Perché bisogna pubblicare le vignette che i fondamentalisti vogliono censurare
tre editoriali
Testata:
Data: 03/02/2006
Pagina: 1
Autore: Magdi Allam - Fiamma Nirenstein - Arturo Diaconale
Titolo: Nemico in casa: la paura - Blasfemi sono i terroristi - Uan linea di confine all'intolleranza

Un editoriale di Magdi Allam dal Corriere della Sera di venerdì 3 febbraio 2006:

La via della riscossa intellettuale e della rinascita civile è possibile laddove gli occidentali e i musulmani riscoprono la centralità della persona facendo prevalere i valori della vita.Grazie Jaques Lefranc. Grazie Robert Menard. Grazie Jihad Momani. Grazie Maha Al Sharif. Con il loro coraggio i direttori del quotidiano francese France Soir, di Reporters sans frontieres, dei settimanali giordani Shehane e The Star,
hanno aperto una breccia di luce e lasciato trasparire un barlume di speranza nella crisi delle menti e dei valori che si è avviluppata nelle tristemente note «vignette sataniche».
Si è trattato di un soffio d'aria pura nel clima avvelenato che pervade un mondo islamico che riscopre la sua unità nella logica delle intimidazioni, nella cultura dell' odio e nella pratica del terrorismo. Con a fronte un Occidente rimpicciolito più che mai da una paura che dopo essersi impossessata degli animi viene assurta a ideologia di Stato, forgiando l'attività dei governi e paralizzando l'iniziativa della società civile. Se dovessimo oggi fissare l'immagine del tanto paventato «scontro di civiltà», ebbene dovremmo prendere atto che l'Occidente è costretto sulla difensiva non solo nei confronti del «nemico» esterno, ma soprattutto del «nemico» più insidioso, quello che si annida e cresce al proprio interno.
Stiamo parlando delle organizzazioni integraliste ed estremiste islamiche che, dai pulpiti delle moschee trasformate in centri di indottrinamento ideologico, hanno promosso una strategia di sottomissione delle comunità immigrate musulmane sfruttando abilmente l'ingenuità e la collusione degli europei. Coordinate da veri e propri centri di comando, tra cui spicca la «Unione internazionale degli ulema» con sede a Dublino, capeggiata guarda caso dal noto telepredicatore della tv Al Jazeera, lo sheikh Youssef Qaradawi. Il referente spirituale e giuridico dell'insieme dei Fratelli musulmani in Europa, posto anche alla guida del «Consiglio europeo della fatwa e della ricerca», anch'esso con sede a Dublino. Tra i 300 membri della «Unione internazionale degli ulema» figurano il mufti di Gerusalemme, Ikrima Sabri, e il presidente della «Associazione degli ulema musulmani dell'Iraq», Haris al Dhari. Tutta gente che, come hanno esplicitato in un comunicato del 19 novembre 2004, hanno legittimato «la resistenza, dentro e fuori l'Iraq, fino alla liberazione dell'Iraq», specificando che «è jihad difensivo che non necessita di un comando generale e che comporta l'obbligo della partecipazione di tutti». Tutta gente che plaude agli attentati terroristici suicidi che massacrano gli israeliani o gli occidentali in Iraq. Tutta gente che impartisce gli ordini dall'Europa, come quello che annuncia per oggi una «Giornata mondiale dell'ira» contro la pubblicazione delle vignette raffiguranti il profeta Mohammad (Maometto).
Eppure Qaradawi e i suoi Fratelli musulmani dovrebbero sapere che la raffigurazione del profeta è sempre avvenuta nel corso della storia islamica. Se proprio non lo sapessero, vadano nel sito degli islamici riformatori e liberali www.muslimwakeup.com e nel forum troveranno un link che rimanda a una voluminosa raccolti di ritratti su tela e in miniatura, nonché vignette satiriche sul profeta.
A parte ciò, anche qualora i musulmani non dovessero ritrarre il loro profeta, perché mai dovrebbe essere vietato a un non musulmano? Infine per quale ragione ai musulmani è ampiamente concesso ritrarre vignette offensive dei cristiani e degli ebrei, senza che sia stata proclamata alcuna «guerra santa» contro l'insieme dell'islam, mentre tutto il mondo sarebbe tenuto a un particolare riguardo nei confronti della sensibilità dei musulmani?
Addirittura, con una sconcertante logica, il ministro dell'Interno saudita ha ieri reiterato la richiesta di una condanna da parte del Vaticano. Ma l'Arabia Saudita si è mai scusata con il Vaticano per i tanti cristiani che sono stati sgozzati in Iraq, massacrati nel Sudan, perseguitati ovunque nei Paesi musulmani? Noi siamo grati ai giornalisti francesi e giordani perché hanno dimostrato nei fatti di avere a cuore, al di là delle loro fedi o idee, una comune civiltà umana fatta di amore e di vita.

