Tradotto in italiano il breviario dell'odio di Khomeini
con una elogiativa prefazione di Franco Cardini
Testata: Libero
Data: 09/02/2007
Pagina: 21
Autore: Franceso Borgonovo
Titolo: Le lezini di odio dell'ayatollah Khomeini
Da LIBERO del 9 febbraio 2007:

Sayyd Ruhullah Musawi Mustafawi prese probabilmente il nome di Khomeini dalla città iraniana Khumayn, dove nacque il 24 settembre 1902, minore di quattro figli e presto orfano di padre. Oggi l'Imam Khomeini è ricordato come la guida perenne della nazione iraniana, dopo essere stato ispiratore della rivoluzione islamica del 1978. In questi giorni arriva in libreria il suo testo più noto, "Il Governo islamico. O l'autorità spirituale del giuriconsulto", appena tradotto dalla casa editrice cattolica Il Cerchio (146 pp., 14 euro). Il libro è illuminante rispetto alle attuali posizioni culturali e ideologiche dello stato iraniano. Mostra chiaramente come nell'islam risieda la matrice dell'odio antiebraico e antioccidentale che oggi anima Ahmadinejad e i suoi seguaci. Khomeini alterna il tono dello studioso del Corano e quello del polemista di marca europea. Per diverse pagine discute i versetti e spiega la legge islamica. Poi attacca l'Occidente e si scaglia contro il «grande Satana» statunitense («È stupefacente il loro modo di ragionare: da una parte ammazzano la gente per dieci grammi di eroina, e dall'altra sostengono che "questa è la legge"»). Si occupa delle "cospirazioni ebraiche", come se fosse un pubblicista politico degli anni Venti. «I primi a prendersela con il movimento islamico furono gli ebrei» scrive « furono loro ad architettare cospirazioni ideologiche che, a ben vedere, si protraggono sino a oggi seguendo la medesima direttrice. Successivamente, gli ebrei sono stati sostituiti da un'identità per certi versi ancor più diabolica: si tratta del colonialismo, che da oltre trecento anni è penetrato nei paesi islamici». Alireza Esmaeili, che dell'Iran è rappresentante in qualità di direttore dell'Istituto culturale dell'ambasciata della Repubblica Islamica a Roma, firma l'introduzione del libro. E celebra Khomeini come «quel dottore della legge senza uguali che ebbe successo nel fondare il primo governo islamico». Nessuna delle tesi dell'ayatollah viene sconfessata o messa in dubbio. Anzi, tutto ciò che ha detto viene considerato profetico. Riguardo al conflitto con gli israeliani, Khomeini scrive, tra le altre cose, che «se i musulmani (...) avessero predisposto tutti i mezzi a loro disposizione per prepararsi alla guerra, istituendo il governo islamico, mai sarebbe accaduto che un manipolo di giudei avrebbe osato occupare le nostre terre distruggendo e incendiando la moschea di Al- Aqsa». L'Imam cita anche il Corano: «Sono stati maledetti coloro tra i figli di Israele che rifiutarono la fede». E nuovamente fa cenno ad alcuni passaggi del testo sacro dei musulmani in cui si accusano con decisione «sacerdoti» e «rabbini». Un altro aspetto importante di questo libro riguarda il rapporto fra la religione islamica e la politica. Studiosi come Alessandro Bausani ( considerato eretico dai musulmani per ché di religione Baha'i di cui Garzanti ha ristampato "L'Islam") avevano capito già negli anni Cinquanta la caratteristica fondamentale dell'islam. Quella di essere appunto una religione "politica". Si dice che Khomeini non fece mai il politico. Eppure fu uno strenuo oppositore di Reza Shah (salito al potere nel 1941) e dell'influenza occidentale sul suo Paese. Nel 1978 si trovava in esilio in Iraq e inviò un messaggio ai rivoluzionari islamici: «Aiutate i vostri fratelli, ma non fate nulla attraverso il governo e nulla per esso». Nel 1979, (finito l'esilio che lo vide abitare anche in Turchia e Francia), Khomeini fece ritorno in Iraq. Da quel giorno fino alla sua morte nell'89, furono impriogionate oltre 100mila persona, torturate 10mila e uccise quasi 5000. Senza dimenticare episodi come la condanna a morte dello scrittore Salman Rushdie (1988) per aver scritto il romanzo "I versetti satanici", accusato di essere offensivo per l'islam. Citiamo un altro passaggio del libro: «L'Altissimo, non solo ha inviato un corpus normativo, costituito da leggi positive e dalla Sharia, ma ha stabilito anche un governo e un apparato esecutivo e amministrativo». Il motivo per cui il Profeta Maometto avrebbe indicato un successore, secondo Khomeini, è proprio il fatto che «i musulmani avevano bisogno di qualcuno che mettesse in pratica le leggi e realizzasse lo stato islamico, garantendo in tal modo la felicità dell'uomo in questo mondo e nell'altro». Si chiede l'ayatollah: «Le leggi positive dell'Islam dovranno forse rimanere inutilizzate, e che ognuno faccia ciò che gli pare? Dovremmo lasciare che tutto sprofondi nel caos? (...) Chiunque affermi che non sia necessario formare il governo islamico, nega per ciò stesso la necessità di eseguire le leggi dell'Islam, e di conseguenza rifiuta la totalità delle leggi e l'eternità dell'augusta religione dell'Islam». Nonostante le durissime condanne nei confronti dell'Occidente (e di alcuni suoi esponenti di primo piano), della figura di Khomeini si innamorarono (e continuano ad innamorarsi) tanti intellettuali europei. Il primo fu Michel Foucault, che tra il '78 e il '79 scrisse in esclusiva per il Corriere della Sera una serie di articoli entusiastici e a favore della rivoluzione islamica. La maggior parte dei fan del filosofo francese evitò di farne menzione negli anni successivi, quando ci si accorse della scarsa lungimiranza di alcune valutazioni sull'opportunità di un governo islamico. In Italia furono raccolti nel "Taccuino persiano" (Guerini, a cura di Renzo Guolo e Pierluigi Panza). Oggi ad appassionarsi al leader iraniano è Franco Cardini (che si dichiara cattolico), lo storico fiorentino noto per la sua amicizia con Hamza Piccardo dell'Ucoii (alla cui edizione del Corano scrisse una prefazione). Cardini, nelle poche pagine realizzate per la prefazione de "Il governo islamico" è piuttosto indulgente con l'Iran. «Un paese affetto da antisemitismo?» si chiede. Affatto, è la risposta, l'Iran dimostra semmai «un generale e generico antisionismo, senza dubbio». Inoltre, non ha nulla da invidiare alle democrazie occidentali. «Un governo che imprigiona e tortura?», scrive ancora Cardini e risponde: «Noi "democratici occidentali" abbiamo il sospetto di non poter granché far lezione di libertà a nessuno». Probabilmente, in materia di libertà abbiamo ancora da imparare. Ma forse Khomeini non è l'insegnante più indicato.

IL LIBRO GOVERNO ISLAMICO "Il governo islamico. O l'attività spirituale del giureconsulto" è il testo di Khomeini più noto in Occidente. E appena stato pubblicato in Italia da Il Cerchio (146 pagine, 14 euro).
GUIDA SPIRITUALE Khomeini nacque nel 1902 in Iran. Nel 1925, con l'inizio del governo di Reza Shah, fu costretto alla clandestinità. Divenuto ayatollah nel '53, rimase in esilio dal '63 al '79. Leader spirituale della rivoluzione islamica, morì nell '89 dopo una repressione che imprigionò 100 mila persone, ne torturò 10 e ne uccise quasi 5000

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