Israele avrà un governo pragmatico
Autore: Angelo Pezzana

GERUSALEMME Vittoria dimezzata per Kadima; solo 29 seggi nei primi exit poll ad urne chiuse, non i 33- 34 annunciati dai sondaggi degli ultimi giorni. A sorpresa, il partito dei pensionati conquisterebbe 8 seggi, mentre i rilevamenti durante la campagna elettorale li davano fermi a due. Per il Likud si annuncia una sconfitta più dura del previsto: 11 seggi e non 15. Come era ampiamente previsto dai servizi di sicurezza israeliani, i gruppi terroristi palestinesi hanno macchiato di sangue le elezioni per il rinnovo della Knesset ( in ebraico " Assemblea"), il parlamento che ha sede a Gerusalemme. Due beduini arabo- israeliani, infatti, sono rimasti uccisi in una esplosione in un kibbutz nei pressi della Striscia di Gaza, in seguito a un attacco con razzi Qassam. Altri due israeliani sono morti in un secondo bombardamento nel Neghev. La Jihad islamica ha rivendicato le uccisioni, affermando che gli attentati erano stati pianificati per ostacolare le elezioni legislative israeliane. Elezioni che, attentati nel Neghev a parte, si sono svolte in un'atmosfera distesa - anche troppo visto che l'affluenza, alle 22 ( ora di chiusura dei seggi) era ferma al 66%, in calo rispetto alle precedenti consultazioni.
Andare in giro fra i seggi elettorali e chiedere per quale partito uno ha votato è sempre utile. Si scopre per esempio che i sondaggi l'avevano vista giusta sulla provenienza del voto a Kadima, egualmente distribuita fra la destra Likud e la sinistra laburista. L'accoppiata Olmert-Peres, nella forzata assenza di Sharon, ha fatto un vero e proprio miracolo politico, creare in pochi mesi un partito con un programma comprensibile dagli elettori. La parola Kadima che abbiamo sentito come risposta alla nostra domanda era seguita da una motivazione quasi identica, sia che l'elettore provenisse da destra che da sinistra. Aria pesante invece per la destra dove il Likud,con l'uscita di Sharon, non è stato capace di presentare agli elettori un programma per il futuro. Diversi elettori ci hanno detto che la lotta contro il terrorismo senza un programma di governo era aria fritta, per questo avevano combiato partito. Kadima, certo, ma molti hanno risposto Lieberman che con Israel Beitenu, è stato l'altro argomento che ha tenuto banco ieri, sia ai seggi che sui giornali. Con un'abile campagna elettorale, preparata da quel grande stratega che è Arthur Finkelstein, Lieberman ha puntato tutto su due soli argomenti, la lotta al crimine e lo scambio di territori, da prefigurare fin da subito in vista della delimitazione dei confini che Israele definirà in modo unilaterale entro un anno  in mancanza di una controparte palestinese. Cosa più che possibile viste le dichiarazioni di Nasser Sha'er, di fresca nomina a vice primo ministro, nelle quali ha confermato la tendenza di Hamas a comportarsi nello stesso identico modo di Arafat, frasi di apertura verso gli stati della Road Map, Europa e Stati Uniti, tanto per riverniciare un po' l'immagine terroristica di Hamas, ma chiusura totale verso Israele, con il quale, bontà sua, potrà "collaborare" senza però concedere nulla. Nessun cambiamento dello statuto e nessun alt alla lotta armata. Le sue parole dovrebbero essere utili agli esperti dei nostri giornaloni che hanno già incominciato a suonare la fanfara contro Israele che "intende procedere uniteralmente senza l'accordo con i palestinesi". Quale accordo ? Perchè non scrivono che Abu Mazen non utilizza i poteri che la sua carica di presidente dell'ANP pur gli concede ? Potrebbe imporre al primo ministro Ismail Haniyeh il rispetto degli accordi firmati precedentemente, addirittura chiedergli il riconoscimento di Israele e la fine della lotta armata. Perchè non lo fa ? Ecco una buona domanda che suggeriamo ai vari Sandro Viola, Igor Man  & C. (per motivi di spazio ne citiamo solo due) che sembrano interessati a vivisezionare la politica israeliana evitando di fare altrettanto con quella palestinese.
Fra gli elettori molte parole di stima per Tzipi Livni, ministro degli esteri e vice primo ministro, che in tanti giudicano la nuova Golda Meir. Coraggiosa quanto pragmatica e moderata, è una delle tantissime candidate che hanno riempito le liste elettorali, senza bisogno di liste rosa. La prossima Knesset ci dirà se la previsione era buona. Chi ha votato Avodà (laburisti) l'ha fatto più per abitudine che per reale convincimento. "Peretz non mi ha convinto di essere un vero leader, se ne intende troppo poco di terrorismo e sicurezza, ma lo voto ugualmente perchè sono contrario ad una politica economica troppo liberista. Una buona presenza di laburisti peserà sulla coalizione di governo se ne entreranno a far parte", è più o meno quanto abbiamo sentito ai seggi elettorali. Già, la coalizione, il problema starà tutto lì, al di là dei singoli risultati. Un governo di centro destra è ben difficile che abbia i numeri per governare, perchè Shas (religiosi) e Lieberman sono disponibili a entrare anche in un governo di centro sinistra, pur con tutte le divisioni che la presenza di Lieberman comporterà. Qualcuno sostiene maliziosamente che neanche lui crede al suo progetto sullo scambio dei territori e che la sua è solo una provocazione politica. Non lo crediamo, ma se anche fosse ? Ha avuto il merito di far discutere gli israeliani su qualcusa di concreto, su un progetto che già Sharon aveva esaminato con il prof. Sergio Della Pergola, certamente più vicino alla sinistra che non alla destra, come avevamo scritto su Libero lo scorso settembre. Un piano che non prevede nessun trasferimento di popolazioni, ma solo lo scambio di territori. Non vediamo come si possano definire nuovi confini senza passare attraverso l'inglobamento di alcune città densamente popolate da ebrei con la relativa cessione di quelle a larga maggioranza palestinese. Dove sta lo scandalo ? E' sempre avvenuto, senza che nessun organismo internazionale avesse mai avuto niente da dire. Se se parla, e se ne parlerà, il merito va dunque anche a Lieberman, senza nulla togliere a Kadima che sarà comunque il partito di maggioranza relativa e, se i numeri sono quelli avuti dagli exit poll, sarà anche quello che darà la linea al prossimo governo. Intanto la Borsa di Tel Aviv sa già per chi fare il tifo. Se Kadima avrà la leadership del governo  e con una posizione di forza, si stapperanno molte bottiglie. Se sarà Peretz a condizionare la coalizione, il che vuol dire aumento della spesa pubblica, il mercato reagirà negativamente. Un altro buon motivo per augurare a Olmert un buon successo.

