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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024

Giugno 2013


L'UNRWA e i rifugiati palestinesi
Intervista con la prof.ssa Nitza Nachmias






L'UNRWA e i rifugiati palestinesi


L’UNRWA E I RIFUGIATI PALESTINESI


Le origini dell’UNRWA



  • La “United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East” è stata fondata con la risoluzione 302 (IV) dell’8 dicembre 1949, rubricata “Assistance to Palestine Refugees”, assistenza ai rifugiati di Palestina.
  • La risoluzione di fondazione dell’UNRWA affida alla neo-nata agenzia la gestione del programma di assistenza ai rifugiati di Palestina predisposto dalla risoluzione 212 (III) del 19 novembre 1948, che consisteva di 5 milioni di dollari (circa 150 milioni di dollari oggi).
  • Il programma originario, prima azione dell’ONU per i rifugiati, prevedeva l’assistenza umanitaria ai rifugiati di Palestina di tutte le comunità (par. 1 del preambolo e art. 12), riferendosi ad arabi ed ebrei che avevano perso la casa in conseguenza alla guerra arabo-israeliana del 1948.
  • Il testo delle risoluzioni usa il linguaggio anteriore alla costituzione dello Stato di Israele, riferendosi a “Palestina” come all’intera area dove dovevano sorgere lo Stato ebraico e lo Stato arabo. Successivamente, le risoluzioni sono state interpretate secondo la narrativa araba, considerando “Palestina” come lo Stato dei palestinesi.
  • Il programma di assistenza doveva durare 9 mesi, con scadenza nell’agosto 1949, quando si è pensato di istituire un’agenzia che risolvesse la crisi dei rifugiati aggravata dalle tensioni politiche nel Medio Oriente.
  • L’UNRWA, secondo il testo della risoluzione, doveva lavorare in collaborazione con le altre agenzie ONU e fungere da appoggio agli Stati del Vicino Oriente nell’esecuzione di programmi e progetti per la risoluzione del problema dei circa 600.000 rifugiati, in vista di una progressiva diminuzione dell’assistenza internazionale, che doveva terminare il 31 dicembre 1950.
  • Il Comitato Consultivo dell’UNRWA era inizialmente composto da: Turchia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti.
  • Dopo il 1950, il mandato dell’UNRWA è stato periodicamente rinnovato, facendone un’agenzia de facto permanente, con obiettivi e struttura radicalmente mutati.

L’UNRWA oggi


  • L’UNRWA oggi gestisce un bilancio biennale di 1,3 miliardi di dollari, con un deficit annuo di circa 64 milioni di dollari. I finanziamenti dell’UNRWA sono donazioni di Paesi membri della Comitato Consultivo, donazioni spontanee di altri Pasi membri dell’ONU e di individui–caratteristica esclusiva dell’UNRWA non comune a altre organizzazioni internazionali. Stati Uniti e Unione Europea finanziano il 42% del bilancio totale dell’UNRWA.


