L'America lo sta capendo: è necessario far fronte alla minaccia iraniana
ma la Francia si preoccupa di più dei discorsi di Bush
Testata: Corriere della Sera
Data: 07/09/2006
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Autore: Alessandra Farkas - Giuseppe Sarcina
Titolo: «L'America ha sbagliato bersaglio Avrebbe dovuto attaccare l'Iran» - Iran-Al Qaeda, Parigi critica Bush Ma la Germania sta con l'America

Dal CORRIERE della SERA del 7 settembre 2006, un'intervista di Alessandra Farkas all'analista americano Graham Allison:

NEW YORK — «Abbiamo sparato contro il bersaglio sbagliato. Avremmo dovuto colpire Mahmoud Ahmadinejad, non Saddam Hussein». A pronunciare questa battuta, serissima, è Graham Allison, direttore del Belfer Center for Science and International Affairs della prestigiosa John F. Kennedy School of Government di Harvard, uno dei massimi esperti americani di Medioriente. «Su una scala da uno a dieci, Saddam Hussein rappresentava al massimo uno come minaccia alla sicurezza internazionale», spiega al Corriere Allison, «eppure siamo andati in guerra contro l'Iraq, ignorando il vero nemico, l'Iran, che nella stessa scala di pericolo era già allora al nono posto». Crede che l'Iran arriverà presto a possedere le armi nucleari? «L'intelligence americana e il suo direttore Negroponte si ostinano a ripetere che l'Iran dista di 5-10 anni dal suo traguardo di ottenere l'atomica. Ma questi sono gli stessi servizi segreti che si sono sbagliati clamorosamente circa le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein». Quanto concreto è il pericolo? «Io credo che l'Iran si stia muovendo in contemporanea lungo due binari molto diversi. Il primo è alla luce del sole e riguarda i suoi sforzi d'arricchimento dell'uranio, per millantati scopi pacifici, nelle sedi di Isfahan e Natanz attualmente al centro della polemica con l'Onu. Il secondo è il programma clandestino per arrivare alla bomba, la cui tecnologia avanzata gli è stata venduta dal padre del nucleare pachistano, Abdul Qadeer Khan». Che cosa sappiamo di questo programma al massimo avrà la bomba nucleare clandestino? «I servizi segreti russi mi hanno riferito che l'Iran tra due anni al massimo avrà la bomba. Un pronostico secondo me ben più accurato di quello della loro controparte Usa». Di chi è la colpa? «La politica Usa nel primo mandato dell'amministrazione Bush è stata un fallimento totale perché ha ignorato l'Iran, permettendogli di lavorare indisturbato verso la sua meta per altri quattro anni. Frustrati dalla latitanza americana, gli europei hanno iniziato un processo di negoziati destinato a fallire perché l'Iran non farà mai un accordo solo con loro, quando il loro timore più grande è essere attaccati da Washington. Che ha teorizzato la guerra come metodo per eliminare l'asse del male». Cosa può fare a questo punto l'Occidente? «Dietro pressioni del Segretario di Stato Condoleezza Rice, l'amministrazione Bush ha finalmente realizzato che l'unica strada è unirsi ai negoziati allargati, insieme a Europa, Russia e Cina. Anche se stiamo parlando di palliativi». Cosa intende dire? «Che all'orizzonte potrebbe non esserci mai un accordo con l'Iran. Ma per saperlo la comunità internazionale deve mettere sul tavolo tutte le carote e tutti i bastoni che ha a disposizione. Il più cruciale di tutti è la sicurezza: l'assicurazione americana di non attaccare l'Iran per cambiarne il regime con la forza. È la carota che l'America deve impegnarsi a dare, insieme alla minaccia credibile di un devastante attacco da parte di Israele. Perché qualcuno deve pure tenere il bastone: diplomazia e forza devono marciare insieme. Ma l'obiettivo ultimo non è avere un'altra guerra, che sarebbe un disastro per tutti, come l'attuale». Vede paralleli tra Iran e Iraq? «Abbiamo gridato al lupo al lupo con Saddam e l'abbiamo attaccato perché minacciava di bruciare la nostra casa. Ma adesso davanti ad un pericolo reale ed enorme stiamo fermi. Un eccesso di precauzione che potrebbe rivelarsi fatale».

