In Libano per difendere Israele
lo dice il segretario dei DS Fassino, ma nella maggioranza di governo non tutti la pensano così
Testata: Corriere della Sera
Data: 28/08/2006
Pagina: 6
Autore: Roberto Gressi - la redazione
Titolo: Tuteleremo Israele da chi vuole distruggerlo - Israele ed Hezbollah I Comunisti italiani attaccano Fassino
Dal CORRIERE della SERA del 27 agosto 2006, un'intervista al segretario dei Ds Piero Fassino, in gran parte incentrata su temi di politica estera  e sulla missione in Libano:

ROMA — Fassino è l'unico tra i grandi leader del centrosinistra a non essere nel governo, fa il segretario del partito con più voti e parlamentari nella coalizione e, a suo dire, ci sta bene. In politica è l'altura ideale dalla quale tenere sott'occhio (o sotto tiro) gli alleati, ma non è nello stile di Piero: lui semmai si ritaglia un ruolo di tutore operoso di una maggioranza che ha superato le prime prove internazionali e che ora, pronta o non pronta, sta per gettarsi nella giostra della Finanziaria.
Il segretario ds incassa il successo dell'operazione Libano, rivendica la politica europeista del governo e rifiuta ogni distanza dagli Usa, sostiene che l'esistenza e la sicurezza di Israele non sono negoziabili, vuole dall'Iran garanzie sull'uso solo civile della tecnologia nucleare. Apprezza la fusione tra Intesa e Sanpaolo e plaude al cambio di strategia e di stile del governatore Draghi rispetto ad Antonio Fazio. E' convinto che la maggioranza supererà indenne la Finanziaria e allora, pensa, si potrà allargare la base parlamentare, soprattutto al Senato. Come? Porte aperte ai parlamentari che vogliono venire.
Domani il governo dà il via libera, martedì i soldati partono, con il sostegno di quasi tutto il Parlamento.
«L'iniziativa politica del governo ha ottenuto un risultato che fino a poche settimane fa pareva impossibile: un impegno forte dell'Ue nel guidare la presenza Onu in Medio Oriente per fermare i conflitti e avviare una soluzione politica ai tanti problemi a partire dalla vicenda israelo-palestinese. Senza la determinazione dell'Italia l'avvio della missione avrebbe avuto vita travagliata. Per primi abbiamo risposto all'appello di Annan, ottenuto il sì del Parlamento, spinto altri paesi alla scelta. L'Europa recita, ora come gli Usa, un ruolo decisivo per la stabilità in Medio Oriente. È il frutto di una visione generale dell'italia apprezzata dalla Rice e Annan, da Solana e da tutti i governi europei».
I soldati sono la strada per la pace? molti nel mondo pacifista, tra cui Gino Strada, non ci credono.
«L'Onu umiliato dalla vicenda irachena torna protagonista: non si va lì a fare la guerra ma a impedirla. Mentre infuriava la guerra tutto il mondo ha chiesto il cessate il fuoco e l'Onu. La pace non basta invocarla, bisogna costruirla. All'indomani della pace nei Balcani sapevamo che la situazione era delicatissima. Ma i soldati mandati lì hanno spezzato una spirale di odio. Da allora nei Balcani non ci sono stati più conflitti. Solo sul campo si può impedire la guerra. E con la politica, una strategia che dia stabilità e sicurezza dal mediterraneo all'Afghanistan».
Ma lì c'è anche l'Iran che non ferma il programma nucleare: l'Italia con D'Alema chiede di avere un ruolo nel trattare. E la via delle sanzioni?
«E' evidente che se l'Italia manda tremila soldati in Libano ha diritto di avere voce in capitolo anche sulla vicenda iraniana che alla stabilità del Medio Oriente è strettamente connessa. E' indispensabile ottenere dall'Iran garanzie per l'uso solamente pacifico del nucleare. E al tempo stesso rilanciare il trattato di non proliferazione delle armi atomiche: è un doppio binario che rende più credibile la trattativa con l'Iran».
Bertinotti dice che la politica estera cambia. Altri a sinistra la paragonano a quella di Andreotti.
