Un editoriale equilibrato
ma le stragi di civili non sono mai state "necessarie"
Testata: Corriere della Sera
Data: 27/06/2006
Pagina: 40
Autore: Franco Venturini
Titolo: Fuoco alle polveri. Anche tra i palestinesi

Interssante editoriale di Franco Venturini pubblicato dal CORRIERE della SERA del 27 giugno 2006.
Con un passaggio che non condividiamo, sottolineato nel testo
:

L'attacco militare portato dal braccio armato di Hamas contro un avamposto israeliano, e ora l'attesa di una dura risposta di Gerusalemme, complicano soltanto a metà la sanguinosa equazione israelo- palestinese. Perché se a Gaza e in Cisgiordania il caos regna ormai sovrano e rischia di degenerare in guerra civile, in Israele si rafforza ulteriormente l'approccio unilaterale che fu di Sharon e che è oggi di Ehud Olmert.
In mancanza di interlocutori palestinesi credibili l'unico possibile rimedio è agire per conto proprio, con buona pace di quanti nel mondo continuano ad auspicare improbabili resurrezioni della road map.
L'incertezza sulla sorte del caporale franco-israeliano Gilad Shalit, fatto prigioniero durante l'azione al valico di Kerem Shalom (e del civile che sarebbe stato rapito ieri sera in Cisgiordania), potrà forse concedere qualche tempo ai palestinesi prima che su di loro si abbatta la rappresaglia israeliana. Ma non può nascondere, sin da ora, le profonde lacerazioni che mettono palestinesi contro palestinesi, il Fatah del presidente Mahmoud Abbas contro il governo di Hamas, le milizie armate degli uni contro quelle degli altri, e persino, come il blitz di ieri l'altro sembra indicare, frange super-estremiste di ognuno dei due schieramenti contro le loro rispettive gerarchie politiche.
L'attacco di Kerem Shalom, indice tra l'altro di un rafforzamento militare che stavolta ha reso non necessario il coinvolgimento di civili,

Il coinvolgimento di civili non è mai stato "necessario" per i gruppi terroristici palestinesi. E' stato ispirato da  una precisa strategia  e da una altrettanto precisa ideologia razzista per la quale ogni israeliano, e ogni ebreo, è un nemico.

è stato rivendicato da tre organizzazioni guidate dalle Brigate Izz el-Din al-Qassam che sono sempre state considerate il braccio armato di Hamas. Ma Hamas è il governo palestinese eletto, e il portavoce di questo governo, poche ore dopo i fatti, non ha dato l'impressione di esserne al corrente. Ancor meno ne sapeva, presumiamo, il moderato Mahmoud Abbas. Eppure le Brigate dei Martiri di al-Aqsa, affiliate al Fatah del Presidente, hanno colto l'occasione per annunciare l'impiego di armi chimiche e biologiche se gli israeliani tenteranno di rioccupare Gaza.
Non sorprende che tutto ciò accada all'indomani di una fugace stretta di mano, in Giordania, tra Olmert e Abbas. E non sorprende nemmeno che la parola sia passata tanto brutalmente alle armi proprio mentre Hamas viveva un certo tormento politico, domandandosi se per uscire dall'isolamento interno e internazionale fosse accettabile la ratifica della prospettiva dei «due Stati» e con ciò il riconoscimento implicito del diritto all'esistenza di Israele. Come sempre, quando qualcosa si muove gli ultrà danno fuoco alle polveri: prima accadeva tra palestinesi e israeliani, ora accade anche tra palestinesi all'insegna di una lotta feroce per il potere e per le risorse. E ben difficilmente il referendum che Mahmoud Abbas aveva indetto per la fine di luglio potrà cambiare le cose.
Tutto ciò complica terribilmente il futuro dei palestinesi, ma semplifica quello di Ehud Olmert. Subito dopo il subentro all'infermo Sharon e la vittoria elettorale, Olmert ha enunciato un piano che non manca di chiarezza: entro il 2010 dovranno essere fissate le frontiere definitive di Israele, e il raggiungimento di tale traguardo avrà luogo con il completamento del «muro» nonché con un parziale ritiro, unilaterale s'intende, dei coloni israeliani dalla Cisgiordania.
La strategia di Olmert, simile a quella di Sharon, aveva già la maggioranza dei consensi in Israele. Ma è evidente che la disgregazione dei palestinesi e la conseguente impossibilità di negoziare con un minimo di garanzie fa della sua opzione l'unica percorribile, e rappresenta una risposta efficace alle pressioni peraltro non troppo convinte degli americani e degli europei che preferirebbero una ripresa delle trattative o comunque «passi non definitivi» da parte di Gerusalemme. Il Premier israeliano, del resto, non ha risparmiato negli ultimi tempi i bombardamenti su Gaza (con corollario di vittime civili) e oggi considera anche Mahmoud Abbas responsabile dell'attacco a Kerem Shalom: come dire che il Presidente palestinese è meno cattivo degli altri, ma anche lui deve rimanere debole. Perché si faccia, se così potrà essere chiamata, la pace dell'incomunicabilità.

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