  • L’UNRWA impiega 29.000 lavoratori palestinesi in maniera permanente, e altro personale internazionale.
  • Dagli iniziali 600.000 rifugiati, UNRWA gestisce ora servizi per più di 5.270.000 rifugiati e loro discendenti in cinque aree: Gaza, Cisgiordania, Giordania, Siria, Libano, dove si sono stanziati i residenti della Palestina Mandataria fuggiti in seguito alla Guerra del 1948. Di questi, circa 4.700.000 sono considerati rifugiati, e altri circa 300.000 sono considerati “altre persone registrate”.
  • Dall’assistenza umanitaria ai rifugiati, l’UNRWA è diventata un’agenzia di servizi in ambito educativo, sanitario, assistenziale, finanziario, infrastrutturale e di emergenza.
  • UNRWA gestisce 700 scuole, offrendo educazione gratuita per tutto il periodo scolare a circa 500.000 bambini e ragazzi, impiegando 20,000 insegnanti. I servizi educativi comprendono: corsi di formazione al lavoro in diversi ambiti (dal business alla moda, dall’infermieristica all’architettura), borse di studio per l’università ecc.
  • UNRWA gestisce 138 ospedali, 117 studi dentistici, impiegando un personale medico di 3.600 unità e dando assistenza a circa 10 milioni di pazienti l’anno.
  • UNRWA finanzia diversi programmi di microcredito, per l’imprenditoria domestica, l’imprenditoria giovanile, le startup e per l’assistenza delle famiglie di disoccupati.
  • UNRWA costruisce strade, edifici, ospedali, scuole e altre opere infrastrutturali nei luoghi in cui risiedono quanti sono considerati dall’UNRWA rifugiati, che sono definiti “campi di rifugiati”.
  • UNRWA interviene con altri progetti nei quattro ambiti precedenti in casi di conflitto, principalmente a Gaza, Cisgiordania e in Libano. Spesso i casi di conflitto sono tra fazioni arabe, come nel caso di Nahr el-Bared un villaggio definito “campo di rifugiati” teatro nel 2007 di violenti scontri tra forze armate libanesi e il gruppo fondamentalista Fatah al-Islam.
  • La risoluzione che fondava l’UNRWA prevedeva un massimo di 7 membri del Comitato Consultivo, in vista di un rapido discioglimento dell’organizzazione. Oggi il Comitato conta 25 membri; agli originari quattro, Francia, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti, si aggiungono anche: Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Egitto, Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Giappone, Giordania, Kuwait, Libano, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Arabia Saudita, Spagna, Svezia, Svizzera e Siria. Come osservatori ci sono anche: Palestina, Unione Europea e Lega Araba.

Le unicità dell’UNRWA
  • L’UNRWA è l’unica agenzia ONU dedicata a una specifica comunità nazionale, i palestinesi, mentre le altre agenzie ONU hanno un ambito specifico di lavoro (la FAO nell’alimentazione, UNDP nello sviluppo, UN Women dei diritti delle donne ecc.) o una missione particolare in una zona di conflitto (Missione ONU in Somalia, Missione ONU in Libano ecc.).
  • L’UNRWA lavora per un gruppo particolare di palestinesi considerati “rifugiati”, ma esiste un’agenzia ONU per i rifugiati nel mondo, l’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), che lavora secondo una definizione di rifugiato diversa. Inoltre, l’UNRWA è l’unica agenzia ONU che concepisce lo status di rifugiato come permanente e intergenerazionale, conferendolo non solo agli originari 600.000 sfollati in seguito alla Guerra del 1948, ma anche ai loro discendenti.
  • L’UNRWA è l’unica agenzia ONU che assume personale permanente tra i beneficiari cui dà assistenza.
  • L’UNRWA è l’unica agenzia ONU che fornisce in maniera permanente a un gruppo nazionale una serie di servizi cui solitamente provvedono gli Stati, come scuole, ospedali e infrastrutture pubbliche.
  • L’UNRWA è l’unica agenzia che opera raccolte fondi per donazioni da singoli individui, come solitamente fanno associazioni e fondazioni.

Le critiche all’UNRWA
  • Concepita come un’organizzazione temporanea per i rifugiati di Palestina, l’UNRWA è divenuta un’agenzia che fornisce servizi a quanti sono stati considerati rifugiati palestinesi in seguito al conflitto arabo-israeliano del 1948 e ai loro discendenti. Nei 60 anni di attività molti accademici, politici e giornalisti hanno espresso dubbi e criticato l’operato dell’UNRWA in relazione al conflitto e a Israele. In particolare tre aspetti dell’operato e dell’esistenza dell’UNRWA sono considerati negativi per sia per il conflitto arabo-israeliano sia per l’indipendenza e lo sviluppo degli stessi palestinesi.
  • La prima critica si concentra sulla definizione di “rifugiato palestinese” secondo l’UNRWA e di “campo di rifugiato”, che è unica per i palestinesi e concepita secondo una costruzione narrativa e non giuridica funzionale all’esacerbarsi delle rivendicazioni storiche dei palestinesi.
  • La seconda critica osserva che il riconoscimento dello status di rifugiato ai discendenti dei 600.000 sfollati del 1948 crea dipendenza e perpetua la precarietà economica e politica dei palestinesi.
  • Infine, la terza critica si concentra sull’operato dell’UNRWA che, fornendo servizi, si sostituisce agli Stati in cui sono residenti i beneficiari considerati rifugiati, indebolendo così il ruolo dell’ANP e rafforzando i suoi antagonisti, in particolare Hamas.