«Forzature di politica interna. L'Italia ora è protagonista con l'Europa. Prima non lo era. La missione in Libano non è buona perché senza gli Usa, è buona perché c'è una guida Europea in piena sintonia con gli Usa. Con la caduta del muro non è venuto meno il carattere strategico del rapporti atlantici. Ma Berlusconi si fermava a un'intesa solitaria dell'Italia con Bush, ora il rapporto è tra Unione europea e Stati Uniti».
Ma lì andiamo a disarmare gli Hezbollah o no?
«Molti parlano senza aver letto la risoluzione 1701 dell'Onu. Prevede il disarmo di tutte le milizie, Hezbollah compreso, impegna il governo libanese a farlo e dice che la forza Unifil sta lì per assistere il governo di Beirut anche in questo compito. Obiettivo: basta con le armi e l'accettazione anche da parte degli Hezbollah della politica e delle sue regole, trasformandosi in un soggetto solo politico così come è avvenuto per l'Ira in Irlanda e per l'Eta nei Paesi Baschi. ma naturalmente è un processo politico che non avviene in qualche settimana».
Victor Magjar la ringrazia per la vicinanza ma dice che a sinistra e anche nei Ds c'è un fronte antisraeliano: non capite, dice, che ci vogliono cancellare?
«Negli ultimi mesi ci sono state cose che non soltanto hanno messo in dubbio la sicurezza di Israele ma hanno anche fatto emergere il rischio che se ne mettesse in dubbio l'esistenza. Quando il presidente iraniano usa le parole farneticanti che ha usato, quando un movimento politico e militare come Hezbollah predica e pratica la distruzione di Israele, quando gli oltranzisti dentro Hamas dicono che non riconoscono Israele e che non si siederanno a nessun tavolo per trattare con gli israeliani è chiaro che si segna un salto di qualità nel pericolo: non è più in discussione la sicurezza ma l'esistenza. Siamo netti e chiari, come lo è stato tutto il governo a partire da D'Alema. L'esistenza e la sicurezza di Israele è un fatto irrinunciabile e non negoziabile. I nostri soldati in Libano non vanno soltanto a garantire che il governo di Beirut sia pienamente sovrano e possa predisporre lo smantellamento di Hezbollah, ma anche per tutelare Israele da chi lo voglia distruggere. Non c'è dubbio. Le posizioni equivoche sono sono minoritarie a sinistra, minoritarissime nei Ds. Nessuno può farci cambiare opinione: queste frange sbagliano e condurremo contro di loro battaglia politica determinata».
L'opposizione, tranne forse la Lega, dice sì alla missione.
«Mi rallegro, è un segno di responsabilità. C'è la consapevolezza che l'Italia non può sottrarsi. Il fatto che tutto il Parlamento sostenga la missione consente ai nostri soldati di assolvere al loro compito con maggiore serenità e autorevolezza. Anche se all'inizio Berlusconi credeva davvero che il centrosinistra non sarebbe stato unito e si preparava a denunciare l'inadeguatezza del governo. La nostra coesione lo ha spiazzato».
La spallata è scongiurata a metà, ora avete la Finanziaria.
«Quello che disse Prodi all'atto dell'insediamento del governo si realizza: una scossa positiva al Paese l'abbiamo data. Cresce la fiducia, l'Italia si rimette in movimento. Realizzeremo gli obiettivi di Padoa Schioppa: ridurre deficit e debito, rilanciare gli investimenti produttivi e infrastrutturali per giungere al più presto a una crescita del due per cento annuo, e avviare operazioni redistributive che tutelino di più i redditi medio-bassi. L'ambizione è portare il deficit sotto il 3% entro il 2007 in linea con Maastricht».
Vi accusano di volere un fisco giustizialista.
«Nessuno di noi è ispirato dalla voglia di punire o perseguitare. Il fisco serve non a colpire qualcuno ma a finanziare i servizi pubblici. Noi vogliamo una politica fiscale giusta sulla base dei redditi effettivi e le risorse le vogliamo recuperare non aumentando le tasse a chi già le paga ma facendole pagare a chi evade».
Rutelli propone la cedolare secca per affitti e vuole escludere regimi differenziati per i Bot.