Di seguito, il commento di Fiamma Nirenstein, da La Stampa:

L'oltraggio che esprime il mondo islamico a causa della vignetta che caricaturizza il profeta Maometto è codificato dal Corano. La legge musulmana ritiene l'offesa al Profeta un reato grave, che può essere punito a seconda delle circostanze. È dunque sensato che i clerici e i loro seguaci esprimano rabbia e oltraggio? Da un punto di vista strettamente religioso potrebbe esserlo. E nella società moderna, potrebbe divenire oggetto di pacato dibattito; ogni religione quando correva il suo anno 1427 aveva un senso di sè molto più letterale e identitario di quanto non accada quando la religione è più stagionata, si potrebbe sostenere; e anche che oggi le religioni cristiana ed ebraica considerano salutare una bella risata su se stesse perché hanno avuto a disposizione più tempo per digerire le proprie pecche; e che forse è tempo che l'Islam ci raggiunga nel nostro tempo.
Ma non sembra solo questione di tempo: c'è qualcosa di molto inquietante nell’agitazione che scuote le folle musulmane in Europa e si estende al Mediorente, conducendo ieri al rapimento di un cittadino tedesco a Nablus e all'occupazione della sede della Comunità europea.
Per secoli molte grandi opere pittoriche e letterarie, come la Divina Commedia di Dante, hanno ritratto il Profeta in una luce negativa. Non risulta che nessuno abbia protestato perché Dante mette Maometto all'Inferno «seminator di scandalo e di scisma». Nè sarebbe appropriato perché questo potrebbe esserlo solo nei Paesi in cui vale la sharia. Quindi, ecco che qui appare l'idea che anche in Europa, poichè vi abitano tanti ospiti musulmani, la sensibilità e la legge debbano configurarsi sulla presenza islamica e se non per amore, per forza e per censura.
Questa è una scelta politica, non religiosa: ecco di nuovo per le leadership islamiste uno spunto politico per galvanizzare le folle, per applicare lo schema del vittimismo - «siamo disprezzati come musulmani, ci vogliono umiliare» - e del trionfalismo - «vi puniremo, la pagherete». È un'ennesima scelta di eccitamento politico, di aggressività antioccidentale connessa all'umore di una parte dell'Islam che ritiene che sia vicino il giorno della vittoria sull'Occidente. Ma viene spontanea una domanda: se è tanto insultante che il Profeta venga presentato vestito da terrorista, non lo è di più per l'Islam che tanti individui e organizzazioni insistano sulla santità di commettere atti di terrore in suo nome?

Di seguito, l'editoriale di Arturo Diaconale pubblicato da L'Opinione

L'oltraggio che esprime il mondo islamico a causa della vignetta che caricaturizza il profeta Maometto è codificato dal Corano. La legge musulmana ritiene l'offesa al Profeta un reato grave, che può essere punito a seconda delle circostanze. È dunque sensato che i clerici e i loro seguaci esprimano rabbia e oltraggio? Da un punto di vista strettamente religioso potrebbe esserlo. E nella società moderna, potrebbe divenire oggetto di pacato dibattito; ogni religione quando correva il suo anno 1427 aveva un senso di sè molto più letterale e identitario di quanto non accada quando la religione è più stagionata, si potrebbe sostenere; e anche che oggi le religioni cristiana ed ebraica considerano salutare una bella risata su se stesse perché hanno avuto a disposizione più tempo per digerire le proprie pecche; e che forse è tempo che l'Islam ci raggiunga nel nostro tempo.
Ma non sembra solo questione di tempo: c'è qualcosa di molto inquietante nell’agitazione che scuote le folle musulmane in Europa e si estende al Mediorente, conducendo ieri al rapimento di un cittadino tedesco a Nablus e all'occupazione della sede della Comunità europea.
Per secoli molte grandi opere pittoriche e letterarie, come la Divina Commedia di Dante, hanno ritratto il Profeta in una luce negativa. Non risulta che nessuno abbia protestato perché Dante mette Maometto all'Inferno «seminator di scandalo e di scisma». Nè sarebbe appropriato perché questo potrebbe esserlo solo nei Paesi in cui vale la sharia. Quindi, ecco che qui appare l'idea che anche in Europa, poichè vi abitano tanti ospiti musulmani, la sensibilità e la legge debbano configurarsi sulla presenza islamica e se non per amore, per forza e per censura.
Questa è una scelta politica, non religiosa: ecco di nuovo per le leadership islamiste uno spunto politico per galvanizzare le folle, per applicare lo schema del vittimismo - «siamo disprezzati come musulmani, ci vogliono umiliare» - e del trionfalismo - «vi puniremo, la pagherete». È un'ennesima scelta di eccitamento politico, di aggressività antioccidentale connessa all'umore di una parte dell'Islam che ritiene che sia vicino il giorno della vittoria sull'Occidente. Ma viene spontanea una domanda: se è tanto insultante che il Profeta venga presentato vestito da terrorista, non lo è di più per l'Islam che tanti individui e organizzazioni insistano sulla santità di commettere atti di terrore in suo nome?



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