La libertà di ricerca non è illimitata
l'analisi di Federico Steinhaus sul caso Ariel Toaff
Testata: Informazione Corretta
Data: 09/02/2007
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: La libertà di ricerca non è illimitata

E’ difficile inserirsi nella polemica che in questi giorni sconvolge il mondo ebraico  e lo si può fare solamente avendo ben presenti la sua forza dirompente ma anche la sua delicatezza, che toccano la tragica storia dei rapporti fra gli ebrei europei ed il resto del continente oltre che alcuni principi fondanti dei diritti individuali.

Da un punto di vista scientifico e giuridico questo dibattito si innesta su quello che poche settimane or sono aveva destato molta attenzione, in quanto si occupava del divieto e della punibilità di negare la realtà della Shoah, toccando anche in questo caso il tema della libertà di pensiero e di ricerca in collegamento con quello della verità.
Proviamo innanzi tutto a fissare alcuni punti di riferimento che paiono certi ed indiscutibili:

1)       il diritto alla libera ricerca è essenziale nel configurare, insieme ad altri diritti individuali, l’insieme delle libertà facenti capo all’individuo

2)       il ricercatore, ed in particolare lo storiografo, deve agire con scrupolo, coscienziosità, competenza

3)       se è vero che uno stimolo alla ricerca può risiedere nella giusta ambizione del ricercatore, ciò non di meno il frutto della ricerca deve possedere una propria validità oggettiva

4)       il ricercatore serio, ed in particolare lo storiografo, deve essere lucidamente consapevole delle possibili conseguenze sociali e culturali della propria ricerca ed assumersene la responsabilità.

Questi punti qualificanti sono, uno ad uno, certamente condivisibili ma nella realtà possono entrare in conflitto fra loro, fino al punto da  costringere il ricercatore a fare delle scelte privilegiandone alcuni a scapito di altri.

Il caso del libro scritto da Ariel Toaff mi pare esemplare da questo punto di vista.

Riassumiamolo in poche battute essenziali: Ariel Toaff è un docente di storia medievale presso una prestigiosa università israeliana; nel corso di una sua ricerca sull’accusa di omicidio rituale, a causa della quale migliaia di ebrei furono torturati ed uccisi barbaramente in Europa nel corso di molti secoli, si imbatte in documenti che gli fanno balenare alcuni dubbi; da questi dubbi, basati su documenti che peraltro lui stesso ci dice essere incerti e bisognosi di interpretazioni, Toaff evince l’ipotesi (non la certezza!) che forse alcuni ebrei possano realmente aver ucciso bambini cristiani per vendicarsi delle persecuzioni subite, oppure aver usato del sangue a scopi rituali in spregio delle rigidissime norme religiose ebraiche che lo vietano in maniera assoluta. Di queste ipotesi ed interpretazioni Toaff fa il perno di un suo libro di storia, e ne anticipa sulla stampa l’uscita sottolineando tali ipotesi come se fossero verità inconfutabili.

Dopo di che, Toaff si meraviglia per le reazioni che questa tesi suscita, di indignazione e di rifiuto, e si atteggia a vittima di un complotto da parte delle frange oscurantiste dell’ ebraismo (nelle quali individua tutto il rabbinato, incluso suo padre). Nel frattempo molti autorevoli storici confutano le tesi di Toaff e dimostrano che egli si è servito di testi e documenti già noti per fornirne una sua lettura personale. Infine, nella terza fase di questo melodramma mediatico, Toaff fa marcia indietro e precisa che, forse, qualche ebreo potrebbe aver ucciso bambini cristiani oppure essersi servito di sangue secco per scopi rituali, ma non sono stati più di un paio nei secoli e nei vasti territori di cui il suo libro si occupa. E, comunque, si tratta solo di ipotesi ed interpretazioni personali.

In altri termini pare che Toaff abbia scelto di dare una mano a quanti hanno accusato ed accusano ancora oggi (vedasi l’antisemitismo di matrice islamica!) gli ebrei di compiere omicidi rituali, e di farlo in modo quanto mai plateale, per poi minimizzare questa sua tesi e demolirla egli stesso dandole un significato di mera ipotesi interpretativa. Se così è, pare che egli abbia deliberatamente voluto ignorare i punti 3 e 4 delle affermazioni che introducono questa analisi.

La domanda che sorge spontanea a questo punto è: ma non poteva pensarci prima?

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