Israele si prepara a rispondere all'attacco di Hamas
una corrispondenza di Davide Frattini e un'analisi di Guido Olimpio sui tunnel di Gaza
Testata: Corriere della Sera
Data: 27/06/2006
Pagina: 13
Autore: Davide Frattini - Guido Olimpio
Titolo: Soldato rapito, Israele prepara l'offensiva - I tunnel degli uomini talpa Scavarli costa 50.000 euro
Dal CORRIERE della SERA del 27 giugno 2006:

GERUSALEMME — Il capitano Kobi Yitzhak è tornato da un lungo viaggio. «Non indosserò più la divisa di Tsahal», aveva detto due anni fa, dopo che la sua squadra era stata decimata lungo il corridoio Philadelphia. Era partito per il Sudamerica, aveva provato a dimenticare. Fino a domenica all'alba, quando l'hanno chiamato per dirgli che un ragazzo di 19 anni nella sua vecchia unità era stato rapito. Il capitano Kobi Yitzhak è tornato ed è pronto a combattere ancora in quella striscia di sabbia maledetta tra Gaza e l'Egitto.
Adesso aspetta. Con migliaia di altri soldati ammassati attorno alla Striscia, tra tank e mezzi blindati. Il premier Ehud Olmert ha voluto concedere tempo agli estremisti, i tre gruppi che hanno assaltato una postazione israeliana e sequestrato Gilad Shalit. Tempo per decidere, senza negoziati. Ma la situazione diventa di ora in ora più tesa. Ieri sera, i Comitati per la resistenza popolare hanno annunciato: abbiamo rapito un colono in Cisgiordania. L'esercito israeliano però non conferma.
A Gaza ieri pomeriggio, Hamas, i Comitati di resistenza popolare e l'Esercito islamico hanno emesso il «primo comunicato militare» dopo il rapimento del soldato israeliano. Per chiedere che vengano liberati dalle carceri le 95 donne palestinesi e i 313 prigionieri sotto i 18 anni. «L'occupante non otterrà alcuna informazione, se non accetterà le nostre condizioni».
Il primo ministro ha escluso ogni trattativa. «Abbiamo lasciato Gaza, non è più sotto il nostro controllo. Chiunque attacchi dall'altro lato del confine, lo fa con un desiderio fanatico di distruggere lo Stato ebraico». E ha aggiunto: «Il momento in cui lanceremo una massiccia operazione militare si sta avvicinando. Non aspetteremo all'infinito. La Striscia di Gaza è già completamente sigillata, nessuno entra o esce, via terra o via mare».
L'idea di uno scambio di prigionieri era stata proposta anche dal rabbino Menachem Froman dell'insediamento di Tekoa, in Cisgiordania. Dopo aver contattato dirigenti di Hamas a Gaza, il rabbino avrebbe spiegato al ministero della Difesa che una soluzione potrebbe arrivare da un cessate il fuoco bilaterale e se Israele accetta di rimettere in libertà «tutti i carcerati bisognosi di cure mediche».
Appelli per il rilascio immediato del soldato rapito sono arrivati dalla Casa Bianca e dal Segretario generale dell'Onu Kofi Annan. Il presidente israeliano Moshe Katsav ha anche chiesto l'aiuto del Vaticano: l'ambasciatore della Santa Sede in Israele, l'arcivescovo Antonio Franco, ha promesso
A sinistra, un tank in azione a Gaza dopo il raid palestinese di domenica in cui sono rimasti uccisi due militari israeliani ed è stato rapito Gilad Shalit, 19 anni (foto a destra). Qui di fianco, una nuvola di fumo sopra il tunnel da cui sono passati i miliziani palestinesi fatto saltare in aria ieri dagli israeliani
di attivarsi subito. Ma i veri negoziati sono quelli condotti dall'intelligence egiziana che incalza il movimento fondamentalista per la liberazione. Una delegazione ha incontrato Yousef Zahar, fratello del ministro degli Esteri Mahmoud. È uno dei leader dell'ala militare del gruppo che avrebbe organizzato l'attacco di domenica senza avvertire il premier Ismail Haniyeh. Dietro all'operazione, ci sarebbe Khaled Meshal, capo di Hamas all'estero, che dalla Siria avrebbe dato l'ordine. Su di lui si concentrano le pressioni dei diplomatici arabi e del presidente palestinese Abu Mazen. Il governo israeliano considera tutta l'Autorità responsabile per il destino del soldato. Gli editoriali dei giornali chiedono una risposta militare dura. Il più agguerrito è Dan Margalit su Maariv: «Olmert può cominciare a spiegare al mondo con chi abbiamo a che fare, questo governo di Hamas che si comporta come Doctor Jekyll e Mister Hyde. Responsabile di assassini e sequestri, ma che vuole uno Stato da governare». Poi la strategia: «L'esercito non deve rientrare a Gaza con truppe troppo numerose. Non vogliamo restarci. Le sabbie della Striscia diventano sabbie mobili per chiunque la invada. Ci vuole un'unità delle forze speciali che colpisce e scompare, omicidi mirati dal cielo e pressioni economiche». L'analista Amir Rappaport parla invece di «esperimento fallito»: «Il ministro della Difesa Amir Peretz ha provato ad astenersi da una reazione automatica ai lanci di Qassam. Ha dato ordine di rispondere con moderazione. ... La sfida di Hamas dimostra ancora una volta che la moderazione viene considerata debolezza».

