Le eliminazioni mirate non servono alla sicurezza d' Israele?
difficile sostenerlo, guardando ai fatti
Testata:
Data: 23/06/2006
Pagina: 2
Autore: la redazione
Titolo: Se anche Israele è scettica
Un editoriale del RIFORMISTA del 23 giugno 2006 sulle morti di civili palestinesi a seguito di azioni antiterroristiche israeliane.
Scorretto per molti motivi: cita le inchieste dei giornali inglesi Times e Guardian, critiche (sulla base di fonti palestinesi) con le conclusioni dell'inchiesta israeliana sulla strage della spiaggia,ma non quella del tedesco 
Süddeutsche Zeitung  che aggiunge ulteriori dubbi sulla versione palestinese.
Cita le riserve espresse da Human Rights Watch, che però, dopo un'incontro tra Meir Klifi capo della commissione d'inchiesta israeliana e l'esperto dell'organizzazione di difesa dei diritti umani, Michael Garlasco, appaiono ridimensionate: HRW considera quella israeliana un'inchiesta seria, non mette in dubbio le evidenze raccolte a discolpa dell'esercito e ipotizza che la tragedia sia stata causata da un proiettile israeliano inesploso, una possibilità non esclusa nemmeno dagli israeliani (vedi dal Jerusalem Post
Gaza beach blast victim wakes. ).
L'articolo sostiene inoltre che le eliminazioni mirate non avrebbero contribuito in nessun modo a rendere più sicura Israele, il che è palesemente falso se solo si pensa alla condizione della sicurezza prima dell'eliminzaione di capi terroristi come Rantisi e Yassin.
Semmai la conclusione da trarre dagli ultimi eventi è che il ritiro da Gaza ( che però aveva altre buone motivazioni, soprattutto demografiche) non ha migliorato la sicurezza di Israele, né le condizioni di vita dei palestinesi che pagano le consenguenze delle aggressioni condotte dai terroristi contro i civili israeliani.
Ecco il testo: 

Sono passate solo due settimane da quando il volto disperato di una bambina, Huda Ghalia, ha fatto irruzione dentro le case di tutto il mondo. Era la bambina che piangeva la morte del padre e di altri sette famigliari sulla spiaggia di Gaza. Vittime civili. Secondo l’esercito israeliano, a ucciderli non è stato un colpo di artiglieria terrestre, né sparato da una nave che stazionava di fronte alla spiaggia. I dubbi sulla storia della famiglia Ghalia, però, rimangono. Sollevati da Human Rights Watch, dalle inchieste giornalistiche israeliane, e da un fronte compatto di giornali britannici del calibro di Times, Guardian e Telegraph. Propendono tutti per la lettura iniziale: che i Ghalia siano stati spazzati via da un colpo di obice israeliano andato fuori tiro.
La vicenda del 9 giugno, ora, sembra lontana nel tempo. Dopo che di civili, e di bambini, ne sono stati uccisi molti (troppi) in questi ultimi due giorni dai raid dell’aviazione israeliana dentro la Striscia. Alla ricerca dei miliziani che quotidianamente sparano i razzi Qassam sulla cittadina di Sderot, nel Negev, ormai al limite della resistenza psicologica. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, anche dentro una parte della società israeliana, è stato quel missile piombato su di una casa a Khan Younis, il giorno dopo l’uccisione in un altro raid a Jabalia - tra gli altri - di due bambini di 5 e 7 anni. Nella casa di Khan Younis c’era una donna incinta al settimo mese, e suo fratello in visita, di ritorno dall’Arabia Saudita. Sono morti insieme, mentre mangiavano. Altre quattordici persone sono rimaste ferite. Tra loro, quella bambina che ieri campeggiava sulla prima pagina di Haaretz: nuda, piangente, la testa fasciata. Gli opinionisti hanno cominciato a scrivere, le tv hanno aperto i talk show. L’esercito ha detto che i miliziani si nascondono ora nelle aree residenziali. Sembra più una difesa d’ufficio, perché Gaza è il pezzetto di terra più densamente popolato del mondo, dove vivono un milione e trecentomila persone.
A gestire una delle cadute d’immagine più dure di Tsahal, è il ministro della difesa più pacifista che Israele ha mai avuto, Amir Peretz, vecchio esponente di Peace Now. Gli assassini mirati sono contrari al diritto internazionale, sono un processo senza appello, mettono a rischio la vita dei civili. Haaretz si è posta, qualche giorno fa, la domanda chiave: prevenire il terrore o uccidere civili? Il palestinese Al Hayat al Jadida, nello stesso modo, si è chiesto ieri se i Qassam non avessero ormai un unico risultato: uccidere palestinesi e provocare choc a Sderot. Che sia il caso di passare la palla alla politica, visto che sinora la politica degli omicidi mirati non è riuscita né a decapitare Hamas né a renderla meno popolare tra i palestinesi, né a rendere più sicura Israele?


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