D'Alema ribadisce tutti i suoi errori
un'intervista sconfortante
Testata: La Repubblica
Data: 27/08/2006
Pagina: 11
Autore: Tobias Piller
Titolo:
Massimo D'Alema ribadisce le critiche a  Israele ("reazione esagerata"), il rifiuto di impegnare le truppe  onu nel disarmo di Hezbollah e nel contrasto al passaggio dalla Siria di armi destinate al gruppo terroristico (compiti, afferma, dell'esercito libanese, che non si è mai preoccupato di assolverli), il "dialogo" come  strategia privilegiata  per risolvere il contenzioso sul nucleare iraniano  (la stessa strategia che finora non ha prodotto nessun risultato).

Per D'Alema, inoltre,  terrorismo e fondamentalismo  sono conseguenze della "questione palestinese" (e non viceversa: in realtà è solo per il fondamentalismo e per il terrorismo che ancora non esiste uno Stato palestinese)


Di seguito, il testo dell'intervista a Tobias Piller, pubblicata da La REPUBBLICA del 27 agosto 2006:

Ministro D´Alema, la politica italiana nei confronti del Libano e di Israele appare piuttosto ambiziosa, in particolare su tutte le questioni relative alla creazione della forza di pace Onu. È un´impressione corretta?
«La nostra speranza è che ci sia un altro paese ancor più ambizioso. Auspichiamo che l´impegno in Libano sia visto come missione europea e che tutti, a proprio modo, diano un contributo importante».
Qual è la posta in gioco in Libano?
«Si tratta di una grande opportunità per l´Europa, che in Medio Oriente non ha mai avuto gran peso e ha soprattutto pagato, godendo di minor riconoscimento come parte in gioco. L´Europa potrebbe ora contribuire alla stabilizzazione del Libano e a creare un nuovo rapporto con Israele. Israele deve quindi prendere parte ad un processo di pace che offre anche garanzie per la sua sicurezza».
Che aspetto deve avere il nuovo scenario della politica internazionale?
«Si tratta di dare un contributo alla pace in un nuovo ambito, in cui l´Onu torni ad aver peso e l´Europa torni ad aver peso. Nello scenario iracheno né l´Onu né l´Unione Europea avevano un ruolo. Ora non dobbiamo farci sfuggire questa nuova opportunità. Ma in questa questione abbiamo bisogno anche di un grande sostegno politico da parte del governo tedesco».
Però proprio in Germania si levano molte voci contrarie ad una missione al confine israeliano.
«Lo comprendiamo perfettamente, ma la Germania può fornire un contributo in altro modo. Non si tratta solo di inviare truppe. In fin dei conti ci sono i profughi da aiutare e il Libano va ricostruito. L´importante è che nelle discussioni politiche anche il governo tedesco sia convinto che ora tocca all´Europa. Inoltre i contatti con il ministro degli esteri Steinmeier e tra il premier Prodi e la Merkel sono ottimi. Collaboriamo nel modo migliore».
Però si ha la vaga impressione che l´impegno attuale dell´Italia in Libano serva a far dimenticare il ritiro dall´Iraq.
«Cosa vorrebbe dire, che abbiamo architettato la guerra in Libano per trovare un nuovo spazio di intervento? Abbiamo un buon alibi. Perché il ritiro dall´Iraq è stato annunciato prima che si giungesse alla crisi libanese. Nel ritiro dall´Iraq inoltre ci siamo mossi con tale prudenza che il governo ci ha ringraziato».
Una volta giunti in Libano Hezbollah deve essere disarmato?
«La risoluzione Onu dice anche che l´esercito libanese deve disarmare Hezbollah e che noi dobbiamo fornirgli appoggio».
È sufficiente questo mandato a diminuire la quantità di armi nella regione dopo un certo periodo di tempo?
«Se ci si impegna saggiamente si può sperare che la tensione si riduca, che i fattori di conflitto si riducano. Ma la missione è difficile, densa di fattori sconosciuti. Vale però la pena di impegnarsi, altrimenti l´unica possibilità è che la guerra divampi di nuovo».
