Tra disinformazione e aperto sostegno a Hezbollah
la sospensione del blocco aereonavale israeliano vista da tre quotidiani
Testata: Corriere della Sera
Data: 07/09/2006
Pagina: 7
Autore: Marco Ansaldo - Stefano Chiarini - Ugo Tramballi
Titolo: Libano, Israele toglie il blocco - Israele toglie il blocco e lo affida agli europei - Israele sblocca il Libano
"Libano, Israele toglie il blocco" è il titolo dell'articolo di Marco Ansaldo pubblicato da REPUBBLICA il 7 settembre 2006
 

"Olmert decide dopo le minacce di Beirut di forzare l´assedio ", è il sottotitolo. Sembra che la decisione di Israele sia stata motivata dalle minacce di Siniora.
In realtà Siniora sa benissimo di non poter vincere ingaggiando una prova di forza con Israele.
E' stata l'impossibilità per Israele di colpire carghi civili (utilizzabili anche da Hezbollah), unita alle garanzie internazionali sul controllo degli armamenti di Hezbollah a determinare la decisione di Olmert.
Anche l'articolo di Ansaldo non chiarisce adeguatamente questa circostanza:

GERUSALEMME - La vita può tornare alla normalità, a Beirut, dopo 57 giorni di vuoto. Il blocco aereo, terrestre e navale del Libano, imposto da Israele all´inizio della guerra con Hezbollah, verrà tolto oggi alle 18 ora locale (le 17 in Italia). Il governo di Gerusalemme lo ha annunciato ufficialmente con un comunicato del primo ministro. Per molti è la fine di un incubo.
A quell´ora le unità messe a disposizione delle Marine militari di Italia, Gran Bretagna, Grecia e Francia (a quest´ultima la responsabilità delle operazioni), entreranno in posizione con un massiccio pattugliamento navale. Le forze della missione Onu si dispiegheranno in attesa dell´arrivo, fra circa due settimane, delle navi tedesche destinate a prendere il comando e a vigilare su ogni eventuale contrabbando d´armi a favore di Hezbollah, come preteso da Israele. L´aeroporto della capitale sarà invece controllato dall´esercito libanese, che avrà anche la responsabilità delle operazioni al confine con la Siria.
L´incubo sta finendo. La fine del blocco è anche una questione psicologica. Eppure non è stato semplice raggiungere l´accordo. Solo poco prima del sì finale israeliano, il Libano aveva fatto la voce grossa, con una dichiarazione che rischiava di ricevere una risposta tutt´altro che positiva. Il ministro degli Esteri, Fawzi Salloukh, diceva infatti: «Aspetteremo le 48 ore date da Kofi Annan e, se la situazione sarà risolta, lo ringrazieremo. Se no, il governo libanese prenderà le misure necessarie e interromperemo il blocco con tutta la nostra forza». Una sfida minacciosa, a parole, verso Israele.
A Gerusalemme seguivano due ore di tensione, in attesa di una replica. In maniera febbrile il premier Ehud Olmert si consultava al telefono prima con il segretario generale dell´Onu, Kofi Annan, poi con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice. Annan raggiungeva infine un´intesa importante con il premier libanese Siniora. La linea scelta da tutti era quella della moderazione, anche perché il blocco, in atto da agosto, rischiava davvero di fermare l´intera attività economica e commerciale del paese, con conseguenze gravi per tutta la regione.
Così l´esercito israeliano dichiarava subito di non poter far osservare il blocco aereo, impedendo ai voli civili di atterrare a Beirut. «Non abbiamo scelta - dichiarava un alto ufficiale a un´agenzia di stampa - non vogliamo colpire aerei civili». Quindi, l´annuncio di Olmert e la soluzione dell´intricato nodo. Già oggi allo scalo della capitale libanese arriverà un gruppo di esperti tedeschi, dotati di un sofisticato equipaggiamento, per cominciare il lavoro: impedire in ogni modo l´afflusso di armi.
Annan sta cercando nel frattempo di sbrogliare un´altra matassa, quella legata alla liberazione dei due soldati israeliani per i quali la guerra è scattata. Il numero uno del Palazzo di vetro ha dichiarato che un suo negoziatore arriverà in Medio Oriente «entro questa settimana», per trattare con Hezbollah e Israele il rilascio dei militari rapiti. Il Jerusalem Post ha svelato, nonostante il segreto imposto da Annan, il nome del mediatore. Si tratta dell´inviato delle Nazioni Unite, ex ministro e ambasciatore algerino Lakhdar Brahimi, più volte impegnato in missioni diplomatiche difficili, in Iraq e in Afghanistan. Gli israeliani però non sono affatto contenti della scelta. Durante la guerra in Libano, sostengono, Brahimi accusò Israele di avere ucciso «più bambini libanesi che guerriglieri Hezbollah».

