Una Norimberga per l'11 settembre: è la promessa di Bush
e intanto i neocon promuovono l'opzione militare con l'Iran
Testata: La Stampa
Data: 07/09/2006
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Le due facce del presidente - Bush ammette: la Cia aveva prigioni segrete - I neocon all’attacco

Dalla prima pagina della STAMPA, un editoriale di Maurizio Molinari:

UNA Norimberga per i criminali dell’11 settembre 2001. E’ questa la promessa che George W. Bush fa all’America annunciando il trasferimento nel carcere di Guantanamo di quattordici leader di Al Qaeda finora detenuti nelle prigioni segrete della Cia e la contemporanea richiesta al Congresso di approvare una legge ad hoc per processarli «in nome della legge».
Il passo compiuto dal presidente americano ha tre dimensioni - giuridica, militare e politica - ed apre una finestra sull’America impegnata a ricordare il quinto anniversario dell’attacco.
Sul piano giuridico la volontà è di cancellare i dubbi sulla legittimità di alcuni strumenti della guerra al terrorismo - sequestri, trasferimenti, detenzioni ed interrogatori - ponendo le basi con la legge sui «Processi militari contro Al Qaeda» alla possibilità di condannare gli atti di terrorismo come crimini di guerra. E’ il primo passo verso la creazione dei nuovi codici tesi a punire singoli e gruppi che si organizzano al di fuori di entità statuali per commettere stragi e massacri di civili. Giuristi e politologi liberal come Alan Dershowitz e Michael Walzer da tempo ritengono necessario «adattare il diritto alla minaccia del terrorismo». Se la categoria dei «crimini contro l’umanità» vide la luce a Norimberga nel 1946 per processare i gerarchi nazisti responsabili di crimini che non avevano precedenti nella Storia, adesso sarà il processo a Khalid Sheik Mohammed, Ramzi Binalshib, Abu Zubayda e altri 11 leader di Al Qaeda ad adattare la definizione di crimine a quanto venne commesso l’11 settembre e continua a essere pianificato dalle cellule della galassia jihadista.
Sul piano militare preannunciare una Norimberga per Al Qaeda significa avvalorare la lettura del conflitto in atto come uno scontro globale fra democrazia ed islamofascismo. Se le sentenze di Norimberga oltre a condannare i responsabili dei più efferati crimini del Novecento sancirono un giudizio senza appello nei confronti dell’ideologia nazifascista, il processo per l’11 settembre è destinato a fare altrettanto con l’ideologia della Jihad contro «ebrei e crociati» concordata da Osama bin Laden ed il vice Ayman al-Zawahiri nel 1998.
Ma c’è anche una dimensione politica, tutta americana. Pochi giorni dopo il crollo delle Torri Gemelle, Bush parlò di fronte al Congresso in seduta congiunta e fece una promessa alla nazione ferita: «Porteremo i terroristi di fronte alla giustizia o la giustizia dai terroristi». Prima di lasciare la Casa Bianca alla fine del 2008, Bush vuole dimostrare ai concittadini di non venir meno a nessuno degli obblighi che si è assunto. E così facendo rilancia la sua immagine di difensore dell’America alla quale resta legata la sorte politica dei repubblicani alle elezioni di novembre per il Congresso come anche la possibilità di difendere la Casa Bianca nel 2008 dall’assalto dell’opposizione democratica, che in questo momento gode di un solido vantaggio nei sondaggi.

