Per l'Unifil non c’è stato sconfinamento israeliano in Libano
la tregua è stata rotta dall'esercito di Beirut
Testata: Il Foglio
Data: 09/02/2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: Beirut accusa Israele, ma per Unifil non c’è stato sconfinamento
Dal FOGLIO del 9 febbraio 2007:

Gerusalemme. Non ci saranno ulteriori escalation, ma se l’esercito israeliano è sotto il fuoco nemico risponderà all’attacco. Il ministro della Difesa del governo di Gerusalemme, Amir Peretz, ha ribadito ieri mattina la strategia dell’Idf al confine nord con il Libano, dopo che, nella notte di mercoledì, i soldati israeliani sono stati colpiti da proiettili dell’esercito libanese. Tsahal stava pattugliando la zona in cui, lunedì, aveva ritrovato cinque ordigni posizionati da Hezbollah. Il governo di Beirut ha continuato ieri ad accusare Israele di aver violato il confine, la cosiddetta “blue line”, ma il comando di Unifil – la missione dell’Onu che controlla quell’area – ha confermato che i primi a sparare sono stati i libanesi e che i tank di Israele non hanno attraversato la “blue line”. Sul versante israeliano, i genieri hanno costruito una barriera con alte grate difensive che separa un percorso sterrato, utilizzato per i pattugliamenti, dalla zona cuscinetto a ridosso della “blue li ne”. Mercoledì notte un carro armato dell’Idf ha superato la barriera dirigendosi verso il “confine” per sminare l’area dove erano stati trovati gli ordigni che, secondo le forze israeliane, erano stati posizionati “di recente”, ma non ha attraversato la linea. Dopo lo scontro, in cui ci sono stati due feriti, sono intervenuti i Caschi blu: il loro portavoce militare, il maggiore Diego Fulco, ha spiegato al Foglio che “la situazione ora è sotto controllo, ma l’incidente è stato serio”. Si tratta della prima violazione del cessate il fuoco siglato l’estate scorsa, dopo il conflitto tra Hezbollah e Israele. Per il generale degli Alpini Claudio Graziano, comandante dei tredicimila Caschi blu dell’Unifil dalla settimana scorsa, è stato il battesimo del fuoco. “Il generale ha esortato in maniera autoritaria le due parti a cessare le ostilità e ripiegare”, ha spiegato una fonte dell’Onu. I comandanti libanesi hanno subito fatto sapere alla missione delle Nazioni Unite “che la prossima volta la nostra reazione sarà più forte”, ma i Caschi blu ribadiscono: “Gli esperti stanno lavorando sulle tracce, sembra però che nessuno delle due parti abbia superato la ‘blue line’”, dice il maggiore Fulco. L’ambasciatore francese all’Onu, Jean-Marc de la Sablière, ha chiesto che si apra un dibattito al Consiglio di sicurezza per discutere di quel che è successo e accertare le responsabilità. Le reazioni in Israele non sono mancate, come quella dell’ex ministro degli Esteri, Silvan Shalom, che ha definito “ridicola e sbagliata” la risoluzione 1.701 (con cui è stata istituita Unifil e che impone il disarmo di Hezbollah) perché “il Partito di Dio sta aumentando il suo arsenale, con l’esercito libanese che lo assiste invece di smantellarlo”. L’incidente di mercoledì notte, ha aggiunto Shalom, è “un insulto al governo israeliano: Hezbollah si sta scaldando per il secondo round e soltanto un cieco non lo vedrebbe”. Sul fronte interno libanese, le notizie sono contrastanti. Molte fonti, soprattutto tra la comunità libanese in esilio, dicono che Hezbollah sta preparando un “spallata” al governo di Fouad Siniora per il 14 febbraio, secondo anniversario dell’uccisione dell’ex premier Rafiq Hariri. Altre fonti del Foglio a Beirut, invece, spiegano che la morsa della piazza del leader Hassan Nasrallah sul governo Siniora si è allentata, dopo che un paio di settimane fa negli scontri erano morte circa dieci persone. La “tregua” è scaturita dai colloqui ad alto livello fra i sauditi, che appoggiano Siniora, e gli iraniani, padrini dei miliziani sciiti. L’ultimo terreno di scontro è l’istituzione del tribunale dell’Onu per l’assassinio di Hariri. Il Palazzo di vetro ha dato il via libera, ma esige il voto del Parlamento libanese. Il presidente dell’Assemblea, lo sciita Nabih Berri, alleato di Hezbollah – con l’appoggio del capo dello stato, Emile Lahoud, vicino ai siriani – si ostina a non voler convocare il Parlamento.

Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Foglio lettere@ilfoglio.it