La definizione di rifugiato
Entrata del campo profughi Aida, Betlemme

  • Secondo il diritto internazionale si considera rifugiato chi è dovuto scappare dal proprio Paese a seguito di un conflitto e non può farvi ritorno perché teme per la propria vita o perché potrebbe esser vittima di persecuzioni.
  • L’UNRWA si è dotata di una definizione operativa di rifugiato palestinese, che comprende chiunque avesse normale residenza nell’allora Palestina Mandataria (Israele e Territori Palestinesi oggi) tra il 1946 e il 1948 e che si sia allontanato in conseguenza del conflitto mosso dai Paesi arabi contro il neonato Israele.
Campo profughi Nahr el-Bared, Nord Libano
  • I luoghi dove si sono temporaneamente stanziati i “rifugiati palestinesi” sono definiti ancora “campi di rifugiati”, nonostante siano divenuti delle cittadine con edifici, rete elettrica, acqua corrente e rete fognaria.
  • Secondo il diritto internazionale, è dovere dello Stato ospitante naturalizzare o provvedere alla rilocazione dei rifugiati, per il loro rapido assorbimento nelle società dove hanno trovato accoglienza.
  • I “rifugiati palestinesi” sono una categoria para-giuridica funzionale alle sole attività dell’UNRWA. Inoltre, l’UNRWA concede lo status di “rifugiato palestinese” anche ai discendenti dei 600.000 sfollati del 1948, per un totale, a oggi, di 4.700.000 “rifugiati palestinesi”.
  • L’UNRWA infine parifica allo status di rifugiato anche altri individui definiti “persone registrate UNRWA”, che hanno gli stessi benefici e servizi erogati ai soli rifugiati.
  • La perpetuazione dello status di rifugiato legittima anche il “diritto al ritorno” ai luoghi e alle proprietà lasciate in seguito al conflitto.
  • La specificità dell’UNRWA è considerata un’azione politica che ha l’effetto di radicalizzare il conflitto arabo-israeliano, alimentando le aspirazioni di un gruppo che vede in Israele la causa della propria precarietà politica e sociale.

La creazione della dipendenza: l’UNRWA fa bene ai Palestinesi?



  • L’UNRWA doveva inizialmente lavorare a sostegno degli Stati dell’area mediorientale per l’esecuzione di progetti e programmi in favore dei “rifugiati palestinesi”, diventando però un’agenzia permanente che lavora direttamente per i “rifugiati” e i loro discendenti.
  • Il lavoro dell’UNRWA consiste nell’erogazione diretta di servizi e nell’impego di personale palestinese permanente, funzionando come agenzia para-statale e sostituendosi agli Stati nella costruzione e gestioni di scuole e ospedali.
  • La diretta fornitura di servizi e l’impiego di personale permanente in sostituzione agli Stati rende l’UNRWA un’agenzia indispensabile per la comunità di beneficiari, quando la missione sarebbe invece di creare opportunità perché i “rifugiati palestinesi” divengano indipendenti.
  • A causa di questa dipendenza stanno aumentando le ostilità tra popolazione palestinese e UNRWA. Dopo i tagli sul bilancio all’inizio dell’anno, l’UNRWA ha diminuito nell’aprile 2013 la distribuzione di denaro contante tra i “rifugiati”, causando dimostrazioni e assalti agli uffici UNRWA a Gaza, dove sono registrati 800.000 “rifugiati” UNRWA (due terzi della popolazione di Gaza).
  • Il lavoro dell’UNRWA nei Paesi in cui i “rifugiati palestinesi” non sono stati naturalizzati (come in Giordania) o in cui sono discriminati ed emarginati (come in Libano) si rende necessario perché nei 60 anni di esistenza l’UNRWA non ha mai denunciato le violazioni dei diritti umani dei palestinesi da parte degli Stati in cui questi sono residenti.
  • Il lavoro dell’UNRWA neri territori amministrati dall’Autorità Nazionale Palestinese si sostituisce ai servizi erogati dall’ANP, divenendone quasi un competitore, con pari bilanci e attività.
  • Se lo scopo è l’assorbimento dei “rifugiati palestinesi”, con la creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese, l’UNRWA avrebbe potuto lavorare per il rafforzamento delle strutture politiche e amministrative dell’ANP e per il graduale rimpatrio dei “rifugiati palestinesi” nei territori amministrati dall’aspirante stato nazionale palestinese.
  • L’UNRWA giustifica la propria esistenza per la perpetuazione dello status di rifugiato palestinese dovuto alle circostanze straordinarie per cui i rifugiati si sono creati. L’origine storica degli allora rifugiati non ha alcun tratto che distingua i palestinesi da altri rifugiati e la considerazione di una presunta peculiarità origina da una visione politica della creazione dello Stato di Israele e del conflitto arabo-israeliano.
  • La legittimazione del “diritto al ritorno” è considerata uno strumento politico anti-israeliano che vorrebbe l’assorbimento nello stato di Israele di 5 milioni di “rifugiati palestinesi”. Negli anni ’50, l’allora Ministro degli Esteri israeliano Moshe Sharett aveva proposto una compensazione pecuniaria in considerazione anche dei rifugiati ebrei dai Paesi arabi in conseguenza della creazione di Israele, accolti e naturalizzati israeliani.

