Attaccano, uccidono, rapiscono. E' guerra.
L'analisi di Fiamma Nirenstein e la cronaca di Aldo Baquis
Testata: La Stampa
Data: 26/06/2006
Pagina: 9
Autore: Aldo Baquis-Fiamma Nirenstein
Titolo: Hamas colpisce Israele- L'ANP ha iniziato la guerra

I palestinesi, qualunque sia l'autorità che li rappresenta, Hamas o Abu Mazen, sono ritornati al loro antico programma, la guerra contro Israele. A nulla è servito l'incontro e l'abbraccio  in Giordania tra Ehud Olmert e Abu Mazen sotto gli occhi preoccupati di Elie Wiesel. E' nel DNA del terrorismo fondamentalista silurare ogni tentativo di compromesso e quindi di soluzione del conflitto. La giornata di ieri è l'inizio di una guerra vera e propria, la cui responsabilità ricadrà ancora una volta su chi l'ha dichiarata. Pubblichiamo dalla STAMPA di oggi, 26/06/2006, la cronaca di Aldo Baquis e l'analisi di Fiamma Nirenstein. In altre pagine di IC riportiamo come è stata data sul alcuni si ti web - STAMPA inclusa - la notizia dell'uccisione dei due soldati israeliani ed il rapimento di Ghilad Shalit.

Ecco il pezzo di Aldo Baquis:

L'Anp ed Israele sono entrati ieri in rotta di collisione quando miliziani delle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas, hanno condotto in territorio israeliano un raid complesso e temerario durante il quale hanno assaltato una postazione di confine, hanno distrutto due cingolati, hanno ucciso due militari, ne hanno rapito un terzo e sono infine ritornati alle loro basi destando nella popolazione di Gaza una ondata di ammirazione e di orgoglio.
In serata le reti tv arabe hanno mostrato a ripetizione il filmato di due razzi palestinesi sparati con precisione contro una torre della postazione Telem, nel valico di Kerem Shalom (fra Gaza, Israele ed Egitto) e contro un carro armato Merkavà, dove un ufficiale e un soldato hanno trovato la morte.
In Israele, collera e sbigottimento. Per la prima volta da anni i miliziani palestinesi sono riusciti a uscire dai recinti di Gaza passando per un tunnel lungo 800 metri, scavato per mesi a Sud di Rafah. Colti di sorpresa, i militari non hanno saputo organizzare una reazione e sono stati colpiti a più riprese dei membri del commando, separatisi in tre gruppi. Due miliziani sono rimasti uccisi, ma gli altri sei sono riusciti a tornare nella striscia di Gaza portando con sé un militare ferito (Ghilad Shalit) e, secondo voci non confermate, brandelli dei cadaveri dei due militari uccisi.
Quando al valico di Kerem Shalom è stata notata la mancanza di Shalit, era troppo tardi. Sul terreno è stato trovato il suo giubbotto insanguinato. Alcuni carri armati israeliani sono allora entrati nella Striscia, per alcune centinaia di metri, ma poi hanno desistito. A Gerusalemme la notizie provenienti da Kerem Shalom hanno provocato una doccia fredda fra i ministri. Da settimane l'esercito premeva per un inasprimento delle attività militari contro i gruppi armati della intifada ma il ministro della difesa Amir Peretz aveva preferito tentare ancora la via diplomatica. Il governo israeliano ha deciso di congelare per 48 ore l'offensiva a Gaza. Fonti dell'esecutivo hanno riferito che è stato deciso di attendere due giorni per vedere se i miliziani rilasciano il militare. Ma il gabinetto di sicurezza presieduto da Olmert ha approvato una serie di misure di rappresaglia e ha dato mandato all'esercito di pianificare una «dura» risposta.
Anche Abu Mazen è rimasto sbigottito dagli eventi. Cinque ore prima dell'attacco sferrato dal braccio armato di Hamas aveva quasi concordato con il premier Ismail Haniyeh (Hamas) la costituzione di un governo di unità nazionale e la sospensione degli attacchi in territorio israeliano. A pochi giorni dall'abbraccio pubblico di Petra (Giordania), Hamas è riuscito a mettere Olmert contro Abu Mazen. «Considero il presidente Abu Mazen e il governo dell'Anp responsabili del grave attentato terroristico», ha detto Olmert. Abu Mazen non ha nemmeno tentato di mobilitare le decine di migliaia di agenti di sicurezza al suo servizio, e ha condannato l’attentato al telefono.
Mediante canali diplomatici, Israele ha fatto sapere a Hamas che il soldato Shalit deve essere restituito entro 24 ore. Il militare sarebbe ferito. Un portavoce del governo Hamas, Ghazi Hammad, ha detto di non sapere se davvero ci sia un soldato israeliano a Gaza. Se le cose fossero così, ha aggiunto, «E' opportuno che riceva un buon trattamento». Parole che Israele considera ipocrite: anche perché spesso, in discorsi pubblici, il ministro degli Esteri di Hamas, Mahmud a-Zahar, ha invocatoil rapimento di militari israeliani, per scambiarli con palestinesi detenuti in Israele. Nasser Shaher vice primo ministro del governo palestinese, ha poi aggiunto durante una conferenza stampa a Ramallah: «Esigo che il soldato israeliano sia immediatamente liberato. I suoi rapitori devono tutelare la sua salute e la sua vita». Nella notte Abu Mazen e Haniyeh hanno avuto un incontro per discutere del rapimento del militare israeliano.

