Così l'Italia si divide sulla missione in Libano e su Israele
Renato Manheimer commenta un sondaggio
Testata: Corriere della Sera
Data: 05/09/2006
Pagina: 8
Autore: Renato Mannheimer
Titolo: Unione e Polo: spaccatura trasversale sulla missione
Dal CORRIERE della SERA del 5 settembre 2006

Riguardo alla missione in Libano la popolazione si divide quasi esattamente a metà: 50% favorevoli, 47% contrari (ricerca Ipsos). Una spaccatura che sembrerebbe effetto della ripartizione degli schieramenti politici nell'elettorato. Ma è solo in parte così: in entrambi gli schieramenti si trovano ampie aree di dissenso verso la rispettiva posizione maggioritaria. Nel centrosinistra, il 63% è favorevole, ma il 36% esprime disaccordo con l'invio dei soldati. Nel centrodestra, alla maggioranza di dissenzienti (55%) si contrappone una quota amplissima (43%) di accordo con la missione. In realtà, più che dalla preferenza di partito, il giudizio dipende dalla collocazione sociale e, specialmente, dal livello di istruzione: sono più favorevoli gli strati «centrali» (imprenditori, professionisti, dirigenti, laureati) e più contrari i «marginali» (casalinghe, anziani, bassi titoli di studio).
Un quadro analogo emerge se, al di là del giudizio sull'opportunità della missione, ci si interroga sul suo significato e sui fini della stessa. La grande maggioranza, quasi due cittadini su tre, concorda sul fatto che si tratti di una missione «di pace». Quest'ultima, genericamente intesa, si conferma come un valore — e un auspicio — assai condiviso e diffuso tra gli italiani.
Ma c'è — nell'opinione pubblica e nel mondo politico — una netta divergenza su cosa significhi in concreto «missione di pace». Alla maggioranza relativa (45%) che ritiene che i soldati debbano soprattutto «proteggere il Libano dagli attacchi di Israele», si contrappone una quota quasi analoga (41%) che è del parere che l'obiettivo principale sia invece «disarmare i fondamentalisti arabi». Anche in questo caso, la differenziazione non dipende tanto dall'orientamento politico: l'atteggiamento più antisraeliano è solo lievemente (50% versus 40%) più accentuato nel centrosinistra e di stretta misura (48% versus 41%) minoritario nel centrodestra. Peraltro, un quadro simile emerge anche dal quesito posto da Ipsos che conferma il prevalere delle posizioni filoisraeliane nel centrodestra e di quelle opposte nel centrosinistra ed evidenzia, al tempo stesso, la presenza, all'interno dell'una e dell'altra coalizione, di ampie aree di parere opposto.
In definitiva, l'atteggiamento di maggiore o minore condivisione per le ragioni di Israele o dei palestinesi e la conseguente diversa interpretazione sui fini della missione, danno luogo a una frattura, che si manifesta tra i votanti per entrambi gli schieramenti. Si tratta di una ripartizione inedita nell'elettorato, legata specialmente al livello personale di conoscenza e di competenza sulla storia e sulle circostanze che hanno portato al conflitto. E' una contrapposizione che potrebbe non avere rilievo se, come tutti ci auguriamo, la nostra missione di pace avrà successo. Ma, se malauguratamente accadesse il contrario, questo conflitto trasversale di opinioni potrebbe dar luogo a contraddizioni nuove nel nostro scenario politico.

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