Islamici scatenati in ostaggio sei occidentali 15/03/2006
Autore: Angelo Pezzana
Per capire quanto sta avvenendo a Gerisco è bene ricordare l’antefatto. Ahmed Saadat, capo del Fronte di Liberazione della Palestina, una delle tante galassie del terrorismo palestinese, uccide nel 2001 Rehavam Ze’eevi, ministro del turismo del governo israeliano in un attentato a Gerusalemme. Riesce a sfuggire alla giustizia israeliana, finchè, insieme ai suoi complici, viene preso e rinchiuso nel carcere di Gerico, prigione palestinese, sotto l’autorità palestinese, ma con supervisione inglese e americana. Secondo la logica comune chi ammazza un ministro commette un crimine, poco importa se l’assassino è palestinese ed il ministro israeliano. Per cui Saadat e il suo commando è presumibile che sarebbero dovuti restare in prigione per un bel po’, anche se i meandri della “giustizia”palestinese, arafattiana prima, di Abu Mazen poi, sono alquanto ostici da decifrare. Interviene però un fatto nuovo. I palestinesi, apparentemente così desiderosi di pace e di uno Stato tutto loro, invece di cercare di ottenere entrambi per vie legali, si affidano col voto ad Hamas, dandogli la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento. Poteva Ismail Haniye, premier incaricato di formare il nuovo governo dopo aver sconfitto Abu Mazen, tenere in gattabuia uno che in tutta la sua vita non ha fatto altro che compiere attentati, ammazzare più ebrei possibile, in pratica realizzare quel che anche Hamas ha sempre predicato che bisognava fare ? Saadat, agli occhi di un terrorista, è un eroe. Ancora in carcere, ma pur sempre un eroe. Qui interviene Abu Mazen, il quale sta cercando,pur di restare in qualche modo in sella, di barcamenarsi tra Hamas,il suo vero nuovo padrone, e gli impegni presi con Israele e il quartetto della Road Map. Cioè combattere debolmente il terrorismo, politica che l’ha portato alla fine alla sconfitta elettorale. Ecco quindi la sua intenzione di liberare Saadat, e nello stesso tempo il consiglio opposto ad Hamas: attenzione, se Saadat viene liberato, c’è la possibilità che venga catturato da Israele che vuole processarlo. Come dire, fate voi, io me ne lavo le mani. Di fronte ad una probabile liberazione e relativa fuga in Siria o altra sede accogliente, Israele decide di agire. E va a prendersi l’assassino di Ze’evi direttamente, senza passare attraverso nessun intermediario. Ha fatto bene ? Ha fatto male ? Noi propendiamo per la prima ipotesi. Non si deve dimenticare infatti che lo Stato ebraico si trova oggi davanti ad un’ Autorità palestinese governata da un gruppo terrorista, che ne propone la distruzione, esattamente come l’Iran di Ahmedinejad che sta preparando armamenti nucleari con la dichiarata volontà di cancellare Israele dalla carta geografica. Se Hamas si illudeva di aver ammorbidito Israele con la vittoria elettorale "democratica", ebbene si sbagliava. Il governo di Ehud Olmert ha capito benissimo qual’è il livello del pericolo e ne ha tratto le dovute conseguenze. Qualcuno leggerà nell’attacco al carcere di Gerico anche la volontà di mostrare i muscoli da parte di Kadima, di fatto il nuovo partito al quale appartengono i governanti d’Israele che tra neanche due settimane si sottoporrà alla competizione elettorale e che tutti i sondaggi danno sempre in grande vantaggio su tutti gli altri. E se anche così fosse ? Olmert, Livni, Mofaz e tutti gli altri che quasi sicuramente usciranno confermati alla guida del paese sono gli eredi del progetto di Arik Sharon, sono loro che lo realizzeranno. Olmert lo ha detto chiaramente, entro il 2010 ci sarà la separazione definitiva con i territori palestinesi, ad eccezione delle grandi città popolate da ebrei – Maalè Adumim, Ariel e alcune altre, nei territori non vi saranno più colonie perchè verranno tutte smantellate e Israele entro quella data sarà in grado di avere confini sicuri e definitivi. Ci sarà un partner nell’Autorità palestinese ? Se si, bene, altrimenti Israele andrà avanti da sola, come è avvenuto per Gaza. I palestinesi, invece di bruciare consolati,sedi culturali straniere,rapire giornalisti come stanno facendo proprio a Gaza, dove- è opportuno ricordarlo- sono a casa loro, di Israele neanche più l’ombra- si rimbocchino le maniche e incomincino a lavorare, per dimostrare al mondo intero di posseddere i numeri per reclamare uno stato indipendente. Finchè continueranno a buttarsi fra le braccia dei terroristi, sarà difficile credere nelle loro buone intenzioni.