E quello di Fiamma Nirenstein:

GERUSALEMME
È la svolta più drammatica dall’elezione di Hamas: l’attacco sul confine di Kerem Shalom viene a tutti gli effetti considerato da Israele il primo atto di guerra aperta dell’Autorità palestinese guidata da Hamas, da quando nel dicembre scorso ha preso il posto di Fatah. Le televisioni e le radio israeliane conducono trasmissioni non stop dall’alba di ieri mattina. Politici e militari si pronunciano con opinioni opposte: bisogna scendere subito in campo, rientrare a Gaza, distruggere il malefico potere di Hamas? Oppure, occorre prima di tutto salvare il soldato rapito e poi si vedrà?
Solo su un fatto sono tutti d’accordo: la situazione nell’area si è notevolmente aggravata. L'operazione ha provocato una forte reazione militare israeliana, che ha risposto con l'irruzione di mezzi blindati, accompagnati da ruspe militari e protetti dal fuoco degli Apache. Le riunioni del Governo si sono susseguite fino a notte alta. Da segnalare le dichiarazioni del ministro della Difesa Amir Peretz (chiunque attacchi i soldati è nel mirino) e quella del capo di Stato maggiore Dan Halutz, che avverte che «l’indirizzo è chiarissimo. Dalla testa ai piedi, la piramide del potere palestinese è responsabile».
Le dichiarazioni da parte palestinese, baldanzose in mattinata, si sono ammorbidite nel pomeriggio: parole pronunciate in ebraico, chiedendo di non uccidere il soldato rapito nel pomeriggio. Hamas ha capito che Israele considera definitivamente concluso il periodo di «sospensione del giudizio» verso i suoi massimi dirigenti, che diventano di nuovo possibili obiettivi.
Il teatro potrebbe prevedere, nelle prossime ore, l’ingresso di Tzahal (le Forze di Difesa israeliane) alla ricerca di Gilad Shalit, il soldato rapito, casa per casa. Potrebbe implicare l’eliminazione prossima delle alte sfere di Hamas. Potrebbe portare alla fine degli speranzosi rapporti con Abu Mazen. Di certo, sarà cancellata la riunione prevista fra il presidente palestinese ed Ehud Olmert. D’ora in poi, una nuova guerra è dietro l’angolo. E, nonostante l’irruzione sul terreno israeliano di Hamas rappresenti di per sé un «casus belli», molto dipenderà dalla sorte del soldato rapito e dagli sviluppi della vicenda. È vivo? È ferito gravemente? Quante ore resterà nelle mani dei terroristi, sempre che intendano di rilasciarlo?
L’evento di ieri ha un significato preciso. Innanzitutto, l’attentato è il primo che è stato rivendicato direttamente da Hamas. Un dato, questo, che non viene modificato dai toni dei portavoce, che sono variati nel corso della giornata: prima, sprezzanti, hanno definito l’attacco una «doverosa» risposta all’incidente della spiaggia - in cui è stata uccisa la famiglia Galia (di cui Israele rifiuta ogni responsabilità) - e una giusta vendetta per l’eliminazione di Abu Samadana, che era stato designato capo dei gruppi armati da Hamas stesso.
In secondo luogo, il gruppo di sette uomini che ha operato l’attacco, diviso in tre gruppi, uccidendo Hanan Barak e Pavel Shocher e ferendo altri quattro soldati, ha agito con lunga preparazione e professionalità. Una fonte israeliana si è detta certa che Hamas sia coinvolta in tutta la preparazione: una galleria di quasi un chilometro è stata scavata con una certa perizia, con notevole sforzo e con mezzi non indifferenti.
In terzo luogo, la scelta di Hamas di penetrare in territorio israeliano con un commando dalla striscia di Gaza, a soli dieci mesi dallo sgombero, è uno sberleffo verso ogni scelta della mano tesa, e anche un grossissimo sgarro nei confronti di Abu Mazen. Perché è questa l’altra triste implicazione dell’azione di ieri: i baci e gli abbracci fra Olmert e Abu Mazen, enfatizzati da tutto il mondo, non danno al presidente palestinese nessuna carta concreta in mano per potere avviare un processo positivo con Israele. Ieri, tutto il consesso internazionale, ma in particolare gli Usa e gli Egiziani, hanno fatto pressione su Abu Mazen perché compia un’azione decisiva per liberare Gilad Shalit. Per ora, tutto quello che Abu Mazen ha potuto fare alla luce del sole, nonostante gli armati di Fatah siano in costante e ben concreto scontro di fuoco con Hamas, è solo una condanna verbale dell’evento.
Per la politica del futuro, ieri si è mostrato in tutta la sua evidenza il fallimento dello sgombero di Gaza, che sembra servito soltanto a avvicinare di più al confine israeliano i gruppi che intendo compiere azioni contro Israele (anche i kassam ne sono una dimostrazione). E, punto non secondario, dimostra che la discussione di questi giorni fra Hamas e Abu Mazen, alla ricerca di unità sul documento dei prigionieri di fatto, fallisce oltre che sui punti essenziali, come riconoscere Israele, anche su quelli politici, come astenersi da attacchi dentro la Linea Verde. Abu Mazen stesso ha accusato ieri Hamas di essere «tornata al punto zero».
Ultimo punto, ma forse il più importante: per Israele il rapimento di un soldato è un evento capitale, dopo che gli hezbollah hanno restituito anche nel passato molti corpi smembrati di soldati rapiti sul confine del Libano, dopo che i palestinesi hanno ucciso nel ‘94 un altro soldato, Nachshon Wachshman, senza pietà, dopo che è divenuta leggenda la figura del pilota Ron Arad, usato come carta di scambio per 20 anni, senza che si sia mai saputo se sia vivo o morto. La prossima guerra è legata al destino del diciannovenne rapito, con i suoi occhiali da miope.
In serata, il comandante dello Stato Maggiore israeliano ha in parte rassicurato la famiglia di Gilad Shalit, che vive in un villaggio della Galilea devoto alla pace e alla natura, affermando: «Ci risulta che Gilad sia vivo».

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