L'ambiguità di Hamas diventa "disponbilità al negoziato"
tre titoli scorretti ( e gli articoli non sono da meno)
Testata:
Data: 24/01/2006
Pagina: 22
Autore: Fabio Scuto - Eric Salerno - Michele Giorgio
Titolo: Hamas apre al negoziato con Israele - Gerusalemme, domani le elezioni palestinesi. Hamas si dice pronta a negoziare con Israele - Hamas pronta a negoziare con Israele

La Repubblica di martedì  24 gennaio 2006 pubblica a pagina 22 un articolo di Fabio Scuto intitolato "Hamas apre al negoziato con Israele". Sottotitolo: "Svolta alla vigilia del voto; La trattativa non è un tabù".
Entrambe le frasi inducono a una grave confusione. Tra la disponibilità aa accordi temporanei e tregue con Israele  e quella a un'accordo politico definitivo fondato sul riconoscimento del diritto all'esistenza del "nemico".  Le dichiarazioni, del leader di Hamas Mahmoud Zahar riguardano il primo, non il secondo punto, riguardo al quale nulla è cambiato.
Nell'articolo di Scuto si segnala il passaggio nel quale polemicamente si contrappone all'"apertura" di Hamas replica, giunta "con una certa sollecitudine" della Casa Bianca. La quale ha replicato l'annuncio dato nei giorni scorsi: non riconoscerà un governo palestinese del quale faccia parte anche Hamas, perché la legge degli Stati Uniti lo proibisce. Il sottointeso di Scuto è che la posizione dell'Amministrazione sarebbe miope di fronte ai segnali "incoraggianti" lanciati da Zahar. In realtà il fatto che questi ultimi, comunque vengano valutati, siano venuti dopo  la relativa fermezza europea e americana nell'escludere contatti politici con l'organizzazione islamista, anche qualora dovesse assumere il potere, provano che gli effetti di dichiarazioni come quelle della Casa Bianca non possono che essere positivi.

Ecco l'articolo:

GERUSALEMME - Alla vigilia delle elezioni parlamentari palestinesi, che vedono per la prima volta la partecipazione degli integralisti islamici, Hamas ha calato il suo "asso". Forte del fatto che secondo i sondaggi si appresta a diventare il secondo partito per importanza dopo al Fatah, le parole dei vertici dell´organizzazione - che ha nel suo statuto la distruzione di Israele, e che ha firmato più di 50 attentati kamikaze contro civili israeliani provocando oltre trecento morti - a poche ore dal voto si sono fatte d´un tratto più moderate. È stato il suo massimo leader nella striscia di Gaza, lo sceicco Mahmoud Zahar, a sostenere ieri che, almeno in teoria, in futuro negoziati con Israele potrebbero divenire possibili, seppure attraverso un mediatore.
«I negoziati sono un mezzo», ha annunciato ieri Zahar, «se Israele ha qualcosa da offrire in termini di cessazione degli attacchi, di ritiro dai territori occupati, di rilascio dei prigionieri... allora di mezzi se ne possono trovare anche un migliaio». A titolo di esempio Zahar cita le trattative a suo tempo intavolate da Hezbollah, con la mediazione della Germania, che portarono alla liberazione di estremisti libanesi detenuti nelle carceri dello Stato ebraico.
Finora Hamas aveva sempre escluso qualsiasi tipo di contatto con gli israeliani. «Negoziare non è un tabù», ha puntualizzato Zahar, «certo è un crimine politico quando noi palestinesi ci sediamo intorno a un tavolo con gli israeliani, e loro se ne vengono fuori con un ampio sorriso per comunicarci che ci sono progressi mentre, di fatto, non ce ne sono». Israele finora si è sempre rifiutato di prendere in considerazione l´ipotesi di trattare con Hamas - da cui pretende il totale disarmo - che considera un´organizzazione terroristica in quanto mantiene nel suo statuto il principio della distruzione d´Israele.
Alle posizioni espresse ieri dallo sceicco Zahar ha replicato con una certa sollecitudine la Casa Bianca. L´Amministrazione americana ha annunciato che gli Stati Uniti non riconosceranno nessun governo palestinese di cui faccia parte Hamas. Un simile riconoscimento, avevano già annunciato nei giorni scorsi i due inviati americani, David Welch e Elliot Abrams, violerebbe la legge degli Stati Uniti. Simili messaggi, spiegava ieri il quotidiano israeliano Haaretz sono giunti dal responsabile per la politica estera e di difesa dell´Ue, Javier Solana, e dal ministro degli Esteri spagnolo Miguel Moratinos, poiché Hamas figura nella lista delle organizzazioni terroriste dell´Ue e degli Stati Uniti.
Intanto a Ramallah, e in tutta la Cisgiordania, le quotazioni di Al Fatah, da quarant´anni partito-stato dei palestinesi, sono in rapida risalita. Il sorpasso di Hamas parrebbe scongiurato e Fatah dovrebbe mantenere ancora la maggioranza nei 132 seggi del Parlamento palestinese. Stando all´ultimo sondaggio dell´Università al-Najah di Nablus le elezioni dovrebbero essere vinte da Al Fatah con il 42,8% dei voti. A Hamas, rappresentato dalla lista «Cambiamento e riforme», andrebbe il 34,2%. Al terzo posto si piazzerebbe il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina col 6,6% dei voti; al quarto la lista «Palestina indipendente» guidata da Mustafa Barghouti. La lista formata dall´ex-ministro delle finanze Salam Fayyad, alleatosi con la deputata indipendente Hanan Ashrawi, otterrebbe il 4,8% dei voti; «Alternativa», lista formata da una coalizione di partiti di sinistra, il 3,1%.

