Ahmadinejad vuole ritardare le sanzioni
analisi sulla missione in Arabia Saudita
Testata: Il Foglio
Data: 03/03/2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: La grande ammuina di Ahmadinejad per rimandare le sanzioni
Dal FOGLIO del 3 marzo 2007:

Roma. Mahmoud Ahmadinejad non perde occasione per nominare i suoi nemici. Anche in Sudan ha ribadito“Israele è il vero satana” e “tutti i mali del mondo sono causati dai sionisti e dagli americani”. Ma alla spavalderia ostentata nei confronti degli avversari non corrisponde un’analoga sicumera in tema di alleati. Come ha sottolineato un diplomatico iraniano, “i nemici sono un problema e gli amici pure. La differenza è che mentre le nostre inimicizie sono stabili, le amicizie sono molto più incerte”. Teheran è implicata in tutti i più scottanti dossier regionali, ma nella geografia delle alleanze, con la questione nucleare aperta, la rafforzata presenza americana nel Golfo Persico e, sullo sfondo, l’insolita coesione del fronte sunnita, il regime deve fare anche qualche mossa in difesa. E’ con questo spirito che Ahmadinejad affronta oggi la sua missione a Riad. Si tratta della prima visita ufficiale da parte del presidente iraniano, che – secondo voci di Teheran – ha personalmente sollecitato un incontro con il re saudita Abdullah. Il quale non ha fatto mistero in passato della sua insofferenza nei confronti del leader iraniano, capo di quel “cuneo sciita” che altera gli equilibri della regione mediorientale. L’obiettivo di Ahmadinejad è quello di tenere aperto il canale con Riad in modo da raggiungere un’intesa di massima tanto sul Libano quanto sull’Iraq. Molti analisti sostengono che l’Arabia Saudita non farà alcuna concessione. Ma, con la prospettiva di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza che prende (faticosamente) corpo insieme con lo spauracchio di altre più temibili sanzioni, Teheran non ha alternative se non cercare di mitigare le pressioni internazionali. Poiché l’obiettivo atomico non è messo in discussione, l’Iran moltiplica gli sforzi per agganciare più interlocutori possibili, complicare e allungare i tempi del negoziato e aprire un varco nel fronte occidentale per le sanzioni. Per questo Teheran vuole andare a Baghdad e sedere al tavolo di chi decide, ma allo stesso tempo deve impedire che la sua presenza si trasformi in un processo alle attività dei pasdaran in Iraq e in una legittimazione del ruolo del Consiglio di sicurezza. Non è un caso che i tempi della visita a Riad coincidano con i colloqui del tavolo dei 5+1 (i membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu e la Germania) sulle “sanzioni che mordano”, come ha richiesto Washington. Le fonti diplomatiche parlano di “dialogo costruttivo” anche con Mosca e Pechino. Ieri il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, ha detto al termine di una conference call che l’accordo su una nuova risoluzione è vicino – forse già oggi, anche se concretamente si comincerà a mettere mano alla bozza da lunedì – e “dovrebbe riprendere lo spirito della risoluzione 1.737, rafforzando l’impatto di questo testo”, il che significa sanzioni più dure, ma non nuove rispetto a quelle già previste. Il sottosegretario di stato americano, Nicholas Burns, ha fatto trapelare che la reazione sarà forte, ma non tanto quanto l’Amministrazione Bush avrebbe sperato. Intanto Teheran non vuole smuovere le acque, e aspetta che gli interessi economici dei singoli paesi europei compromettano la compattezza del fronte occidentale. Come ha detto Annalisa Giannella, rappresentante sulla non proliferazione del capo della diplomazia di Bruxelles, Javier Solana: “Ci sono paesi che hanno interessi consistenti in Iran ed è impossibile che li lascino perdere da un giorno all’altro perché questo implicherebbe conseguenze molto gravi per la nostra economia”. Così i tempi si dilatano e l’Iran continua a tenere duro perché – visto da Teheran – quello europeo è soltanto un bluff e l’ostracismo leggero della troika potrà sempre essere allentato da iniziative alternative, come quella italiana. A gennaio Washington ha vietato qualsiasi transazione con la Bank Sepah, la più antica banca iraniana. L’estensione di una sanzione di questo tipo ai partner europei avrebbe un effetto dirompente sull’ostentata sicurezza iraniana. Anche di questo si discuterà tra i 5+1, ma è difficile che un disegno di questo tipo possa venire accolto. Altrettanto in salita è la strada per chi tenti di colpire i rifornimenti bellici per Teheran a causa del più che probabile veto russo.

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