«Discutiamo, non ho un approccio ideologico sulle tasse, non sono tra quelli che pensano che servano a punire i ricchi. Per esempio l'ottanta per cento degli italiani ha una casa di proprietà: bisogna tenerne conto per non penalizzare chi si è comprato una casa con i risparmi di una vita».
Mettiamo che ci riusciate: Finanziaria approvata. E poi? La maggioranza va allargata e meglio tenerla esigua, che, come dice Prodi, è più sexy?
«In qualsiasi Paese una maggioranza che governa se può allarga i suoi confini, tanto più se come in Italia c'è un vantaggio esiguo come quello del Senato. Penso ad allargare la maggioranza che ha vinto le elezioni, non a cambi alleanze, che negherebbero la scelta fatta dagli elettori. Porte aperte se qualcuno vuole venire nel centrosinistra sulla base di un accordo sulle cose da fare, non su logiche puramente politiche o di schieramento. Grandi coalizioni da An ai Ds? Visco con Tremonti? Via, è impensabile».
E la fusione bancaria tra Intesa e Sanpaolo?
«Tutti sanno che la fragilità del nostro sistema bancario consiste nelle minori dimensioni: c'è il rischio di scalate da parte di banche straniere e minore competitività. Unicredito è stata la prima a fare un passo importante. Adesso l'accordo tra Intesa e Sanpaolo segna un salto di qualità significativo. Crea un grandissimo gruppo che farà leva soprattutto sull'enorme forza produttiva e finanziaria del nord ma che ha un radicamento forte anche nel mezzogiorno. Un'operazione che solleciterà gli altri gruppi italiani a muoversi. tutto a vantaggio di un irrobustimento del sistema».
Che giudizio dà sul nuovo corso di Bankitalia rispetto all'era Fazio?
«Molto positivo: la fusione è stata possibile perché qualcosa è cambiato. Draghi ha dato alla Banca d'Italia un profilo di certezza, imparzialità e determinazione. Ha aiutato, incoraggiato e sollecitato questo processo, come del resto ha fatto il governo».
Si parla di insoddisfazione in settori dei Ds, di una scelta che vi ha tagliato fuori
«E' una tesi ridicola, anche perché le banche devono compiere le loro scelte sulla base del mercato e di strategie di impresa. E la politica deve valutarle solo sulla base di questi parametri. L'accordo Sanpaolo-Intesa innova e irrobustisce il sistema bancario italiano e i Ds lo apprezzano proprio per questo.
Ci sono preoccupazioni per il Monte dei Paschi di Siena? il senatore diessino Latorre dice che se non si muove rischia l'Opa.
«E' evidente che la sfida dei mercati impone a tutte le banche di darsi dimensioni adeguate, tantopiù dopo la fusione Sanpaolo-Intesa. Vale per Montepaschi, per Capitalia e per molte altre banche che rischiano se non crescono.

Di seguito il commento dei Comunisti italiani alle apprezzabili parole di Fassino:

I Comunisti italiani attaccano Piero Fassino: «La posizione del governo sulla missione in Libano non è quella espressa da Fassino, che risulta sbilanciata e per certi versi assurda». Il segretario dei Ds aveva spiegato al Corriere che «i nostri soldati in Libano non vanno soltanto a garantire che il governo di Beirut sia pienamente sovrano e possa predisporre lo smantellamento di Hezbollah, ma anche per tutelare Israele da chi lo voglia distruggere».
Jacopo Venier, responsabile esteri del Pdci, commenta: «Scopriamo con grande preoccupazione che Fassino condivide con Berlusconi l'idea che si debba andare in Libano per "smantellare Hezbollah", e cioè per fare una guerra aperta contro una componente essenziale della politica e del governo libanesi. Al contrario Prodi e D'Alema hanno chiarito che la missione servirà a garantire il cessate il fuoco ed affrontare l'immensa catastrofe umanitaria generata dai bombardamenti a tappeto scatenati da Israele». Del resto, conclude, «la sicurezza di Israele verrà dalla presenza di forze internazionali, anche a Gaza e in Cisgiordania, che garantiscano la nascita dello Stato di Palestina».

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