Una riflessione sulla moralità ebraica 29.1.2006
Autore: Angelo Pezzana

Preceduto da infinite polemiche  è arrivato al cinema “Munich”, il film di Steven Spielberg che racconta la strage degli atleti israeliani alla olimpiadi di Monaco del settembre 1972  e la successiva eliminazione dei terroristi palestinesi che l’avevano organizzata, voluta da Golda Meir, allora primo ministro. Dal momento in cui il film a dicembre è stato presentato in visioni private negli Stati Uniti e in Israele non è passato giorno che i giornali non riportassero i giudizi di chi ne vedeva l’ostilità nei confronti delle ragioni israeliane, chi addirittura l’equiparazione fra gli agenti del Mossad e i terroristi di Settembre nero, come se il valore della reazione dei primi avesse le stesse motivazioni dei secondi. Poco contava che il regista americano avesse girato “Schindler’s List”, forse il film, se non il più importante, certamente il più visto e universalmente ammirato sulla tragedia della Shoah.

Pesava su “Munich” la critica di  essere  un film “politicamente corretto”, dove non tutta la verità veniva raccontata, dove i terroristi venivano rappresentati anche attraverso la loro vita quotidiana, con la possibilità di comunicare agli spettatori le loro convinzioni e le ragioni dei loro comportamenti. In pratica un film bipartisan, che nell’ansia di far parte di quell’area politica che a tutti i costi è pronta a sacrificare anche la verità storica pur di entrare a far parte del campo di chi vuole raggiungere la pace, non importa a quale prezzo. Niente di più falso. La verità, come sempre accade, è molto più semplice, anche se la maggior parte dei nostri critici cinematografici non ha saputo coglierla. Senza entrare nel giudizio estetico, il film può piacere o meno, c’è un aspetto che quasi nessun recensore ha colto e che cercherò di spiegare. Se qualcuno mi chiedesse cos’è la morale ebraica, gli consiglierei la visione di “Munich”. I film d’azione, guerra o spionaggio ci hanno abituato a vedere, e giudicare, i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, non che non sia d’accordo, anche perchè il cinema è intrattenimento, guai se diventa una lezione di storia e basta. Anche nel film di Spielberg ci sono i buoni e i cattivi, dove i buoni sono senza ombra di dubbio gli isreliani.  Tutti, nessuno escluso, fanno capire agli spettatori i tanti perchè della nascita di Israele, perchè il piccolo grande Stato ebraico deve difendersi per sopravvivere, perchè le chiacchiere non servono a nulla, sono i fatti che contano. Ma il Mossad è racconatato nella sua dimensione reale, un gruppo di persone il cui compito è garantire la sicurezza di tutti, uomini e donne normali che fanno una vita che normale non può essere, e quando se ne rendono conto hanno le normali razioni che tutti gli esseri umani avrebbero al loro posto. Dopo aver ucciso sette terroristi, Avner, il protagonista, sembra non reggere il terribile stress che lo opprime. Si pone domande, si chiede se quella sia la strada giusta per arrivare a vedere la fine della paura e del terrore che minaccia lui, la sua famiglia, lo Stato intero. Entra in una fase paranoica, mette a rischio addirittura il suo legame con Israele. Insomma, Avner è un essere umano che pensa e ragiona, non è l’eroe tutto d’un pezzo che sa solo guardare avanti, è un essere umano, ce lo comunica, ci fa partecipi delle sue domande e della sua angoscia. Ma dietro la macchina da presa e con la sceneggiatura salda in mano, Spielberg  contrappone a Avner e ai suoi compagni i terroristi palestinesi, criminali capaci solo a organizzare massacri in nome di un obiettivo raggiungibile attraverso altre vie, non ultima quella di un accordo con gli avversari. Viene in mente, guardando il film, la vittoria di Hamas alle elezioni, alla lunga scia di sangue che si è portata dietro. A differenza dei terroristi palestinesi gli uomini del Mossad si rendono benissimo conto di essere degli assassini, ma sanno che devono uccidere per legittima difesa. Questa è la morale ebraica, direi a chi mi chiedesse perchè “Munich” mi ha appassionato, fino al punto da consigliarlo a chi volesse capire di più sulle vicende del conflitto fra arabi ed ebrei.

Per capire le ragioni degli uni e degli altri e poi decidere da che parte stare.