Israele alle urne, quasi certa la vittoria di Kadima 25/03/2006
Autore: Angelo Pezzana
Gerusalemme-Molti sostengono qui in Israele, e lo scrivono sui
giornali, che
lo svolgimento della campagna elettorale (si vota martedì prossimo) è
quanto
di più noioso ci possa essere. Anche se i candidati vanno per mercati a
stringere mani, è in televisione che si parla di politica, dove i
partiti
sono presenti anche con spot pubblicitari decisamente accattivanti. La
propaganda è passata dalle piazze al piccolo schermo, come avviene in
tutte
le società moderne. Se gli elettori si appassionano poco non è certo per
disaffezione politica, che resta una delle passioni più forti fra gli
israeliani, no, dipende dal fatto che c'è l'impressione che
grazie ai
sondaggi quotidiani si conosca fin da ora il risultato. Il che è
abbastanza
vero. Kadima, il partito creato dal nulla da Sharon e guidato oggi da
Ehud
Olmert, sarà sicuramente quello che guadagnerà più seggi, ma attenzione,
cinque-dieci seggi in più o in meno farà la differenza. Il governo che
uscirà il 28 marzo sarà di coalizione, il problema sarà chi lo formerà
insieme a Kadima. Se saranno Avodà (laburisti) e Meretz sarà un governo
inclinato a sinistra, che però non sarà così profondamente diverso se
per
caso nella coalizione ci fosse (anche) Israel Beitenu, il partito di
Avigdor
Liberman, che viene presentato come il partito degli immigrati russi
quando
sarebbe più corretto descriverlo come la forza politica che già da anni
predica la separazione fra israeliani e palestinesi dei territori
attraverso
la definizione dei confini. Noi di qua, gli altri di là nel nuovo Stato
palestinese, il che non è poi tanto diverso da quanto si stava
prefigurando
con il progetto Sharon che Olmert è deciso a realizzare anche con
decisione
unilaterale, vista la definitiva scomparsa di un interlocutore dopo la
vittoria di Hamas. Malgrado questa sia una verità comprensibile anche
al più
superficiale degli osservatori, c'è chi lamenta la "scomparsa
della pace"
dalla campagna elettorale, attribuisce l'ascesa di Hamas a Israele
che
avrebbe "sepolto sotto le macerie ogni progetto di
trattativa", e, non
potendo più accusare Sharon come era avvenuto per decenni, se la prende
con
Olmert, che "avrebbe voltato le spalle ai palestinesi con decisoni
unilaterali". E' quanto scriveva Sandro Viola ieri su
Repubblica, lasciando
sbalorditi coloro che conoscono le vicende mediorientali, quando
persino
Haaretz, nei suoi editoriali e tramite le sue firme più prestigiose si
esprime verso Kadima in toni di chiaro sostegno. Se Viola non lo sa, o
non
lo ricorda, Hamas è sorto dalle ceneri corrotte di al Fatah, il partito
del
tanto lodato Arafat, e non dalle macerie di "un mancato processo
di pace".
Ma Viola rimprovera già Olmert di non "avere fatto neppure due
chiacchiere
con la parte palestinese" ! con Hamas ? Visto che in questi giorni
è a
Gerusalemme, lo invitiamo a leggere tutte le dichiarazioni che Olmert ha
fatto nei confronti di Abu Mazen. Peccato che in politica non bastino le
buone intenzioni. Che sicuramente Abu Mazen possiede, ma che non sono
sufficienti a conferirgli quel potere che Hamas, grazie anche alle sue
indecisioni e debolezze, gli ha sottratto.
Sorti diverse se a destra Bibi Netanyahu con quel che è rimasto del
Likud
dovesse conquistare un buon risultato. Eventualità non impossibile ma
molto
difficile. Gli israeliani, anche fra i moderati che l'avevano
votato, non
hanno gradito il voltafaccia dell'agosto scorso, poco prima che
avvenisse
l'uscita da Gaza, quando ha abbandonato Sharon per andarsene in
America per
cercare finanziamenti mentre tutto il paese viveva, con scelte politiche
opposte, un dramma dai risvolti profondamente umani oltre che politici.
