Il blogger egiziano Karim Amer condannato a quattro anni di carcere
per aver scritto contro il velo islamico e contro Mubarak
Testata: Corriere della Sera
Data: 23/02/2007
Pagina: 1
Autore: Viviana Mazza
Titolo: L'Egitto condanna a 4 anni il blogger anti-velo
Dal CORRIERE della SERA del 23 febbraio 2007:

MILANO — Un ragazzo di 22 anni in
t-shirt, la faccia immobile, inespressiva. Un processo durato cinque minuti. Una condanna a quattro anni di carcere. Questa la punizione inflitta ieri al blogger egiziano «Karim Amer» dal giudice Ayman al Akazi ad Alessandria d'Egitto: tre anni per offesa all'Islam e incitamento all'odio, un anno per aver insultato il presidente HosniMubarak.
È il primo blogger in Egitto ad essere condannato per i suoi scritti. Viene portato via senza dire una parola. La sua stessa famiglia lo ha ripudiato: due giorni prima del processo, il padre ha detto al quotidiano
Masri El Yom che Karim
merita la morte se non si pente di fronte ad Allah.
Abdul Karim Nabil Suleiman, noto online con lo pseudonimo di Karim Amer, ha creato un blog nel 2005 ( karam903.blogspot.com). Al tempo frequentava l'università islamica di Al Azhar, al Cairo.
Cresciuto ad Alessandria in una famiglia molto religiosa, ha frequentato scuole islamiche sin dall'età di sei anni. Ha visto le sorelle lasciare la scuola ed essere costrette a indossare il niqab, il velo integrale. Alla fine si è ribellato, diventando un sostenitore della libertà di espressione e delle donne, tanto da sognare di fondare un ufficio legale per la difesa dei diritti umani. Nel suo blog aveva definito Al Azhar «l'università del terrorismo». L'aveva accusata di «riempire i cervelli degli studenti e trasformarli in bestie umane... insegnando loro che non c'è posto per le differenze in questa vita». Espulso lo scorso marzo dall'università, aveva continuato a scrivere, anche contro il governo, definito un «esempio di dittatura», e Mubarak, paragonato ai faraoni dell'antico Egitto.
A novembre è stato arrestato. Interrogato quattro volte prima della condanna di ieri, ha sempre affermato di aver soltanto espresso le proprie opinioni. Non era la prima volta che finiva in carcere: nell'ottobre 2005 aveva denunciato «la brutalità e la barbarie dei musulmani» nel suo blog dopo un attacco contro una chiesa cristiana ad Alessandria (in seguito a una rappresentazione teatrale considerata offensiva verso l'Islam). Era stato però rilasciato, senza processo.
Nei mesi passati per il rilascio di Karim si sono levate voci da tutto il mondo: 2.000 persone dagli Stati Uniti al Bahrein hanno firmato una petizione, due deputati americani, un repubblicano e un democratico, hanno scritto al governo egiziano. Sono state indette manifestazioni in molte capitali europee: anche a Roma, il 15 febbraio, davanti all'ambasciata egiziana, su iniziativa dell'onorevole Daniele Capezzone.
Human Rights Watch e Amnesty International
hanno chiamato l'Egitto a rispettare gli articoli sulla libertà di espressione presenti nella stessa Costituzione del Paese e nel Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui è firmatario. Dopo un'udienza il 25 gennaio, mentre veniva portato in prigione dalla polizia, Karim aveva sorriso alle telecamere facendo una V con le dita. Era fiducioso. Ma ieri all'avvocato difensore Rawda Ahmed non è stato consentito di parlare in aula. Ha potuto solo consegnare un memorandum prima del processo. Il giudice ha emanato la condanna sulla base di tre articoli del codice penale che puniscono l'offesa al presidente e l'incitamento all'odio religioso. Ci sarà un ricorso in appello. «Ma possiamo solo far ridurre la pena. Non possiamo farlo scarcerare», dice al Corriere Dalia Ziada, portavoce della difesa.
Perché tanto accanimento nonostante le pressioni internazionali? In passato altri blogger sono stati arrestati in Egitto, per aver partecipato a manifestazioni di protesta contro il governo. Detenuti per settimane, sono stati rilasciati alla fine. «Da una parte i blogger egiziani pubblicano sempre più informazioni e video di denuncia. «Il governo sembra determinato a sopprimere questa finestra di libera espressione — dice Tom Porteous di
Human Rights Watch —. Dall'altro questa è un'opportunità per gettare un osso agli estremisti islamici, accontentandoli per ragioni politiche. Lo stesso governo che ha arrestato almeno 200 membri della Fratellanza musulmana, si serve del caso di Karim per dimostrare di difendere l'Islam e così legittimarsi agli occhi degli ambienti più conservatori». Il caso di Karim si presta a reprimere la libertà di espressione anche perché «molti blogger sono contro di lui — spiega Ziada —. Non trovano giusto che abbia insultato l'Islam. Ma si sbagliano perché non capiscono che un giorno anche loro potrebbero trovarsi al suo posto».
CONDANNATO Abdul Karim Nabil Suleiman, 22 anni, blogger egiziano amico dell'ex imam della moschea di Milano, è stato processato per «vilipendio all'Islam e contro il presidente Hosni Mubarak» e condannato a quattro anni di carcere.
Abdul aveva creato un blog nel 2005.
Sostenitore della libertà di pensiero e dei diritti delle donne, si era espresso anche contro il governo egiziano (Ap)

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