismo.
Lo si apprende dall’edizione di ieri di Ynetnews.com, la versione elettronica del quotidiano israeliano Yediot Ahronot.
Tutto comincia martedì 6 febbraio, quando Sergio Luzzatto dedica sul Corriere una lunga recensione al saggio che riapre il capitolo, che si credeva oramai archiviato, delle accuse, mosse agli ebrei sin dal medioevo, di praticare, in occasione della Pesach, la pasqua ebraica, l’omicidio rituale di bambini cristiani.
In partricolare Pasque di sangue si sofferma sul caso di Simonino, un bambino di Trento, della cui morte nel 1475 fu accusata la locale comunità ebraica. Dopo un processo sommario, condotto com’era costume del tempo, con la tortura, gli accusati furono trovati colpevoli e giustiziati. Il piccolo Simone fu elevato alla gloria del cielo e la vita della città riprese tranquilla. Un processo gravato già a quei tempi da molte ombre (l’inquisitore inviato dal papa riteneva gli israeliti incolpevoli) e su cui i storici ritenevano non ci fosse più nulla da dire. Un parere non condiviso da Toaff. A suo avviso infatti dalle carte processuali, nonostante l’uso della tortura, emergono «pratiche liturgiche ed atteggiamenti mentali, tipici ed esclusivi di un mondo ebraico particolare, che in nessun modo possono essere attribuiti alla suggestione di giudici e prelati, perché di essi si possa non tenere il debito conto». Insomma, secondo lo storico, le confessioni, pur se macchiate dall’uso della tortura, sarebbero troppo precise, dettagliate e concordanti per non essere vere. Un rito cruento, quello dell’infanticidio rituale che sarebbe stato praticato nel medioevo - precisa l’autore - da minoranze devianti di askhanaziti (ebrei di lingua tedesca) in reazione alla persecuzioni cristiane. In ogni caso una verità spiacevole - se di verità si tratta - ma soprattutto una tesi storica pericolosa perché facilmente strumentalizzabile in chiave antisemita. E infatti la reazione del mondo ebraico non si fa attendere. Il giorno stesso della recensione di Luzzatto - e dunque senza aver letto il libro uscito due giorni dopo - la comunità dei rabbini italiani (fra cui lo stesso padre di Ariel Toaff, lo storico rabbino capo di Roma, Elio Toaff) emette un duro comunicato di condanna della tesi contenuta nel saggio. Lo studioso si ritrova improvvisamente isolato: non riesce a mettersi in comunicazione col padre, né può recarsi al ghetto di Roma divenuto per lui un luogo «insicuro», mentre su tutti i principali quotidiani si sussegue un fuoco di fila di critiche e disapprovazioni da parte di storici ed editorialisti. Anche i finanziatori della rivista di cui è direttore chiedono la sua testa.
E in questo clima che Ariel Toaff torna in patria dove lo attende la dura reprimenda arrivata al suo rientro da parte della sua Univertisità, la Bar Ilan di Tel Aviv. L’ateneo in un comunicato diffuso nel pomeriggio di ieri esprimeva «collera e grande dispiacere nei confronti del professor Toaff, per la sua mancanza di sensibilità nel pubblicare il suo libro». Dopo questo episodio, e dopo un colloquio col Rettore dell’Università, il docente di storia medioevale ha chiesto alla casa editrice italiana di bloccare la distribuzione dell’opera. La motivazione ufficiale è «prevenire un ulteriore uso distorto del mio libro per la propaganda antisemita». Ora si tratta di vedere che cosa deciderà la casa editrice.

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