Sempre dal CORRIERE un articolo sulla risposta francese alla denuncia americana della minaccia iraniana.
Secondo Parigi dire la verità sul regime totalitario e terrorista degli ayatollah rischia di scatenare una "guerra di civiltà".
Come se non fosse piuttosto Ahmadinejad, con i suoi propositi di distruzione di Israele, il negazionismo di Stato, il sostegno al terrorismo e la continua violazione dei diritti umani all'interno della Repubblica islamica, ad aver dichiarato guerra alla civiltà.
Ecco il testo:

BRUXELLES — L'equazione di Bush («Iran come Al Qaeda») non piace all'Europa. Il più esplicito, come ai tempi della guerra in Iraq, è il governo francese. «Con frasi del genere corriamo il rischio di andare verso uno scontro di civiltà. L'Occidente non è il giudice del bene e del male», ha dichiarato il ministro Philippe Douste-Blazy, in un'intervista a «Radio Montecarlo». Più o meno nelle stesse ore a Teheran, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad si produceva in un altro numero in favore delle telecamere contro il leader americano.
In questo clima la diplomazia europea teme di perdere il filo di un possibile rilancio del negoziato per convincere il Paese degli ayatollah a sospendere l'arricchimento dell'uranio e abbandonare, dunque, la strada che potrebbe portare all'atomica. I 25 ministri degli Esteri Ue avevano incaricato Javier Solana, Alto rappresentante della politica estera e della difesa comune, di «esplorare» la possibilità di riavviare la trattativa. E per tutta la giornata di ieri si sono rincorse le notizie, tra Bruxelles e Vienna, su un possibile incontro tra Solana e il negoziatore iraniano, Ali Larijani. Si vedono? Non si vedono? Alla fine non è successo nulla. Gli iraniani, riferiscono alcune agenzie di stampa, hanno fatto saltare tutto all'ultimo momento. La tv di stato iraniana rilancia un'altra pista: il colloquio è stato rinviato a oggi e si terrà a Madrid. Oggi Larijiani è atteso nella capitale spagnola: fonti del governo di Zapatero annunciano un incontro con il premier e con il ministro degli Esteri, Miguel Angel Moratinos.
Masul faccia a faccia con Solana la ricostruzione dei fatti porta ad altre conclusioni. Primo punto: l'appuntamento non è stato annullato in extremis. Solana aveva già programmato la sua visita per oggi in Danimarca e il suo staff era già in viaggio per Berlino, dove ci sarà il vertice «tecnico» tra i cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia) più la Germania. Secondo: il faccia a faccia Solana-Larijani è già programmato e, probabilmente, sarà anche l'unico tra i due. Quando avrà luogo? La «finestra prevista» copre quattro giorni, da sabato 9 a martedì 12 settembre. Subito dopo, il 15 settembre, l'inviato Ue dovrà riferire al Consiglio dei ministri degli esteri, il 15 settembre a Bruxelles.
Nel frattempo oggi a Berlino i diplomatici discuteranno di possibili sanzioni economiche da adottare nei confronti dell'Iran. Gli Stati Uniti sono da tempo iper favorevoli a misure Onu contro il governo di Ahmadinejad. Ma qualcosa si sta muovendo anche negli altri Paesi. Il ministro degli esteri russo, Serghei Lavrov, annuncia che comincia a prendere in considerazione l'idea. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha dichiarato: «La comunità internazionale non starà a guardare mentre l'Iran viola le regole delle Nazioni Unite». Più esplicito l'ex ministro degli Esteri, il verde Joschka Fischer che, in un'intervista alla «Frankfurter Allgemeine Zeitung», invita l'Europa a proporre un «vero boicottaggio economico» e «a non aver paura delle reazioni» degli ayatollah. Anzi «una risposta dura indurrà gli iraniani a una maggior cautela». Per ora, comunque, gli europei aspettano Solana.

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