Le questioni politiche dell’UNRWA

  • Dopo la Guerra dei Sei Giorni nel 1967 e l’inizio dell’amministrazione israeliana in Cisgiordania e Gaza, Israele ha garantito la continuità del lavoro dell’UNRWA, con cui intrattiene rapporti conflittuali.
  • L’UNRWA accusa Israele di impedire i normali lavori di assistenza ai rifugiati a causa delle misure di sicurezza, riferendosi in particolare ai posti di blocco, coprifuoco e controllo del traffico.
  • In occasione dei vari scontri armati e dei conflitti più prolungati, l’UNRWA ha spesso denunciato le azioni militari israeliane che hanno colpito infrastrutture e personale UNRWA.
  • Israele accusa l’UNRWA di adottare una linea politica apertamente anti-israeliana: l’UNRWA non si esprime sulle questioni interne palestinesi, come la guerra civile a Gaza e le violazioni dei diritti umani, né prende chiara distanza dal terrorismo.
  • L’accusa principale all’UNRWA consiste nell’educazione all’odio: le scuole UNRWA adottano i programmi didattici dei governi in cui si trovano i “campi rifugiati”. In particolare, i libri di testo palestinesi utilizzano un linguaggio e delle immagini chiaramente anti-israeliane. L’UNRWA permette anche la diffusione di una certa narrativa anti-israeliana che difende ed esalta i martiri suicidi.
  • L’UNRWA si difende sostenendo che i programmi educativi sono in accordo con le autorità nazionali che governano il territorio dove gli uffici UNRWA operano.
Peter Hansen, Commissario Generale dell’UNRWA 1996-2005
  • Il Commissario Generale dell’UNRWA Peter Hansen, in carica dal 1996 al 2005, in un’intervista alla televisione canadese CBC ha dichiarato che sicuramente l’UNRWA impiegava personale appartenente a Hamas, poiché l’UNRWA non può discriminare secondo le convinzioni politiche. Hansen ha anche dichiarato che Hamas è anche un movimento politico e che l’appartenenza all’organizzazione non rende gli individui dei militanti.
  • Durante la Guerra a Gaza nel 2009, Israele ha colpito un obiettivo vicino alla scuola di Jabalya, gestita dall’UNRWA. Israele ha accusato Hamas di usare le strutture UNRWA a fini terroristici. L’UNRWA ha accusato Israele di aver deliberatamente colpito la scuola e di aver causato 350 morti. L’UNRWA ha poi ritrattato la versione, sostenendo che Israele avrebbe colpito un obiettivo vicino alla scuola senza causare morti.
 Un’ambulanza ONU usata dai miliziani nel 2004 a Gaza
  • L’incidente diplomatico più grave si registra nel 2004, quando un’ambulanza UNRWA è stata usata per il trasporto di terroristi suicidi diretti in Israele. L’UNRWA ha ammesso l’incidente e ha esortato a rispettare la neutralità dell’organizzazione.
  • La presenza dell’UNRWA in Cisgiordania e Gaza crea spesso tensioni con gruppi e movimenti che vogliono una maggiore indipendenza dell’Autorità Nazionale Palestinese.
  • Hamas ha una posizione conflittuale verso l’UNRWA: nel 2009 dei miliziani hanno saccheggiato i depositi alimentari dei magazzini gestiti dall’UNRWA, che ha minacciato di sospendere gli aiuti.
Proteste nella sede dell’UNRWA a Ramallah, gennaio 2013
  • Le politiche dell’UNRWA riguardo all’eguaglianza di genere hanno causato violente reazioni da parte di Hamas e di altri gruppi islamici attivi a Gaza: nel 2010, un sito di costruzione di un campo estivo UNRWA è stato bruciato e il direttore UNRWA a Gaza è stato minacciato di morte. Hamas non ha condannato le violenze, ma ha suggerito all’UNRWA di adattare le attività alle esigenze culturali della società palestinese, in particolare nella separazione di bambini e bambine in tutte le scuole e le attività ricreative. L’UNRWA ha ceduto alle pressioni e ha istituito campi estivi separati per bambini e bambine.
  • Hamas si è opposto all’insegnamento dell’Olocausto nelle scuole UNRWA, che è stato tolto dai programmi scolastici nel 2011.
  • Di recente, l’UNRWA ha cancellato la “maratona per Gaza 2013”, evento organizzato in tutto il mondo in solidarietà alla popolazione palestinese residente nella Striscia, perché Hamas avrebbe impedito alle donne di partecipare.
  • Israele accusa l’UNRWA di non schierarsi apertamente contro il terrorismo in generale e contro Hamas in particolare.
  • L’UNRWA si difende sostenendo che il sostegno umanitario che fornisce ai “rifugiati palestinesi” impone di essere neutrali di fronte alle affiliazioni politiche e ribadisce che Hamas è anche un movimento politico con un braccio armato, senza poter distinguere i membri dell’una o altra fazione.