Anche il confine siriano deve essere sorvegliato?
«La risoluzione non lo prevede. Ma è chiaro: dobbiamo evitare che in Libano entrino armi da una qualche parte. È compito dell´esercito libanese sorvegliare il confine con la Siria. Inoltre occorre rivolgersi direttamente e con fermezza alla Siria con l´auspicio che questo paese collabori all´attuazione della risoluzione. Il confine deve in ogni caso essere tenuto sotto osservazione. Qui in qualche modo la Germania potrebbe essere d´aiuto e appoggiare l´esercito libanese, perché non si tratta del confine con Israele».
Gli aderenti a Hezbollah potrebbero allearsi con l´esercito libanese contro le truppe Onu?
«Il Libano avrà scarso interesse ad un nuovo conflitto, questa volta con la comunità internazionale. E´ improbabile che il Libano dichiari guerra al resto del mondo, anche perché il premier libanese Siniora sa che il destino del Libano e del suo governo dipende dal successo della missione di pace».
L´Italia ha degli interessi specifici da perseguire in Medio Oriente o agite semplicemente come europei?
«Credo che gli interessi italiani ed europei coincidano. Credo tuttavia che l´Europa debba prestare più interesse all´area del Mediterraneo. L´Europa negli anni passati si è preoccupata molto dell´allargamento ad est ed comprensibile. Ma così facendo ha trascurato gli obblighi nel Mediterraneo».
Quali sono gli obiettivi a lungo termine della politica europea in Medio Oriente?
«Israele deve fare pace con i palestinesi, con il Libano e con la Siria. L´obiettivo è che gli stati arabi riconoscano Israele, che nasca uno stato palestinese, che finalmente questo conflitto cessi. Sono già sessant´anni che cresce ed ha alimentato sia il fondamentalismo che il terrorismo, con un effetto drammaticamente destabilizzante. Questa volta dobbiamo rimboccarci le maniche e risolvere il problema».
Qual è il bilancio della guerra in Libano per Israele?
«Credo che la reazione di Israele sia stata esagerata, che avrebbe dovuto cessare le azioni già dopo alcuni giorni e che, a conti fatti, il protrarsi delle ostilità non ha giovato a nessuno, neppure ad Israele».
Che approccio bisognerebbe avere con Israele?
«L´opinione pubblica israeliana è diffidente ed è comprensibile per un paese circondato da potenze che vogliono distruggerlo. La comunità internazionale deve aiutare Israele a liberarsi dalla sindrome dell´assedio».
L´Europa deve temere il sorgere di un nuovo blocco di potere islamico in Medio Oriente?
«L´interrogativo è sempre con quale politica si possono arginare i radicali e gli estremisti e incoraggiare le forze moderate. Ma finora non si è riflettuto a riguardo nella maniera giusta. L´idea di fermare il terrorismo con la guerra per avere poi una fase di pace e di democrazia, non ha avuto palesemente successo».
Nella politica nei confronti dell´Iran si parla sempre dei cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell´Onu più la Germania. Anche l´Italia vuole avere voce in questo ambito?
«Noi italiani siamo assieme alla Germania i maggiori partner commerciali dell´Iran e impegnati in prima fila in Libano nei confronti di Hezbollah. Per questo abbiamo anche noi il diritto di essere inclusi quando si affronta la questione iraniana. L´obiettivo non è un nuovo conflitto, bensì colloqui che impediscano che l´Iran disponga di una bomba atomica».
Non si delinea forse un conflitto di interessi con la compagnia petrolifera italiana Eni, fortemente impegnata in Iran?
(Copyright Frankfurter Allgemeine Zeitung-La Repubblica. Traduzione di Emilia Benghi)

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