Da pagina 7,  la cronaca, del discorso di Bush. Va sottolineato il fatto che Bush ha recisamente negato l'uso della tortura nei confronti dei terroristi.
Molinari riporta la smentita, mentre altri quotidiano trasformano il discorso del presidente americano in una "ammissione di colpa" che non è mai avvenuta.
Ecco il testo:

«Processeremo i leader di Al Qaeda dando loro i diritti previsti dalla Convenzione di Ginevra». Parlando per meno di trenta minuti dalla East Room della Casa Bianca il presidente americano, George W. Bush, ha fatto sapere all'America che i responsabili dell'11 settembre saranno processati in tribunale. A pochi giorni dal quinto anniversario degli attacchi contro New York e Washington, Bush ha voluto fare chiarezza sugli aspetti giuridici della guerra al terrorismo.
Le ammissioni.
Primo: la Cia dispone di prigioni segrete in diverse località del mondo dove ha detenuto finora 14 leader di Al Qaeda responsabili o coinvolti negli attacchi lanciati contro gli Usa a partire dall'agosto 1998, quando saltarono in aria le ambasciate in Kenya e Tanzania. Secondo: i 14 super-terroristi saranno spostati nel carcere della base militare di Guantanamo, sull'isola di Cuba, dove potranno ricevere visite della Croce Rossa Internazionale ed incontrare i loro avvocati. Terzo: se altri leader terroristi verranno catturati, torneranno ad essere detenuti nelle prigioni della Cia. Quarto: l'amministrazione proporrà al Congresso di approvare una legge per l'istituzione di «Tribunali militari speciali» al fine di «processare i prigionieri di guerra» catturati dopo l'11 settembre 2001. Quinto: quando i processi saranno terminati, Guantanamo si svuoterà e «potrà essere chiusa» perché «non abbiamo alcuna voglia di essere la prigione del mondo».
«Mai avvenute torture»
La raffica di annunci mette odine nell'approccio legale dell'amministrazione al conflitto con Al Qaeda ed è stata costellata da numerose risposte alle critiche sollevate dai democratici sul mancato rispetto della Convenzione di Ginevra e delle leggi nazionali che impediscono le torture: «Nelle prigioni segrete della Cia non sono avvenute torture»; «Abbiamo ottenuto le informazioni usando tecniche di interrogatorio che non posso rivelare per non agevolare i terroristi, bisogna tenere presente che la migliore fonte di informazione ai terroristi in fuga sono i terroristi stessi»; «Sono state rispettate le leggi degli Stati Uniti ed i trattati internazionali a cui aderiamo»; «Verrà rispettata la sentenza della Corte Suprema che ha chiesto di far approvare dal Congresso una legge sui tribunali militari per processare i nemici combattenti».
Ma è stata la parte iniziale del discorso quella che più ha toccato le corde di una nazione già immersa nel ricordo delle 2973 vittime dei quattro aerei-missile guidati dai kamikaze di Al Qaeda.
La ricostruzione
Bush infatti ha ricostruito, passaggio per passaggio, i momenti chiave della guerra di intelligence combattuta in segreto degli ultimi anni. Ecco il racconto denso di eventi finora inediti: «Catturammo Abu Zubayda, stretto aiutante di Osama bin Laden, dopo averlo seriamente ferito in Afghanistan. Fu la Cia a salvargli la vita. Una volta ripresosi, si limitò a darci pochi nomi prima di cessare di collaborare, ma questo bastò per svelare che "Lukhtar" era Khalid Sheik Mohammed, il presunto regista dell'11 settembre catturato poi in Pakistan nel 2003. A sua volta fu Khalid Sheik Mohammed a darci le informazioni per catturare Ramzy Binalshib, anch'egli coinvolto nella pianificazione dell'11 settembre. Sempre Sheik Mohammed ci mise in grado di catturare Majd Khan e da lui arrivammo ad Hambali, leader della Jamaah Islamya in Estremo Oriente, al fratello di Hambali e quindi ad un piano che puntava ad usare 17 terroristi per colpire l'America, forse con aerei». Abu Zubayda, Khalid Sheik Mohammed e Ramzi Binalshib «saranno processati appena il Congresso - ha detto Bush - avrà approvato la legge sui tribunali militari» e con loro saranno messi alla sbarra altri 11 leader di Al Qaeda il cui nome resta coperto segreto.
I piani sventati
Saranno chiamati a rispondere degli attentati del 1998, dell'attacco contro la nave da guerra Uss Cole nelle acque dello Yemen nel settembre 2000, dell'11 settembre ed anche degli altri piani terroristici sventati negli ultimi anni grazie alle informazioni ottenute durante gli interrogatori della Cia. «Alcuni di questi nuovi piani di attacco - ha sottolineato il presidente - prevedevano di essere lanciati dal territorio degli Stati Uniti».
Riguardo al progetto di legge si tribunali militari in arrivo al Congresso, portavoce della Casa Bianca hanno spiegato che prevede la possibilità di negare l'accesso a singole prove da parte dell'accusato se ciò sarà necessario per proteggere informazioni vitali per le sicurezza. Ed è proprio attorno ai dettagli della nuova legge che i democratici preannunciano battaglia a Capitol Hill.