Le reazioni di Canada e Stati Uniti

  • In seguito alle analisi politiche che evidenziano un impatto negativo delle attività dell’UNRWA sull’indipendenza dei palestinesi, Canada e Stati Uniti hanno preso misure che riducono i finanziamenti all’agenzia ONU per i palestinesi.
  • Nel 2010, il Canada, che forniva un finanziamento pari al 11% del bilancio dell’UNRWA, ha annunciato un cambiamento radicale nella politica di sostegno ai palestinesi. Il Canada ha trasferito i fondi in precedenza destinati all’UNRWA direttamente al finanziamento di progetti di democratizzazione dell’ANP. La decisione, osteggiata da Stati Uniti, Unione Europea e a quanto pare anche da Israele, è stata considerata una politica apertamente pro-israeliana che ha fatto perdere, secondo alcuni commentatori, il seggio al Consiglio di Sicurezza cui il Canada era candidato nel 2010.
Il Senatore degli Stati Uniti Mark Kirk
  • Il Senatore Kirk del Congresso degli Stati Uniti ha proposto nel 2013 un emendamento alla legge sugli aiuti finanziari. L’emendamento ha introdotto l’obbligo per il Segretario di Stato di presentare una relazione annuale sui beneficiari delle attività UNRWA, distinguendo tra rifugiati del 1948 e loro discendenti, e indicando l’interesse degli Stati Uniti nel sostegno finanziario all’UNRWA in termini di sicurezza nazionale.
Brevi documentari sull’UNRWA

http://www.youtube.com/watch?v=B5Jo12mnVkM
http://www.youtube.com/watch?v=YGJajyjMCbs
http://www.youtube.com/watch?v=pFSeHLVqn2A





Intervista con la prof.ssa Nitza Nachmias


L’UNRWA è la sola agenzia delle Nazioni Unite che lavora per un popolo nello specifico, i palestinesi. L’UNRWA ha il mandato di sostenere i rifugiati palestinesi, definiti secondo una categoria giuridica elaborata per loro. Come si distingue la situazione in cui versano i palestinesi dalle altre, per cui hanno bisogno di un’organizzazione e di una definizione giuridica apposite?

