Edgar Hilsenrath Il nazista & il barbiere
Autore: Giorgia Greco

Il nazista & il barbiere – Edgar Hilsenrath

Edizioni Marcos y Marcos Il nazista & il barbiere è un romanzo assieme atroce e ipnotico. Con le atrocità, del resto, ha dovuto convivere l’autore: l’ebreo di Lipsia Edgar Hilsenrath, che, fuggito in Romania per sottrarsi al regime nazista, venne poi deportato nel ghetto ucraino di Mogilev-Podolski fino all’intervento dei russi, nel 1944. Evitata una nuova deportazione in Siberia, Hilsenrath aderì al movimento sionista, recandosi in Palestina. Da qui partì verso la Francia e poi verso l’America, fino al definitivo rientro in Germania. Dove vive tuttora. Svariati e i più diversi sono i modi con cui gli scrittori raccontano l’orrore. Hilsenrath lo fa utilizzando una cassetta di attrezzi letterari quanto mai modulata e singolare: la brutale schiettezza si intreccia con un lirismo allucinato e ubriaco, lo humor nero e la carnalità del grottesco con un fiabesco dai toni sinistri. Ecco perché la storia raccontata risulta assieme intollerabile e avvincente. Il protagonista si chiama Max Schulz: un bambinetto ariano dal naso a becco, gli occhi da rospo e il cervello bacato, nato a Wieshalle – una cittadina della Slesia – nel 1907. Figlio illegittimo di una cameriera, Max nasce nello stesso giorno e nello stesso anno di Itzig Finkelstein, figlio di un ricco barbiere ebreo, da subito il suo migliore amico. Max impara l’Jiddish, familiarizza con le feste ebraiche, frequenta la sinagoga e allo squallido negozio da barbiere del patrigno preferisce “il salone dell’uomo di mondo” di cui è proprietario il padre di Itzig, Chaim, dal quale apprende tutti i segreti del mestiere. Nel frattempo si è consumato il primo conflitto mondiale e Max, già torturatore di topi, si è trasformato in un ragazzo colto, amante della storia e della mitologia. Anche se sovente confonde l’una con l’altra. Ma le sue metamorfosi sono infinite e non appena il nazismo prende il potere, il Nostro aderisce alle SS. Le amicizie ebraiche vengono lasciate alle spalle e quando, nel 1942, verrà spedito in Polonia nel campo di concentramento di Laubwalde, Max avrà modo di distinguersi come “sterminatore di ebrei”. Finchè, nel gennaio del 1945, sotto la pressione dei russi, i nazisti sono costretti alla ritirata e il sergente Schulz si ritrova da solo, in mezzo a una foresta polacca brulicante di partigiani, con un sacco pieno di denti d’oro strappati alle sue vittime. L’incontro con una terribile megera degna dei fratelli Grimm, che lo sottopone alle più umilianti vessazioni sessuali, finirà per innescare la nuova, definitiva metamorfosi. Conclusa la guerra, arriva il momento di cambiare identità: d’ora in avanti l’ariano Max Schulz assumerà i panni dell’ebreo Itzig Finkelstein, trucidato nel campo di Laubwalde. In mezzo alle macerie di Berlino Max trova il modo di farsi circoncidere e tatuare con il numero di un ipotetico internato di Auschwitz. Poi si mette in contatto con i comitati di soccorso agli ebrei superstiti e, dopo essersi legato momentaneamente a una contessa con la quale conduce brillanti affari al mercato nero, diventa un fervente sionista. Parte per la Palestina e proprio lì aprirà un negozio di barbiere: il nuovo salone dell’uomo di mondo. Ma gli occhi dei milioni di ebrei sterminati lo accompagneranno ovunque, scrutando le sue giornate: a maggior ragione quelli di Itzig, a cui ha strappato la vita e l’identità. E quando Mira, la sua sposa, gli regalerà un maschietto, quello nascerà senza braccia né gambe. Senza corpo né faccia. “Aveva solamente gli occhi. Giganteschi occhi da rospo. Che si fissarono su di me e si chiusero per sempre”. Di lì a poco, dopo un fallito tentativo di trapianto di cuore (il cuore di un rabbino), anche gli occhi di questa agghiacciante creatura si chiuderanno per sempre.

Franco Marcoaldi

 Almanacco dei Libri - Repubblica