Il Messaggero , ancora riguardo alle aperture di Hamas riesce nella difficile impresa di peggiorare nel titolo un articolo di Eric Salerno: "Gerusalemme, domani le elezioni palestinesi. Hamas si dice pronta a negoziare con Israele", enfatizza infatti la redazione del quotidiano romano. Più sobrio, Salerno scrive invece della "risposta, sempre un po' ambigua di un esponente di spicco degli islamici. Non esclude negoziati indiretti". Siamo, va osservato alla fine dell'articolo, e Salerno ha già confezionato alcuni passaggi magistrali nelle righe precedenti. A incominciare dall'esordio, che descrive i villaggi palestinesi "circondati" dai quartieri ebraici a Gerusalemme, fino ad arrivare all'immancabile celebrazione di Barghouti come "il Nelson Mandela palestinese" "processato e condannato a cinque ergastoli"; per cinque omicidi, ma questo non conta saperlo. E infatti Salerno non lo scrive.

Anche Il Manifesto , ovviamente, semplifica e distorce intitolando un articolo di Michele Giorgio "Hamas pronta a negoziare con Israele". Nell'articolo la presa di posizione dell'Unione Europea, che ha annunciato che non sosterrà finanziariamente un governo palestinese del quale faccia parte anche Hamas è inclusa tra le "pesanti interferenze esterne" alla campagna elettorale palestinese. Strana idea di intereferenza: per essere del tutto corretta l'Unione Europea avrebbe forse dovuto dichiarare che finaziarebbe l'Anp chiunque sia a governarla e qualunque cosa faccia? Che il terrorismo non costituisce affatto un problema ? Che perseguire la distruzione di Israele è una posizione politica legittima alla stregua di qualsiasi altra?
Alla fine dell'articolo è lo stesso Giorgio ad ammettere che se Hamas assume posizioni o anche solo toni più modearti lo si deve anche a una posizione finalmente ferma dell'Occidente. Scrive infatti: 

 In chiusura di campagna elettorale però i leader islamici sembrano aver capito che la loro organizzazione potrebbe rimanere tagliata fuori dai giochi che contano se non riuscirà a convincere l'Occidente. I toni dei dirigenti di Hamas si sono fatti più morbidi e persino Mahmud Zahar, capo del movimento islamico a Gaza ed esponente dell'«ala dura», ieri ha affermato che «il negoziato con Israele non e' un tabù», aggiungendo che Hamas è disposto al dialogo con lo Stato ebraico attraverso un mediatore, sul modello di quanto avvenuto in passato fra Israele e il partito libanese Hezbollah. Da parte sua Mahmud Ramahi, leader di Hamas a Ramallah, ieri incontrando alcuni giornalisti stranieri si è affannato a spiegare che Washington e Bruxelles hanno commesso un errore ad inserire il movimento islamico nell'elenco delle organizzazioni terroristiche. «Noi siamo pronti a collaborare - ha affermato - in una condizione di parità e in uno spirito di collaborazione e comprensione reciproca».

Deprecabili cedimenti all'arroganza coloniale di Europa e Stati Uniti?

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