Tra la disinformazione e la giustificazione
cronache scorrette sull'aggressione di Hamas
Testata:
Data: 27/06/2006
Pagina: 16
Autore: Alberto Stabile - Eric Salerno - Ugo Tramballi - la redazione - Ahmed Rashid - Zvi Shuldiner
Titolo: Hamas: Israele liberi donne e ragazzi - Gaza, è una vigliia di guerra - Ancora e sempre in guerra - L'audacia dell'operazione esalta i deteneuti in Israele - Ma l'assedio israeliano al grande Ghetto non è mai cessato - Terrorismo ( e di chi ?) o guerrigli

Secondo LA REPUBBLICA del 27 giugno 2006 Hamas chiede la liberazione di "donne e ragazzi". Sarebbe opportuno precisare che Israele non incarcera a caso donne e ragazzi palestinesi, senza che  questi abbiano legami con l'attività dei gruppi terroristici.
Ecco l'articolo di Alberto Stabile:


GERUSALEMME - «Comunicato militare numero 1. L´Occupazione (che nel linguaggio dei gruppi armati palestinesi sta per occupante, cioè Israele, ndr.) non otterrà alcuna informazione sul soldato disperso finché non accoglierà le seguenti richieste: rilascio di tutte le donne prigioniere nella carceri israeliane e dei ragazzi sotto i 18 anni». In un comunicato di poche righe, trasmesso alle agenzie di stampa internazionali, ecco i termini del ricatto imposto al governo israeliano dai rapitori del soldato Gilad Shalit. Immediata la risposta del premier Ehud Olmert: «La liberazione di detenuti palestinesi non è in agenda».
Al ricatto imposto dalle «Brigate Ezzedin el Kassam», braccio militare di Hamas, assieme ai Comitati di Resistenza popolare e all´Esercito dell´Islam, cioè dai tre gruppi che hanno condotto l´assalto all´avamposto di Kerem Shalom ritirandosi nel territorio di Gaza con il caporale Shalit in ostaggio, il primo ministro israeliano ha, dunque, risposto con secco no. E a conferma d´aver adottato la linea dura, Olmert ha ammonito i responsabili del rapimento che «si sta riducendo il tempo a disposizione» prima che Israele lanci «una vasta e dura» operazione militare nella striscia di Gaza.
Il premier israeliano, d´intesa con il cosiddetto Comitato di crisi, che raggruppa i titolari dei ministeri più rilevanti, i vertici delle Forze Armate e dei Servizi di Sicurezza, ha scelto la via della fermezza. Al vecchio Shimon Peres che durante la riunione del Comitato gli raccomandava la moderazione ha replicato bruscamente: «Il tempo della moderazione è finito: risponderemo vigorosamente con un´operazione che non durerà un giorno o due».
Poi ha ordinato all´esercito di stilare i piani d´attacco. Nel giro di poche ore, lunghe colonne di mezzi corazzati si sono mossi verso sud. Secondo la radio militare, tre brigate hanno preso posizione attorno al recinto di Gaza. Tutti i varchi sono stati chiusi. La Striscia è stata isolata dalla terra e dal mare. Tutto questo spiegamento di forze è volto ad esercitare una forte pressione, non soltanto sui miliziani che tengono prigioniero il caporale Shalit, ma anche su coloro i quali il governo israeliano considera responsabili della sua sorte: il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh, di Hamas, e il presidente dell´Autorità, Abu Mazen. Intanto, sulla caotica scena di Gaza si muovono tutta una serie di mediatori in grado di riferire notizie, più o meno certe, sulla stato di salute dell´ostaggio, che sarebbe ferito in maniera non grave ad un spalla ed avrebbe una gamba fratturata. I servizi di sicurezza egiziani si sono attivati. La diplomazia francese ha ritenuto di dover intervenire, essendo Shalit munito di doppia cittadinanza. Senza dire dei servizi palestinesi fedeli ad Abu Mazen.
È del tutto evidente, però, secondo alcuni osservatori israeliani, che l´unico in grado di poter intraprendere con successo una mediazione è il premier palestinese Ismail Haniyeh, al quale un alto esponente dei servizi, testimoniando davanti al Comitato per la Difesa e la Sicurezza della Knesset, ha riconosciuto di aver adottato una linea diversa rispetto all´ala militare di Hamas. «Assieme ad Abu Mazen - ha detto l´ufficiale - Haniyeh sta cercando di risolvere il problema più velocemente possibile». Ma se il governo israeliano s´è rifiutato di trattare con Hamas in tempo di tregua,