Con l'Iran che minaccia l'attacco atomico, gli attentati
suicidi che ogni
giorno vengono sventati dalle forze di sicurezza, Sharon in coma
all'
ospedale, Shimon Peres che è passato dal suo Labour a Kadima e
l'Autorità
palestinese nella mani di un gruppo terrorista, gli israeliani di tempo
per
annoiarsi non mi pare debbano averne molto.Gerusalemme-Molti sostengono qui in Israele, e lo scrivono sui
giornali, che
lo svolgimento della campagna elettorale (si vota martedì prossimo) è
quanto
di più noioso ci possa essere. Anche se i candidati vanno per mercati a
stringere mani, è in televisione che si parla di politica, dove i
partiti
sono presenti anche con spot pubblicitari decisamente accattivanti. La
propaganda è passata dalle piazze al piccolo schermo, come avviene in
tutte
le società moderne. Se gli elettori si appassionano poco non è certo per
disaffezione politica, che resta una delle passioni più forti fra gli
israeliani, no, dipende dal fatto che c'è l'impressione che
grazie ai
sondaggi quotidiani si conosca fin da ora il risultato. Il che è
abbastanza
vero. Kadima, il partito creato dal nulla da Sharon e guidato oggi da
Ehud
Olmert, sarà sicuramente quello che guadagnerà più seggi, ma attenzione,
cinque-dieci seggi in più o in meno farà la differenza. Il governo che
uscirà il 28 marzo sarà di coalizione, il problema sarà chi lo formerà
insieme a Kadima. Se saranno Avodà (laburisti) e Meretz sarà un governo
inclinato a sinistra, che però non sarà così profondamente diverso se
per
caso nella coalizione ci fosse (anche) Israel Beitenu, il partito di
Avigdor
Liberman, che viene presentato come il partito degli immigrati russi
quando
sarebbe più corretto descriverlo come la forza politica che già da anni
predica la separazione fra israeliani e palestinesi dei territori
attraverso
la definizione dei confini. Noi di qua, gli altri di là nel nuovo Stato
palestinese, il che non è poi tanto diverso da quanto si stava
prefigurando
con il progetto Sharon che Olmert è deciso a realizzare anche con
decisione
unilaterale, vista la definitiva scomparsa di un interlocutore dopo la
vittoria di Hamas. Malgrado questa sia una verità comprensibile anche
al più
superficiale degli osservatori, c'è chi lamenta la "scomparsa
della pace"
dalla campagna elettorale, attribuisce l'ascesa di Hamas a Israele
che
avrebbe "sepolto sotto le macerie ogni progetto di
trattativa", e, non
potendo più accusare Sharon come era avvenuto per decenni, se la prende
con
Olmert, che "avrebbe voltato le spalle ai palestinesi con decisoni
unilaterali". E' quanto scriveva Sandro Viola ieri su
Repubblica, lasciando
sbalorditi coloro che conoscono le vicende mediorientali, quando
persino
Haaretz, nei suoi editoriali e tramite le sue firme più prestigiose si
esprime verso Kadima in toni di chiaro sostegno. Se Viola non lo sa, o
non
lo ricorda, Hamas è sorto dalle ceneri corrotte di al Fatah, il partito
del
tanto lodato Arafat, e non dalle macerie di "un mancato processo
di pace".
Ma Viola rimprovera già Olmert di non "avere fatto neppure due
chiacchiere
con la parte palestinese" ! con Hamas ? Visto che in questi giorni
è a
Gerusalemme, lo invitiamo a leggere tutte le dichiarazioni che Olmert ha
fatto nei confronti di Abu Mazen. Peccato che in politica non bastino le
buone intenzioni. Che sicuramente Abu Mazen possiede, ma che non sono
sufficienti a conferirgli quel potere che Hamas, grazie anche alle sue
indecisioni e debolezze, gli ha sottratto.
Sorti diverse se a destra Bibi Netanyahu con quel che è rimasto del
Likud
dovesse conquistare un buon risultato. Eventualità non impossibile ma
molto
difficile. Gli israeliani, anche fra i moderati che l'avevano
votato, non
hanno gradito il voltafaccia dell'agosto scorso, poco prima che
avvenisse
l'uscita da Gaza, quando ha abbandonato Sharon per andarsene in
America per
cercare finanziamenti mentre tutto il paese viveva, con scelte politiche
opposte, un dramma dai risvolti profondamente umani oltre che politici.
