Le relazioni pericolose di Russia, Cina ed Europa con Ahmadinejad
un pericolo mondiale drammaticamente sottovalutato
Testata:
Data: 15/06/2006
Pagina: 14
Autore: Danilo Taino - Dimitri Buffa
Titolo: Ahmadinejad ospite imbarazzante al «club dei forti» con Russia e Cina - Nucleare civile senza limiti e un occhio chiuso sul resto

Una cronaca da pagina 14 del CORRIERE della SERA del 15 giugno 2006:

Non l'hanno voluto in Germania, a sostenere la sua squadra di calcio. In compenso, gli apre le braccia il «club degli uomini forti» dell'Asia centrale: oggi, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad parteciperà, come osservatore, al vertice dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Scp).
È un oppositore sicuro dei diritti civili, si presenta come antiamericano tutto d'un pezzo e offre dunque alle due anime della poco conosciuta Organizzazione, il presidente russo Vladimir Putin e quello cinese Hu Jintao, un'occasione per alzare il profilo strategico dell'incontro. Infatti, gli Stati Uniti hanno reagito con un certo disappunto a quella che vedono come la trasformazione del summit in un forum ostile a Washington in una regione importantissima per gli approvvigionamenti energetici e per la sua collocazione geografica.
Ahmadinejad è arrivato a Shanghai ieri e, come tutti i leader attesi, è stato ricevuto dal presidente Hu. È presente al summit come semplice osservatore, ma il solo fatto di essere stato invitato nel pieno della crisi sulle attività nucleari di Teheran ha messo in agitazione le diplomazie. Soprattutto, è corsa la domanda sulle intenzioni di Putin e Hu: intendono trasformare la Scp, nata come veicolo di lotta al terrorismo, in una sorta di alleanza strategico-militare per contrastare gli Stati Uniti nell' area? Si tratterebbe di una novità non da poco nel quadro di relazioni internazionali molto mobili, in particolare in Asia.
La Scp è un'organizzazione piuttosto attiva. Nata nel 1996 come semplice coordinamento antiterrorista, ha formalizzato la sua esistenza esattamente cinque anni fa. È formata da sei membri: Russia, Cina, Kazakhstan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan, tutti regimi che affondano le radici nel comunismo asiatico, che in qualche caso sono retti da dittatori, in altri con sistemi autocratici. Finora, le cose hanno funzionato, dal loro punto di vista: hanno effettuato manovre militari congiunte, hanno collaborato in fatto di energia soprattutto con la creazione di un oleodotto che va dal Kazakhstan in Cina, hanno fatto da cintura di protezione al regime di Islam Karimov in Uzbekistan dopo il massacro di Adijan che l'Amministrazione Bush voleva fosse seguito da sanzioni internazionali più dure di quelle emanate. Successi che hanno reso i Shanghai Six abbastanza attraenti, tanto che al vertice di oggi partecipano, sempre come osservatori, anche India, Pakistan e Mongolia.
Nata soprattutto per lottare contro il terrorismo, l'Organizzazione si è insomma trasformata in un coordinamento teso in buona parte a limitare l'influenza americana nella regione, per nulla trascurabile in termini di alleanze, basi militari e interessi geo-energetici. L'invito ad Ahmadinejad ne alza il profilo: «La partnership con l'Iran attrarrà attenzione sulla Sco, ne aumenterà il peso», secondo Venera Galyanova, del Centro kazako di ricerca sulla Cina. E apre interrogativi sul futuro dell' alleanza. «È strano — ha commentato il segretario americano alla Difesa Donald Rumsfeld riferendosi ad Ahmadinejad — invitare una nazione che ha un ruolo di guida nel terrorismo in un'organizzazione che si dice contro il terrorismo».
La questione nucleare iraniana non è prevista nell'agenda dei lavori di oggi. Ahmedinejad, però, ne parlerà certamente nell'incontro bilaterale, domani, con Putin e, forse, in quello con Hu. Al di là di questo, però, sarà interessante vedere se la Scp si svilupperà davvero in un blocco antiamericano. Gli Shanghai Six, infatti, sono tutto meno che granitici: Pechino e Mosca hanno spesso interessi divergenti, anche se l'obiettivo di ridimensionare Washington li unisce; il Kazakhstan ha appena ospitato un viaggio «energetico» del vicepresidente Usa Dick Cheney ed è pienamente coinvolto nella costruzione di un oleodotto che porta il greggio dall'Asia centrale al Mediterraneo tagliando fuori la Russia; e, nonostante la pressione dell'Sco, tra le repubbliche centro- asiatiche solo l'Uzbekistan ha finora costretto Washington a chiudere le sue basi militari. L'arrivo di Ahmadinejad, ora, non è detto che faccia piacere a tutti: il presidente iraniano che scende in campo alza il profilo della partita; ma si può dubitare che si dimostri un asso.

Da pagina 2 dell'OPINIONE:

L¹Europa nella scuola del doppio standard con i paesi islamici non si
smentisce mai. E i suoi diplomatici e persino i suoi burocrati men che meno.
Così ieri grazie agli eroici ricognitori mediatici del Middle east media
research, Memri, che insieme al Palestinian Media Watch di Itamar Marcus e a
Terrorism info del maggiore Reuven Erlich, si contendono la palma
dell¹informazione corretta sul Medio Oriente in generale e su Israele in
particolare, il volgo è venuto a sapere dell¹ultima impresa del commissario
Ue per gli affari esteri Xavier Solana a Teheran. L¹uomo che è diventato
famoso per avere fatto da ufficio stampa di Arafat aiutandolo a scrivere gli
ipocriti propositi di pacificazione sul New York Times nel 2001, mentre
intanto preparava la seconda drammatica fase della seconda Intifada dei
martiri suicidi, adesso tratta in gran segreto, con la clausola della non
divulgabilità degli accordi, con il regime di Ahmadinejad.
E il contenuto diffuso da ben due giornali iraniani, il Kayahn e il Jomhour
al islami, oltre che dall¹agenzia  governativa Aftab, è roba da farsi
drizzare i capelli in testa. Per chi avesse ancora la fortuna di possederne.
Innanzitutto, la clausola di segretezza verso l¹opinione pubblica, poi
l¹affermazione del diritto inalienabile degli ayatollah di avere l¹energia
nucleare per scopi di pace, poi ancora aiuti pratici per sviluppare il
programma nucleare iraniano, non militare, infine un generico ³mutual
agreement² tra Iran ed Eu a stoppare la discussione al consiglio di
sicurezza dell¹Onu in caso di ripartenza dei negoziati.

L¹Iran che dà in cambio? L¹accettazione di un impegno per le questioni in
sospeso come quelle che riguardano l¹Aiea, uno stop completo a tutte le
attività connesse all¹arricchimento dell¹uranio e un impegno a mantenere
tale impegno durante le future negoziazioni. Più varie ed eventuali.
In pratica Solana ha accettato, e ha impegnato l¹Europa in un protocollo
riservato ad hoc, ad accettare quanto l¹Iran offriva già da solo senza
alcuna pressione di eventuali sanzioni o interventi militari.
C¹è da stupirsi? La politica dell¹Europa con i regimi canaglia, a partire
dalle cosiddette repubbliche islamiche, tutti la conoscono. Quella di
Solana, non ne parliamo neppure.
 Resta aperta la questione se sia il caso di suicidarsi così e di fottere
gli Stati Uniti piegandosi ai voleri degli ayatollah e dell¹antisemita
Ahmadinejad solo per ottenere qualche barile di greggio in più.

Cliccare sul link sottostante per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera e dell'Opinione

lettere@corriere.it - diaconale@opinione.it