tregua durante la quale sono continuati i lanci di razzi qassam ad opera dei Comitati di resistenza popolare legati ad Hamas, ed è stata garantita l'impunità ai terroristi della Jihad islamica.
Israele inoltre non ha rifiutato il dialogo, ha posto per esso ovvie e minimali condizioni (riconoscimento del suo diritto ad esistere, rinuncia alla violenza, rispetto degli impegni presi dall'Autorità palestinese)


 è improbabile che si decida a negoziare sotto il peso del ricatto

"Proposto  uno scambio con bambini e donne palestinesi in carcere" è l'occhiello del MESSAGGERO: doppiamente falso perché i minori diventano bambini e perchè, contrariamente a quanto si suggerisce, lo scambio proposto non è con il soldato rapito, ma con "informazioni" su di lui.
Segnaliamo anche una frase dell'articolo di Eric Salerno:

In un altro momento, le cancellerie occidentali si sarebebro preoccupate poco per il rapimento di un soldato delle truppe di occupazione, ma l'azione messa a punto, probabilmente,  da chi ha come agenda il fallimento dello sforzo dell'ala moderata di Hamas di trovare un'intesa con il presidente palestinese su una piattaforma unitaria, rischia di vanificare gli sforzi diplomatici degli ultimi mesi.

Tralasciamo di commentare l'evidente cinismo e stiamo ai fatti. Ghilad Shalit è stato rapito in territorio israeliano.
Definirlo "soldato delle truppe di occupazione", adottando il medesimo linguaggio dei comunicati di Hamas, significa dunque affermare che tutta Israele è "terra occupata".


Ugo Tramballi sul SOLE 24 ORE prova a stabilire un insostenibile parallelo tra la condotta palestinese e quella israeliana.  I due popoli, scrive  "continuano a fare soprattutto una cosa: combattere".
Il terrorismo palestinese, però, aggredisce, Israele si difende.
Lo dimostra la semplice cronologia: al ritiro da Gaza seguono ininterroti lanci di razzi Qassam.
Divenuto ministro della Difesa, il pacifista Amir Peretz prova a  sospendere la risposta "automatica" ai lanci di razzi qassam. I lanci continuano e i terroristi 
 mettono in campo anche i più precisi e pericolosi katiuscia, costringendo Israele a tornare a rispondere.
Intanto preparano l'attacco contro l'esercito. Per esso sono stati necessari mesi, per cui l'ipotesi di Tramballi, che esso sia in qualche modo collegato alle vittime civili delle operazioni antiterroristiche, è senza fondamento.
Com'è senza fondamento l'idea che israeliani e palestinesi siano specularmente convinti che "l'avversario capisce solo il linguaggio della forza".
L'asimmetria sta negli obiettivi: i gruppi palestinesi mirano a distruggere Israele, quest'ultima a difendere la propria esistenza.
Per i primi la violenza non è una scelta compiuta in funzione del comportamento del nemico, per la seconda sì

EUROPA titola un breve trafiletto, i "L'audacia dell'operazione  esalta i detenuti in Israele" dando luogo ad una inappropriata celebrazione.

LIBERAZIONE affida in prima pagina il commento sulla vicenda ad Ahmed Rashid, il quale descrive i valichi tra Israele e la striscia di Gaza come le porte di una prigione, ma omette di ricordare il fatto che i controlli israeliani sono resi necessari dai tentativi di infiltrazione in Israele da parte dei terroristi e di attentati contro gli stessi valichi, che non sono mai cessati ( e talora hanno avuto successo, con tragici risultati).
L'effetto è così quello di indurre il lettore a giustificare l'attacco di Hamas.

Sul MANIFESTO Zvi Shuldiner è più esplicito  e spiega che quella di Hamas è "guerriglia, quello di Israele "terrorismo".
Il "dialogo" è l'unica soluzione, sostiene, senza chiedersi perchè i potenziali interlocutori di tale dialogo abbiano risposto al ritiro da Gaza facendone una base per nuovi attacchi.

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