Con l'Iran che minaccia l'attacco atomico, gli attentati
suicidi che ogni
giorno vengono sventati dalle forze di sicurezza, Sharon in coma
all'
ospedale, Shimon Peres che è passato dal suo Labour a Kadima e
l'Autorità
palestinese nella mani di un gruppo terrorista, gli israeliani di tempo
per
annoiarsi non mi pare debbano averne molto.Gerusalemme-Molti sostengono qui in Israele, e lo scrivono sui
giornali, che
lo svolgimento della campagna elettorale (si vota martedì prossimo) è
quanto
di più noioso ci possa essere. Anche se i candidati vanno per mercati a
stringere mani, è in televisione che si parla di politica, dove i
partiti
sono presenti anche con spot pubblicitari decisamente accattivanti. La
propaganda è passata dalle piazze al piccolo schermo, come avviene in
tutte
le società moderne. Se gli elettori si appassionano poco non è certo per
disaffezione politica, che resta una delle passioni più forti fra gli
israeliani, no, dipende dal fatto che c'è l'impressione che
grazie ai
sondaggi quotidiani si conosca fin da ora il risultato. Il che è
abbastanza
vero. Kadima, il partito creato dal nulla da Sharon e guidato oggi da
Ehud
Olmert, sarà sicuramente quello che guadagnerà più seggi, ma attenzione,
cinque-dieci seggi in più o in meno farà la differenza. Il governo che
uscirà il 28 marzo sarà di coalizione, il problema sarà chi lo formerà
insieme a Kadima. Se saranno Avodà (laburisti) e Meretz sarà un governo
inclinato a sinistra, che però non sarà così profondamente diverso se
per
caso nella coalizione ci fosse (anche) Israel Beitenu, il partito di
Avigdor
Liberman, che viene presentato come il partito degli immigrati russi
quando
sarebbe più corretto descriverlo come la forza politica che già da anni
predica la separazione fra israeliani e palestinesi dei territori
attraverso
la definizione dei confini. Noi di qua, gli altri di là nel nuovo Stato
palestinese, il che non è poi tanto diverso da quanto si stava
prefigurando
con il progetto Sharon che Olmert è deciso a realizzare anche con
decisione
unilaterale, vista la definitiva scomparsa di un interlocutore dopo la
vittoria di Hamas. Malgrado questa sia una verità comprensibile anche
al più
superficiale degli osservatori, c'è chi lamenta la "scomparsa
della pace"
dalla campagna elettorale, attribuisce l'ascesa di Hamas a Israele
che
avrebbe "sepolto sotto le macerie ogni progetto di
trattativa", e, non
potendo più accusare Sharon come era avvenuto per decenni, se la prende
con
Olmert, che "avrebbe voltato le spalle ai palestinesi con decisoni
unilaterali". E' quanto scriveva Sandro Viola ieri su
Repubblica, lasciando
sbalorditi coloro che conoscono le vicende mediorientali, quando
persino
Haaretz, nei suoi editoriali e tramite le sue firme più prestigiose si
esprime verso Kadima in toni di chiaro sostegno. Se Viola non lo sa, o
non
lo ricorda, Hamas è sorto dalle ceneri corrotte di al Fatah, il partito
del
tanto lodato Arafat, e non dalle macerie di "un mancato processo
di pace".
Ma Viola rimprovera già Olmert di non "avere fatto neppure due
chiacchiere
con la parte palestinese" ! con Hamas ? Visto che in questi giorni
è a
Gerusalemme, lo invitiamo a leggere tutte le dichiarazioni che Olmert ha
fatto nei confronti di Abu Mazen. Peccato che in politica non bastino le
buone intenzioni. Che sicuramente Abu Mazen possiede, ma che non sono
sufficienti a conferirgli quel potere che Hamas, grazie anche alle sue
indecisioni e debolezze, gli ha sottratto.
Sorti diverse se a destra Bibi Netanyahu con quel che è rimasto del
Likud
dovesse conquistare un buon risultato. Eventualità non impossibile ma
molto
difficile. Gli israeliani, anche fra i moderati che l'avevano
votato, non
hanno gradito il voltafaccia dell'agosto scorso, poco prima che
avvenisse
l'uscita da Gaza, quando ha abbandonato Sharon per andarsene in
America per
cercare finanziamenti mentre tutto il paese viveva, con scelte politiche
opposte, un dramma dai risvolti profondamente umani oltre che politici.
Con l'Iran che minaccia l'attacco atomico, gli attentati
suicidi che ogni
giorno vengono sventati dalle forze di sicurezza, Sharon in coma
all'
ospedale, Shimon Peres che è passato dal suo Labour a Kadima e
l'Autorità
palestinese nella mani di un gruppo terrorista, gli israeliani di tempo
per
annoiarsi non mi pare debbano averne molto.