Riportiamo infine un articolo sulla richiesta di una credibile minaccia militare all'Iran , avanzata dal direttore del Weekley Standard Bill Kristoll.
Ecco il testo:


E’ arrivato il momento di una War Resolution contro la Repubblica Islamica dell’Iran». E’ stato Bill Kristol, direttore del Weekly Standard e nome di punta dei neoconservaori, a dire ciò che molti repubblicani hanno maturato negli ultimi mesi: bisogna chiedere al Congresso di assegnare al presidente il potere di ricorrere alla forza contro l’Iran se ciò sarà necessario per tutelare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. «Bush deve disporre di una minaccia credibile nei confronti di Teheran per obbligarla a rinunciare al nucleare» dice Kristol.
Sebbene la Casa Bianca non abbia neanche degnato l’opinonista neocon di una risposta e senatori repubblicani fedelissimi del presidente Bush - come Rick Santorum della Pennsylvania e Sam Browback del Kansas - abbiano scelto d mantenere il basso profilo, il tam tam di Washington suggerisce che la provocazione lanciata da Kristol dagli schermi della Fox News cela la convinzione di un sempre maggior numero di leader conservatori: l’esito non solo delle elezioni del 7 novembre per il Congresso ma anche di quelle ben più importanti del 2008 per la Casa Bianca è legato alla partita iraniana. Se Bush riuscirà a trovare una soluzione di alto profilo alla minaccia nucleare iraniana - con mezzi diplomatici, di intelligence o anche militari - i 61 milioni di conservatori che lo elessero nel 2004 torneranno a fare quadrato. Se invece il caso-Iran dovesse restare irrisolto i candidati repubblicani alla presidenza nel 2008 rischierebbero di essere bersagliati dall’offensiva di quei leader democratici centristi - da Mark Warner a Hillary Clinton, da Evan Bayh a Tom Wilsak - secondo i quali la guerra in Iraq è stata sbagliata perché ha portato l’America a sottovalutare la minaccia iraniana. Karl Rove, consigliere politico di Bush ed architetto della vittoria del 2004, sin da giugno ha consigliato al presidente di tornare a cavalcare il tema della lotta al terrorismo - l’unico sul quale la grande maggioranza degli americani è ancora con lui - evitando di dover continuare a difendersi dalle critiche dei democratici sull’Iraq.
Da qui anche il cambiamento di marcia delle feluche del Dipartimento di Stato, da John Bolton a Nicholas Burns, che hanno iniziato a parlare con maggiore chiarezza della necessità di adottare «sanzioni molto robuste». A sostegno delle ragioni di Kristol e Rove ci sono anche i nuovi memorandum dell’intelligence secondo i quali Teheran potrebbe arrivare alla bomba entro un massimo di cinque anni: se Bush dovesse lasciare questa patata bollente a chi lo sostituirà alla Casa Bianca rischierebbe di restare negli annali come il presidente che ha commesso l’errore più grave della guerra al terrorismo da lui stesso iniziata abbracciando un anziano pompiere sulle macerie fumanti di Ground Zero la mattina del 14 settembre 2001. \

Cliccare sul link sottostante per inviarte una e-mail alla redazione della Stampa

lettere@lastampa.it