Sul MANIFESTO, un articolo di Stefano Chiarini rende palese un punto fondamentale: quello che veramente preoccupa a Via Tomacelli non è il blocco in quanto tale, ma proprio il blocco delle forniture d'armi a Hezbollah.
Ecco il testo:

Il governo israeliano, dopo un accordo tra il segretario dell'Onu Kofi Annan e il segretario di stato Condoleezza Rice che affida il pattugliamento delle coste libanesi e il controllo dell'aeroporto di Beirut alle forze multinazionali, con un ulteriore limitazione delle sovranità libanese, ha annunciato la revoca a partire dalle diciotto di oggi, ora locale, del blocco aereo-navale che da 57 giorni sta soffocando il paese bloccando qualsiasi possibilità di ripresa e di ricostruzione. Israele però ha annunciato la sua intenzione di riservarsi il diritto di intervenire in qualsiasi momento per bloccare qualsiasi rifornimento alla resistenza libanese, anche sul confine siriano.
L'accordo raggiunto ieri dagli Stati Uniti, dal segretario generale dell'Onu e dal governo israeliano è giunto al termine di una giornata drammatica nel corso della quale il ministro degli esteri libanese Sallouk aveva annunciato la decisione di rompere l'embargo israeliano nelle successive 48 ore se la comunità internazionale non avesse posto fine al blocco. La decisione di ieri di affidare alle forze multinazionali il controllo dei porti e degli aeroporti dà un po di respiro al Libano, ormai allo stremo, ma al prezzo di un'ulteriore limitazione della sua sovranità e allo stabilirsi di una sorta di mandato coloniale sulla repubblica dei cedri con il governo di Beirut ridotto sempre più al rango di quello di Karzai in Afghanistan e di al Maliki in Iraq, con il relativo rischio di una rottura dell'unità nazionale e di un possibile uso del paese in un prossimo attacco Usa alla Siria e all'Iran. L'accordo di ieri ci riguarda direttamente in quanto configura un ulteriore allargamento del nostro impegno in Libano dal momento che il compito di fermare e ispezionare le navi dirette in Libano - con la possibilità di gravi incidenti con quelle battenti bandiera iraniana o siriana che non accettassero questo sopruso - è stato assegnato per il momento, come annunciato nel comunicato del governo israeliano, alle navi italiane, francesi e greche. Queste saranno poi sostituite in parte dalla marina tedesca mentre il controllo dell'aeroporto di Beirut sarà anch'esso affidato ai consiglieri militari e della sicurezza già arrivati ieri da Berlino.
L'accordo sul controllo delle coste libanesi sancisce e in qualche modo legittima a posteriori un'inedita concentrazione di forze militari occidentali al largo delle coste libanesi con un potenziale di fuoco del tutto sproporzionato rispetto al compito affidatole di proteggere le poche migliaia di soldati Unifil sul terreno ma assai congruo se si prevede invece un possibile, imminente, attacco americano-israeliano all'Iran e alla Siria. Si tratta, secondo i servizi israeliani di due portaerei con 75 cacciabombardieri, aerei spia ed elicotteri, di 15 navi da guerra - 7 francesi, 5 italiane due greche, 5 tedesche e cinque americane con migliaia di uomini e 1800 marines americani. In particolare la Francia ha in zona la portaerei Charles De Gaulle con i suoi 40 «Rafale» con un raggio di azione di oltre 3.000 chilometri e con altre 7 navi da guerra con 2.800 marines. Gli Stati uniti dispongono della «Uss Mount Whitney» che avrebbe uno dei più avanzati sistemi di comando e di comunicazione della marina, alla testa di una task force con circa 1.800 marines e cinque navi tra le quali la «Uss Barry», la «Uss Trenton», la «Hsv Swift» e la «Uss Kanawha». Il gruppo navale americano, chiamato «Task Force Lebanon» è guidata dal vice ammiraglio J Stufflebeem il quale sarebbe in grado di far arrivare qualsiasi elemento di intelligence a qualsiasi comandante americano in qualsiasi punto tra il Meditterraneo orientale, il Golfo e l'Iran. Al largo di Tiro incrocia poi la portaerei portaelicotteri Garibaldi con i suoi Harrier a decollo verticale e i suoi elicotteri Sikorski particolarmente adatti in funzione antisottomarini e anti-nave. Tutte queste forze, non certo parte di un'operazione di pace ma piuttosto di guerra, si aggiungono a quelle già presenti nell'area: la sesta flotta Usa con base in Italia, 15 navi lanciamissili israeliane con almeno sei sottomarini in grado di portare testate nucleari di fabbricazione tedesca, e la flotta Nato con navi da guerra del Canada, Gran Bretagna, Olanda, Germania, Spagna, Grecia e Turchia e quelle britanniche con base a Cipro. In questa situazione le navi Usa ed in particolare la «Uss Mount Whitney», pur costituendo il centro nevralgico operativo e di intelligence delle navi europee sono sotto l'esclusivo comando dell'ammiraglio Stufflebeem così come le forze Nato restano sotto l'Alleanza e sarà piuttosto difficile che Parigi, il prossimo febbraio, quando il generale Pellegrini lascerà il suo posto a capo dell'Unifil ad un generale italiano, affiderà a quest'ultimo anche il controllo della sua prestigiosa portaerei Charles De Gaulle. Una grande armada nella quale le nostre navi e i nostri soldati rischiano di pagare le conseguenze di politiche sulle quali non hanno alcuna influenza. Una Armada cha ha chiaramente come obiettivo la Siria e l'Iran. E che questo sia il prossimo obiettivo degli Usa e di Israele lo ha sostenuto ieri l'agenzia russa «Interfax» citando il vice capo del dipartimento per il Medioriente al ministero degli esteri, Vladimir Trofimov alla vigilia dell'arrivo nella regione del ministro degli esteri di Mosca, Sergei Lavrov.

Sul SOLE 24 ORE, Ugo Tramballi giunge a sostenere che con le sue non credibili minacce  Siniora ha dimostrato che quello libanese è un governo "forte", utile anche a Israele.
A Israele, e al Libano, sarebbe utile che Siniora fosse "forte" verso Hezbollah, verso la Siria e l'Iran; gli stati e le forze che sottragono la sovranità a Beirut, in vista della guerra a Israele.


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