Guido Olimpio descrive la costruzione dei tunnel  ei tentativi israeliani di fermarla

Poche ore prima del micidiale attacco palestinese, l'esercito israeliano ha esplorato la zona di confine con Gaza, concentrando le ricerche a neppure un chilometro dal luogo dell'incursione. I genieri e gli scout beduini — agendo in base a una segnalazione dell'intelligence — hanno cercato un tunnel vicino al reticolato che chiude la striscia in una gabbia. Nel settore di Sufa i militari hanno provato a trivellare il terreno e hanno «battuto» le piste sabbiose per scoprire segnali anomali. Dall'altra parte del confine sono state mobilitate le spie, che avevano già lanciato l'allarme su una possibile sorpresa. Nulla. Sono stati invece gli uomini-talpa palestinesi a beffarli, permettendo al commando di lanciare un assalto senza precedenti.
L'episodio tradisce la difficoltà degli israeliani a contrastare un fenomeno — quello dei tunnel — che va avanti da anni. Iniziato come attività legata al contrabbando tra l'Egitto e Gaza, è diventato con l'intifada un supporto logistico per rifornire di armi la guerriglia. Infatti a gestire i tunnel sono clan familiari spesso legati ai militanti. Su tutti quello dei Samhadana, il cui leader Jamal è stato ucciso dagli israeliani pochi giorni fa in quanto diventato responsabile di una nuova unità di sicurezza.
Con il passare del tempo le gallerie — ne vengono scavate a decine — hanno assunto il carattere del business. Farne scavare una costa 45-75 mila euro, il noleggio del passaggio per due ore 4.500 euro. Il transito di un kamikaze 2.000 euro, quello di un guerrigliero 1.300. Un mitra kalashnikov che dal lato egiziano costa 200 dollari, può venir pagato 1.300 nella Striscia. Un proiettile 50 centesimi in Egitto, 3-7 euro dal lato palestinese. Una notte di traffici porta in tasca all'organizzazione — stando al ribasso — circa 50 mila euro, ma il compenso sale quando c'è tensione. A un giornalista spagnolo un abitante di Gaza ha raccontato: «Mettersi a scavare può imprimere una svolta alla vita. Non hai niente in tasca e il giorno dopo giro su un fuoristrada fiammante».
I tunnel misurano tra i 300 e gli 800 metri. Più corti quelli tra Egitto e Gaza, più lunghi sull'asse striscia-Israele per poter prendere alle spalle le postazioni israeliane. Di solito corrono a una profondità di 16 metri. A questo livello la sabbia è più «morbida» e dunque è possibile scavare e portarla via nascondendola in sacchi di iuta. Per completare una galleria servono dalle due settimane ai due mesi, impiegando una squadra di 8-10 uomini. Il clan guadagna con il contrabbando mentre l'operaio ingaggiato riceve un salario di 80 euro al giorno. Dicono che alcuni degli «architetti» siano costretti a giurare sul Corano che non sveleranno mai l'ingresso del passaggio. Di solito è all'interno di una casa di Gaza, occultata dietro una finta parete, sotto la cucina, dietro il bagno. L'uscita, se in campo aperto, è protetta con arbusti e mimetizzata. Molti dei tunnel hanno rudimentali sistemi di areazione, luci, canali per l'aria, strutture di sostegno per impedire i crolli. Uno dei rischi maggiori è infatti che la galleria ceda e non sono mancati incidenti con vittime. In un paio di occasioni i palestinesi hanno costruito una variante. Gallerie che arrivano sotto i fortini nemici, riempite di bombe e poi fatte saltare. Tecniche che ricordano le battaglie della Guerra di Secessione o gli assedi.
Nel disperato tentativo di fermare gli uomini-talpa, gli israeliani hanno studiato diverse contromisure, che hanno però dato risultati parziali. Oltre a trivellare il terreno, i militari provocano micro-esplosioni oppure infilano lamine di metallo che dovrebbero interrompere il percorso. In alcuni settori hanno scavato profonde trincee e hanno pensato di creare (nella zona di Rafah) un canale riempito con l'acqua di mare. Ma le contromisure sono state ben presto superate dagli scavatori. Neppure quindici giorni fa — ha rivelato il quotidiano Haaretz — i genieri si sono rivolti all'Istituto di Geofisica per avere un aiuto indicando proprio l'area di Sufa come punto critico per i tunnel. I professori si sono messi a disposizione sollecitando però un invito ufficiale. Dalla Difesa non è arrivato neppure un cenno. Sono stati più veloci i guerriglieri.

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