Riflessioni dopo una camminata al rifugio in montagna 11/06/2013
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Poteva essere la conclusione di una giornata gradevole, dopo una sfacchinata ad arrampicare. Al rifugio dove mi fermai, al tavolo seduti vicino a me, due signori che vedendomi addobbato con l’attrezzatura da alpinismo, dopo le solite quanto stupide domande, per appagare la loro curiosità sull’argomento, chissà come il discorso è scivolato sulla politica. Guarda caso i miei interlocutori: uno era un piccolo industriale brianzolo, l’altro un prof. di teologia presso una università milanese (potete immaginare quale). Ahimè pensai, questa giornata terminerà con la solita quanto imprevista rottura di palle. Il brianzolo incominciò “per caso” a parlare dei musulmani e dell’islam, con un occhio particolare verso i poveri e sfruttati immigrati palestinesi. Ho la netta sensazione che lei sia comunista vecchio stampo, neppure catto-comunista dissi. Lui fieramente confermò e, incominciò un comizio non richiesto di becera propaganda antisemita, tra le più stomachevoli fra le tante udite in questi anni. Incominciai a friggere… Sbaglio o lei è così ottusamente inquadrato nella sua nefasta ideologia marxista da non voler riconoscere i fatti storici documentati e le discriminazioni del popolo ebraico di tutti i secoli fino ad oggi. Non è vero rispose: è risaputo che le mire giudaiche sono volte alla conquista del mondo. Le ho chiesto se avesse approfondito la sua scarsa intelligenza leggendo sbadatamente i Protocolli dei Savi di Sion e Il Mein Kampf. Fieramente confermò che per lui erano stati libri formativi e la realtà odierna avvallava i due ignobili libelli. Alla mia domanda che ne pensasse dei continui massacri di civili e sgozzamenti d’innocenti, la sua risposta fu agghiacciante: Ogni mezzo è buono e giustificabile per combattere l’aggressione colonialista israeliana. Ho chiesto cosa ne pensasse di hamas. Si esibì in una sperticata difesa dei mezzi di aggressione utilizzati pur di riconquistare la terra usurpata dagli ebrei. Ascoltavo allibito. Mentre continuava sproloquiava affermando che Assad era uno dei migliori galantuomini, così come lo fu Saddam Hussein. Aveva girato in lungo e in largo tutto il Medio Oriente, e non aveva mai trovato atti di ostilità nei suoi confronti, inoltre era nel diritto degli islamici imporre con ogni mezzo la sharia, giacché padroni di casa loro. Peccato ribattei che, in Europa vengono ad islamizzare il continente senza badare ai mezzi terroristici, sanguinari e criminali. Era così infoiato nella arringa difensiva degli innocui terroristi che mancò poco che gli andasse di traverso il boccone di polenta. Io invece a udire simili bestialità non riuscii a toccare cibo. Alla fine prima che si alzasse, chiesi cosa ne avrebbe pensato se a Milano Pisapia l’arancione (non buddista) avesse intenzione di erigere un monumento alla defunta Franca Rame e dedicare in seguito una piazza al comunista repubblichino Dario Fo, tutto eccitato rispose: che sarebbe stato un riconoscimento assolutamente condivisibile. Poi si alzò col pretesto di prendere un caffè al banco. fu allora che intervenne il teologo il quale con voce suadente prese le difese dell’estremista giustificandolo: sembra così, ma le posso assicurare che è un’ottima persona. Alla faccia!! E, a sua volta iniziò a farmi l’elegia del ventennio fascista, in fondo Mussolini non gliel’aveva con gli ebrei, e poi quante cose giuste aveva fatto per gli italiani, probabilmente il teologo, non ricordava le persecuzioni, le discriminazioni messe in atto con le famigerate leggi razziali. L’assassinio dei fratelli Rosselli fu un altro incidente di percorso? I campi d’internamento allestiti dove erano rinchiusi gli ebrei e oppositori del regime per poi consegnarli alle SS. che stipavano gli sventurati nei vagoni piombati. Insomma una miserabile copia d’intolleranti, con tendenze ideologiche criminali. Impensabili sentirle vomitare laidamente dalla bocca di un teologo. Una signora poco distante ascoltava impietrita il dialogo, infine si rivolse a me sussurrando: “Ce ne fossero a Milano persone così decise come lei…”

Jean Génois