Ad Assisi anche l'Ucoii "marcia per la pace"
e non mancano i ritrattti di Hassan Nasrallah
Testata: Corriere della Sera
Data: 27/08/2006
Pagina: 3
Autore: Fabrizio Roncone
Titolo: L'Ucoii alla marcia d'Assisi: l'ira della comunità ebraica
Dal CORRIERE della SERA del 27 agosto 2006:

ASSISI — Chi le ha frequentate, sa che erano giornate pazzesche. Di bolgia e di euforia. Di traffico bloccato e di pullman — i drappi con l'arcobaleno pacifista fuori dai finestrini — in coda. Con il profumo della porchetta calda e croccante già alle 9 del mattino e con i boy-scout che ti mettevano in fila, su per i vicoli: il primo con la chitarra e tutti gli altri dietro, a cantare una di quelle loro canzoni che poi rimpiangi di non essere mai stato nemmeno lupetto.
Questo sabato mattina, invece, si risalgono i gradoni del centro storico in silenzio. Plotoncini di turisti texani storditi dalla bellezza del panorama. Polacchi a caccia di rosari. Spagnoli che chiedono quale sia il ristorante migliore. Te lo chiedono senza interrogarsi sulle voci che rimbombano, quasi un eco che rotola giù dal teatro della Cittadella.
La voce di Flavio Lotti, autentica anima mediatica per la Tavola della Pace, che organizza anche questa Marcia straordinaria, giunge forte e polemica: «Noi non manifestiamo contro qualcuno. Noi, oggi, vogliamo solo discutere insieme, provare a fare qualcosa in più per la pace in Medio Oriente».
Davanti all'ingresso del teatro s'incontrano pattuglie di cronisti con il taccuino pieno di nomi. Tutti, d'altra parte, eravamo un po' venuti con l'idea di stilare l'elenco dei presenti e soprattutto degli assenti. Defezioni annunciate, motivate — da Gino Strada di Emergency a don Alex Zanotelli, dal verde Paolo Cento all'ex di Rifondazione Marco Ferrando. Ma tutti volevamo capire quanto questo movimento pacifista italiano fosse in crisi. E lo è, sicuro che lo è. La sensazione è precisa, sulla soglia del teatro.
Poi lo sguardo scorre sulla piccola folla e ciò che toglie il fiato, subito, è una fotografia, un'immagine. Il cronista e il cameraman de La7 la fermano e ora, se non l'avete vista in qualche tiggì, proviamo a descriverla: tre manifestanti tengono a tracolla grandi fotografie. Foto numero 1: la faccia barbuta di Hassan Nasrallah, gran capo di Hezbollah, con la scritta: «Il leader della dignità araba». Foto numero 2: è l'immagine che ha già fatto il giro del mondo. Ci sono bambini che mettono la firma sulle testate di alcuni missili. Il testo: «I bambini israeliani mandano regali ai bambini palestinesi». I tre manifestanti sostano indisturbati nello struscio di bandiere arcobaleno che si fondono a quelle di Rifondazione, Comunisti italiani, Ds. Parrebbe già abbastanza, ma ecco la faccia di Mohamed Nour Dachan, il presidente dell'Ucoii, l'Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche italiane, che sabato scorso, su un annuncio a pagamento pubblicato da Resto del Carlino, Nazione, Giorno e Qn, equiparava le stragi provocate dall'esercito israeliano a quelle volute dai nazisti e che ora, per tali accuse, è al centro di un'indagine aperta dalla Procura di Roma. «Un atto dovuto», dice Nour Dachan, che domani siederà al tavolo della consulta per l'Islam italiano, convocata dal ministro per l'Interno Giuliano Amato. Alza le spalle: «Non sono mai mancato a una manifestazione per la pace. Basterebbe questa mia abitudine a spiegare la mia presenza qui». No, non basta. La notizia di questa sua presenza rimbalza da Assisi fino a Gerusalemme. Nei vicoli di pietra della città di Francesco giunge così la voce cupa di Leone Paserman, il presidente della comunità ebraica di Roma. «Sono profondamente amareggiato. Certe presenze e certi striscioni fotografici sono inquietanti, ma, a ben pensarci, non troppo sorprendenti... è chiaro, infatti, che una certa sinistra vede di buon occhio una politica irrealista, per niente equa né vicina. Di parte? Assolutamente filopalestinese. Questa imbecillità politica mi rende infelice e pessimista».
Il corteo, mentre Paserman parla al cellulare, ad Assisi vien giù per il vicolo più largo. C'è un sole caldo. Un vento che stende bene lo striscione d'apertura, «Forza Onu», e il gonfalone che segue, quello del Comune di Monterotondo, dove abitava Angelo Frammartino, il volontario ucciso a Gerusalemme. Sono immagini che Yasha Reibman, portavoce e vice-presidente della comunità ebraica milanese, si fa descrivere: «Dovrei meravigliarmi? E' una vergogna che conosco. Eppure, una curiosità ce l'ho. Posso fare una domanda? I politici presenti cosa dicono?».
Parlano d'altro. Il segretario di Rifondazione, Franco Giordano. Quelli della Margherita, Pierluigi Castagnetti e Luigi Bobba. La verde Paola Balducci. E poi i diessini Marina Sereni e Giuseppe Giulietti e Leoluca Orlando, dell'Italia dei Valori. Parlano di Nazioni Unite, di caschi blu. Di quanto sia giusto intervenire.
Il corteo è arrivato davanti alla Basilica Superiore. Nel piazzale hanno steso un gigantesco tappeto rosso. L'idea è quella di rappresentare una macchia di sangue. Allora la gente comincia a sfilarsi le scarpe e a lasciarcele sopra. Succede così, è questa la scena, spiegano, dopo un bombardamento. Ma in Libano è diverso. Il sangue è vero. Le scarpe dei morti sono vere.

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