D'Alema a Washington, retroscena e indiscrezioni
nel servizio di Maurizio Molinari
Testata: La Stampa
Data: 18/06/2006
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Rice e D'Alema,la crisi scongiurata

Sorrisi e conformismi della stampa italiana non servono a nascondere i problemi sorti nell'organizzazione del viaggio di D'Alema a Washington per incontrare Condoleeza Rice. Ne racconta con molti particolari Maurizio Molinari, inviato a Washington dalla STAMPA che pubblica oggi, 18/06/2006,il suo servizio in prima pagina.

inviato a WASHINGTON
Il giorno dopo la prima missione di Massimo D'Alema nella Washington di George W. Bush nei salotti di Georgetown non si parla d'altro che del «nuovo inizio» delle relazioni fra Stati Uniti ed Italia, avvenuto nel segno di un reciproco pragmatismo. Racconti di testimoni diretti ed indiscrezioni di seconda mano sugli incontri avuti dal capo della Farnesina alla Casa Bianca con il consigliere per la sicurezza Steven Hadley ed al Dipartimento di Stato con Condoleezza Rice aiutano a ricostruire quanto è avvenuto in un'altalena di colpi di scena che ha tradito emozioni ed incomprensioni prima di portare all'inizio di un dialogo schietto, destinato a segnare le relazioni bilaterali nei mesi a venire. Al momento della partenza da Bruxelles per Washington D'Alema non era sicuro di incontrare Hadley. Sebbene l'appuntamento fosse stato fissato da tempo nelle ultime ore era tornato in discussione. La Casa Bianca minacciava di non ricevere il ministro degli Esteri a causa delle dichiarazioni fatte mercoledì sulla necessità di chiudere il supercarcere di Guantanamo e giovedì sul caso Calipari. E' stata la lettura dei lanci Ansa ed Associated Press da Bruxelles a far scattare la crisi: trattandosi di due argomenti che non figuravano nell'agenda concordata per la visita Washington ha considerato le dichiarazioni come uno sgarbo, aggravato dalle ambiguità sull'IraqLa Casa Bianca ha temuto che D'Alema volesse sfruttare la visita per «dare uno schiaffo in faccia» all'amministrazione Bush. Una preoccupazione sulla quale hanno pesato le analisi sulla situazione italiana arrivate negli ultimi tempi al Dipartimento di Stato dall'ambasciata in via Veneto e segnate da forte disapputo per le ripetute esternazioni pubbliche dai toni anti-americani di politici come Diliberto e Bianchi. Fra la sera di giovedì e la mattina di venerdì - quando l'aereo di D'Alema era in volo sull'Oceano Atlantico - Dan Fried, consigliere europeo di Hadley, ha ripetutamente parlato con l'ambasciatore a Washington Gianni Castellaneta, in una maratona diplomatica che alla fine ha scongiurato il corto circuito. L'ultima, e decisiva, conversazione fra i due è avvenuta alle 9 del mattino ora di Washington, circa un'ora prima dell'arrivo di D'Alema. Solo dopo l'atterraggio alla base di Andrews il ministro degli Esteri ha avuto conferma dell'incontro con Hadley.
Ha fatto breccia
La fibrillazione del mattino si è sciolta quando l'incontro con Hadley è iniziato. D'Alema ha fatto breccia affermando di «non potersi impegnare a svolgere compiti che non può garantire». Come riassume una delle feluche americane presenti all'incontro, «il vostro ministro è stato onesto e pragmatico, mostrandosi dotato di visione strategica». Insomma, D'Alema ha parlato chiaro e la franchezza - sull'assetto politico della coalizione del centrosinistra, sul voto popolare per il ritiro dalle truppe dall'Iraq e sulla guerra al terrorismo in Afghanistan - ha pagato, lo ha fatto apparire ad Hadley come un interlocutore meno certamente caloroso di Silvio Berlusconi ma credibile, un alleato possibile nel mondo del post-11 settembre anche se espressione di una coalizione in cui sono presenti voci molto ostili agli Stati Uniti. Hadley ha ripetuto su D'Alema la stessa considerazione che fece Sandy Berger nel 1999: la sua franchezza è tanto più importante in quanto nel centrosinistra esistono molti avversari di Washington.
Il body language
Superato lo scoglio della Casa Bianca, il colloquio con la Rice è andato ancora meglio: D'Alema ha parlato in inglese, il «body language» (linguaggio del corpo) è stato da alleato di vecchia data e alla fine si sono dati del tu. E' in questa cornice che D'Alema ha sollevato in privato il caso-Calipari, riservando alla chiusura di Guantanamo solo una breve risposta nella conferenza stampa. Ciò che la Rice più ha gradito è stato il riconoscimento ricevuto dall'ospite sul fatto che è stata lei a guidare l'amministrazione sul binario del multilateralismo in politica estera - dal Libano all'Iran fino a Hamas - lasciandosi alle spalle le divisioni con l'Europa sull'Iraq.
«Fra D'Alema e la Rice - riassume un diplomatico americano - è stata un'intesa fra pragmatici». Il Segretario di Stato ha preso atto del «rientro» delle truppe italiane da Nassiriya e D'Alema ha assicurato che il multilateralismo di Bush potrà contare sull'Italia: dalla Somalia all'Afghanistan, dal Medio Oriente, dal Darfur sudanese allo stesso Iraq.
Voto favorevole
A Washington D'Alema ha infatti lasciato la convinzione che il governo Prodi possa fare molto una volta ottenuto a breve in Parlamento il voto favorevole della sinistra al rifinanziamento per sei mesi delle missioni all'estero: non solo aumentando la presenza militare in Afghanistan nel quadro degli accordi con la Nato ma anche in Iraq, usando i carabinieri «non come soldati ma per addestrare le forze della sicurezza» e inviando consulenti presso i ministeri di Baghdad per aiutare la giovane democrazia a rafforzarsi. Inoltre il ritiro da Nassiriya si concluderà solo ad autunno inoltrato e avverrà in modo «ordinato» - senza lasciare pericolosi vuoti di sicurezza come avvenne nel caso del precipitoso ritiro degli spagnoli nel 2003 - dando così tempo alle forze australiane e irachene di assumere il controllo del territorio.
Sul Medio Oriente
Prima di ripartire D'Alema ha incontrato una delegazione dell'American Jewish Committee - la maggiore organizzazione ebraica americana, presente con propri uffici a Bruxelles - guidata dal presidente Robert Goodkind con cui ha discusso di Medio Oriente. In particolare il ministro degli Esteri ha preannunciato un imminente viaggio in Israele, Egitto e Giordania nonché la volontà di promuovere un «impegno per la pace della Nato in Medio Oriente».
Un legame forte
Durante il colloquio con Goodkind D'Alema ha descritto il governo israeliano di Ehud Olmert come «espressione di una forte maggioranza a favore della pace con i palestinesi» e ha fatto più volte riferimento all'idea di Shimon Peres di «promuovere un legame forte fra Unione Europea, Israele, Giordania e palestinesi», ribadendo che con Hamas non vi saranno contatti fino a quando non rispetterà le condizioni poste dal Quartetto: cessare la violenza, riconoscere l'esistenza di Israele e fare propri gli accordi internazionali sottoscritti dall'Autorità palestinese.

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