pubblicato su LIBERO il 29 marzo 2006

Gerusalemme-Mai prendere gli exit poll come oro colato. Nel 2003 Peres stava vincendo su Netanyahu, ma alle tre del mattino le sorti erano rovesciate. Mentre scriviamo  è passata appena un'ora, e i numeri non  sono molto diversi dai primi minuti dopo la chiusura dei seggi alle ore 22. Kadima (29-30 seggi) conferma di essere il partito di maggioranza relativa, sottolinea quanto gli israeliani abbiano approvato il progetto di Arik Sharon. Hanno avuto fiducia in Ehud Olmert, il delfino designato alla guida del partito, confermando altresì la bontà della scelta di Tzipi Livini a vice primo ministro e respondabile del dicastero degli esteri. Molti vedono in lei la nuova Golda Meir. Avodà ha perso meno di quanto era previsto, per cui Peretz,Herzog e gli altri dirigenti hanno buoni motivi per essere allegri dei 22 seggi raggiunti.Con loro non sarà facile andare d'accordo. Olmert avrà i suoi problemi, perchè la direzione del populista Peretz, portatore della mentalità vetero sindacale, non renderà facile il compito a chi vuole continuare la riforma economica. Non a caso la Borsa di Tel Aviv ieri prevedeva una caduta se i laburisti avessero ottenuto un risultato rilevante. Non ci sembra sia questo il caso, Avodà può già sentirsi parte della prossima coalizione ma non in condizione di dettare ultimatum. Il Likud è franato a 11-12 seggi, inevitabile dopo la pessima campagna elettorale imposta da Netanyahu, al quale non ne va più bene una dopo che si è posto in scontro frontale contro il suo antico amico Ariel Sharon. Di sicuro avverte già i coltelli che gli si stanno conficcando nella schiena da parte dei suoi compagni di partito che aspettavano solo la sconfitta per liberarsi di lui. Avigdor Lieberman, di Israel Beitenu, si conferma la reale sorpresa di queste elezioni,come avevamo scritto nei giorni scorsi. A questo momento il suo è il terzo partito con 14 seggi. L'hanno definito fascista, razzista, in realtà lui non ha fatto altro che impostare una campagna elettorale su due semplici concetti. Lotta alla criminalità e separazione tra ebrei e palestinsei. Il che vuol dire tracciare una linea di separazione tra il territorio israeliano e quello dei palestinesi, noi di qua e loro di là, beninteso senza nessun transfer di popolazioni, ma solo di territori. Un programma non molto diverso da quello che Ariel Sharon aveva studiato con il prof.Sergio Della Pergola, cattedra di statistica e demografia all'Università di Gerusalemme e certamente non di destra, come Libero, in una intervista, aveva documentato lo scorso settembre. Ma Avodà respinge anche la sola ipotesi di una coalizione con lui,non lo vuole, con la tipica arroganza del partito di sinistra che si sente l'unico in grado di distribuire patenti di democraticità. Rimane la sorpresa, questa sì prevista da nessuno, degli 8 seggi al partito dei pensionati. L'unica spiegazione di questo risultato sta forse nella poca quantità di ideologia che ha caratterizzato queste elezioni, nelle quali ha votato il 62 per cento (meno 5 per cento rispetto alle precenti). Non una gran cifra, se la paragoniamo a quelle delle democrazie occidentali, ma significativa in un paese come Israele dove votare era sempre stato sentito come qualcosa di inscindibile con la passione politica, il suo naturale seguito.
Se i numeri restano questi è probabile che ci sarà una coalizione che esclude il likud, ma che sarebbe difficile definirla di sinistra, anche se vedrà la partecipazione di laburisti e Meretz. Gli eredi del Likud di Sharon,diventati Kadima, non possono certo essere difiniti tali. Sarà un governo pragmatico, che porrà in essere la definizione dei confini, la separazione dai palestinesi (si vedrà in che modo, se alla Liberman o altrimenti), affronterà Hamas e il suo governo minaccioso, combatterà il terrorismo da qualunque parte provenga. Un programma chiaro, che gli elettori hanno capito e premiato. Come hanno fatto con Israel Beitenu, non molto diverso. Tutto questo se i numeri non cambieranno con l'arrivo delle luci del mattino.

pubblicato sulle edizioni romana e milanese di LIBERO il 29 marzo 2006