La vittoria di Hamas e la campagna fondamentalista contro le vignette danesi
si può ipotizzare un legame?
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Data: 03/02/2006
Pagina: 1
Autore: la redazione - Elena Comelli
Titolo: Dopo la fatwa, il licenziamento minacce anche ai giornali italiani - Crisi a scoppio ritardato..dopo il voto in Palestina
Il Riformista pubblica in prima pagina l'articolo che riportiamo
Parigi. «Islam, le caricature della discordia», è il titolo con cui Le Monde apre la sua prima pagina del suo numero datato oggi 3 febbraio. Eccezionalmente il titolo è seguito - piuttosto che da un articolo - da un grande disegno della principale matita satirica di Francia: quella di Jean Plantu, che trova la chiave giusta per ironizzare sulle attuali pressioni musulmane contro la libertà d'informazione. Tracciando una miriade di piccole frasi che recitano tutte quante «Io non devo disegnare Maometto», Jean Plantu ritrae effettivamente il volto del Profeta, circostanza che aveva inviperito gli integralisti islamici europei e mediorientali. Come se non bastasse, Plantu propone nella vignetta la propria mano e la propria matita, ma quest'ultima è trasformata in minareto, con un imam che scruta le mosse del disegnatore-giornalista. La sensazione che si respira oggi in Francia è quella di un attacco insopportabile alla libertà d'informazione, dopo che il direttore del quotidiano France-Soir, Jacques Lefranc, è stato licenziato in tronco dall'editore di origine egiziana, Raymond Lakah, per aver pubblicato mercoledì tutte le dodici vignette satiriche su Maometto, già apparse il 30 settembre sul giornale danese Jyllands Posten. Per mesi nessuno se n'è accorto. Poi, proprio nel momento in cui occorre distogliere lo sguardo dell'opinione pubblica internazionale dall'imbarazzante ruolo di Hamas in Palestina, scoppia lo scandalo delle «offese alla divinità».
Anche il Giorno nell'articolo "Crisi a scoppio ritardato..dopo il voto in Palestina" sottolinea la coincidenza dello scoppio della crisi con la vittoria di Hamas nelle elezioni palestinesi. Elena Comelli, l'autice sottolinea anche che nello stesso periodo nel quale lo scrittore danese Karen Bluitgen non riusciva trovare un illustratore per il suo libro su Maometto " Copenaghen andava in scena una piéce tatrale di un giovane autore tunisino, Chokri Ben Chikha, che veniva pubblicizzato da un Manifesto della Madonna a seno nudo con in una mano una ciotola piena di sangue, in cui si prendevano ferocemente in giro cattolici ed ebrei". 
 Una parte dell'Islam internazionale si scandalizza, dice che c'è del marcio in Danimarca e tenta di imporre ai giornali di rinunciare ai disegni - a maggior ragione se di contenuto satirico - che ritraggono Maometto. L'indignazione del mondo musulmano ha raggiunto le proporzioni dello scontro diplomatico: Riad, Tripoli e Damasco hanno ritirato i propri ambasciatori in Danimarca. Ieri a Gaza un gruppo di manifestanti ha circondato un edificio dell'Unione europea e le brigate dei martiri di Al-Aqsa, legate a Fatah, hanno diffuso minacce contro i cittadini europei. Nei pressi di Nablus, in Cisgiordania, è stato rapito e liberato nel giro di qualche ora un cooperante tedesco - di lui si sa solo il nome di battesimo, Christopher - e le autorità sospettano che il rapimento sia connesso alla vicenda dei cartoon. Intanto le brigate al-Masri di Al-Qaeda promettono che «non ci sarà più pace ne stabilità» per le nazioni che offendono il Profeta e minacciano la Danimarca e altri paesi europei. Tra i quali l'Italia: nei blog islamisti, infatti, si attaccano espressamente i giornali italiani, tra i quali Il Corriere della sera e La Stampa. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad chiede una «risposta decisa» da parte dei musulmani, mentre da Kabul il presidente Hamid Karzai lancia un appello più pacato: «Ogni offesa al Profeta è un'offesa a tutti noi». Molti i chierici che invitano al boicottaggio dei prodotti europei. In Danimarca si teme per le predicazioni nelle moschee durante la preghiera di oggi. Ma il premier Anders Fogh Rasmussen è stato costretto a scrivere una lettera di scuse per minimizzare il danno diplomatico.
A pesare sono soprattutto le critiche che provengono dai capi di Stato del mondo musulmano “moderato”. Al presidente egiziano Hosni Mubarak («la libertà d'espressione non deve essere presa a pretesto per insultare le religioni») fa eco perentorio il premier turco Recep Tayyip Erdogan: «Sembra ora chiaro che servano dei limiti alla libertà di stampa». Prima di France Soire hanno pubblicato alcune delle vignette anche il tedesco Die Welt, il norvegese Magazinet, gli spagnoli El Periodico e Abc , mentre in Italia hanno riprodotto una vignetta La Stampa e la Padania. Dagli States, New York Times paragona la vicenda al caso di Salman Rushdie.
Insomma, in gioco ci sono valori democratici fondamentali come la libertà d'informazione. Ovvero quegli stessi valori che nei giorni scorsi hanno portato i legislatori inglesi a bocciare la legge contro il «religious hatred» caldeggiata da Downing Street. In Francia la comunità musulmana, è profondamente divisa tra chi grida allo scandalo, magari giurando chissà quali ripicche allo scopo di lavare l'oltraggio, e chi spera solo nella fine delle polemiche. Tuttavia il caso della cacciata di Jacques Lefranc ha posto a tutta la stampa occidentale il problema dei limiti da rispettare nel caso della religione islamica. Limiti che sono ovviamente identici a quelli da rispettare nel caso delle altre religioni. Negli scorsi anni la stampa francese è stata una delle più irriverenti del mondo rispetto alla chiesa cattolica, ma nessuno ha mai tentato di intimidirla e i direttori sono rimasti al loro posto. Adesso sarebbe davvero gravissimo se si decidesse che la stampa dei paesi democratici deve considerare la religione islamica con un occhio di riguardo. Magari per evitare violenze e vendette. Quell'atteggiamento costituirebbe già in sé un cedimento alla violenza.
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