Gli effetti senza la causa
Barbara Schiavulli descrive le condizioni di vita palestinesi, ma dimentica l'esistenza del terrorismo
Testata: Avvenire
Data: 24/01/2006
Pagina: 17
Autore: Barbara Schiavulli
Titolo: Tegua armata per le elezioni: Fatah avanti

Scorretta la cronaca di Barbara Schiavulli pubblicata da Avvenire il 24 gennaio 2006. La giornalista ci informa che molti palestinesi pensano che le elezioni non cambieranno nulla: "Le file ai posti di blocco saranno sempre interminabili, le incursioni dell'esercito israeliano per stanare i militanti non cesseranno, i loro spostamenti saranno sempre difficili ". Dimentica che i posti di blocco serveno a fermarer i terroristi suicidi, che i "militanti" sono terroristi e che è proprio il terrorrismo che, obbligando Israele a difendersi con la forza, può rendere impossibile qualsiasi miglioramento della vita dei palestinesi.

Ecco l'articolo:

Si è chiusa la campagna elettorale in Palestina. Domani un milione e quattrocentomila persone si recheranno alle urne. Gli israeliani hanno promesso di non fare incursioni per non creare tensioni. Hamas ha deciso di accettare in un possibile futuro di partecipare ai negoziati con Israele. I gruppi armati, tra cui la Jihad Islamica, nonostante boicottino le elezioni, hanno promesso di non fare attacchi.
Israele, nonostante accusi il presidente palestinese Abu Mazen di debolezza e indecisione per non essere riuscito a distruggere le infrastrutture del terrore - lo ha detto il neo ministro degli Esteri Tzipi Livni - è pronto a sedersi al tavolo dei negoziati e ad immaginare uno Stato palestinese indipendente di cui faccia parte anche Gerusalemme est, (esclusi i luoghi sacri). Anche Condoleezza Rice ha messo le mani avanti incontrando Fini: una vittoria di Hamas farebbe sorgere grossi «problemi pratici». Insomma, queste elezioni sembrano portarsi dentro le migliori intenzioni possibili. Eppure la gente non sembra convinta. Molti non credono che questo voto farà alcuna differenza nelle loro vite. Né che si parli con gli abitanti di Hebron, Ramallah, Jenin o Nablus. Le file ai posti di blocco saranno sempre interminabili, le incursioni dell'esercito israeliano per stanare i militanti non cesseranno, i loro spostamenti saranno sempre difficili e le contraddizioni che hanno caratterizzato questo pezzo di terra, non scompariranno dopo il voto.
L'81% delle forze di sicurezza (58mila unità) ha già votato, tra questi ci sono poliziotti, militanti delle brigate di al-Aqsa (l'ala armata di al-Fatah), e tutti quelli a cui l'autorità palestinese ha concesso uno stipendio o perché ha un passato da combattente e un presente da ricercato o perché è stato parte della resistenza. Domani voteranno tutti gli altri. Molti lo faranno in segno di protesta contro lo storico al-Fatah, macchiato dell'infamia di essere un partito corrotto. Proprio per questo al-Fatah, ha subito un restauro affiancando alla vecchia guardia che nessuno voterebbe, i "giovani leoni", i combattenti, quelli che hanno anni di prigione alle spalle e un presente da ricercati, quelli voluti da Marwan Barghouti, detenuto, capo e simbolo di al-Fatah. Secondo un sondaggio al-Fatah andrebbe al 43%, il movimento islamico di hamas il 43% mentre il Fronte poèpolare per la liberazione della Palestina avrebbe poco meno del 7%. Frattanto Hamas invece delle facce, ha cambiato i toni, per la prima volta ammette di poter avere un dialogo con Israele e di essere pronto ad abbandonare la lotta armata in vista di uno Stato palestinese. La Jihad Islamica, il gruppo che ha deciso di boicottare le elezioni, grida al tradimento di Hamas, ma in un comunicato rilasciato ieri, ha deciso di non impedire il regolare svolgimento delle elezioni. Israele intanto discute sul da farsi, il neopremier Ehud Olmert, andando contro i consigli dell'intelligence, ha permesso lo svolgimento delle elezioni anche a Gerusalemme est, ha ordinato alle forze armate di non entrare nei prossimi giorni nella città palestinesi e di facilitare gli spostamenti degli elettori.
Non solo, ha anche cercato di aiutare indirettamente Mahmoud Abbas dichiarandosi pronto a rilanciare dopo le elezioni nei Territori e in Israele (28 marzo prossimo), i negoziati «sull'assetto definitivo nei Territori». Lo studente sembra ormai avere superato il maestro, neanche Sharon non era mai arrivato a concedere tanto.

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