L’UNRWA, la United Nations Relief and Works Agency, è stata creata nel 1949 per prendersi cura dei rifugiati della guerra del 1948 tra Israele e gli Stati Arabi (nota in Israele come Guerra d’Indipendenza). L’ACNUR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, è stato fondato tre anni dopo, nel 1951. Anche se l’UNRWA è stata creata prima, non è stata inglobata nell’ACNUR, perché nessuno pensava che nel 1951 ci sarebbero ancora stati rifugiati e tutti credevano che il problema si sarebbe risolto in breve, e che l’UNRWA si sarebbe sciolta di conseguenza. Si tentò a lungo di risolvere il problema dei rifugiati.

Nel 1949, l’UNRWA è stata creata con un mandato di tre anni. L’allora Segretario Generale Trygve Lie e poi Dag Hammarskjold hanno lavorato intensamente per far chiudere l’UNRWA, proponendo di stanziare i rifugiati nel Sinai e negli altri Paesi arabi che li ospitavano. Gli Stati arabi hanno rigettato tutte le loro proposte. Ancora nel 1949, le Nazioni Unite hanno organizzato la Conferenza di Losanna, per risolvere il problema dei rifugiati; in quest’occasione Ben-Gurion aveva avanzato il “piano Gaza”, una proposta che prevedeva l’annessione di Gaza ad Israele, territorio allora controllato dall’Egitto, e l’assorbimento di circa 280.000 rifugiati e dei residenti. L’Egitto rifiutò di cedere Gaza.

Quindi, tutta la questione dei palestinesi che hanno un’organizzazione solo per loro si riduce a due fatti. Anzitutto, l’ONU non ha mai adottato una definizione di “rifugiato palestinese”, con serie conseguenze giuridiche, tra cui la perpetuazione dello status di rifugiato di generazione in generazione. In secondo luogo, l’UNRWA era stata creata come un’organizzazione con un compito temporaneo e operativo, che consisteva nel trovare casa ai profughi della guerra 1948. Ciononostante, tutti accettano l’esistenza dell’UNRWA come un dato di fatto.


In molti sostengono che non siano rifugiati, perché? E perché allora tutti li considerano tali?

Si deve tener presente che il diritto internazionale stabilisce che un rifugiato che diventa cittadino dello Stato che lo ospita o di un altro Stato terzo, perde automaticamente lo status di rifugiato. Non si può essere rifugiati e contemporaneamente cittadini di uno Stato qualsiasi.

Inoltre, il diritto internazionale definisce i rifugiati come persone che sono scappate dalla loro patria a causa di persecuzioni e che non possono farvi ritorno perché temono per la loro vita. Se un individuo non è stato perseguitato e può tornare in patria senza temere per la propria vita, non è da considerarsi rifugiato secondo il diritto internazionale. Pensiamo ai palestinesi che vivono in Giordania, per esempio: possono andare in Cisgiordania senza temere per la propria vita e non sono nemmeno scappati da persecuzioni. Ma forse i palestinesi che vivono in Europa e sono cittadini europei rappresentano il caso più lampante del fatto che non possano esser considerati rifugiati.

In più, non c’è nessuna categoria giuridica che comprenda nel gruppo dei rifugiati anche la seconda o terza o quarta generazione; i palestinesi sono diventati in sostanza dei rifugiati permanenti! Anche quelli che vivono a Gaza o in Cisgiordania non possono esser considerati rifugiati perché sono di fatto cittadini dell’Autorità Palestinese, che rilascia passaporti, riscuote tributi, governa territori e ha giurisdizione sui residenti, secondo il piano degli accordi del 1993, firmati da Israele e dall'OLP, quando l’UNRWA doveva sciogliersi.


Ma ci sono rifugiati palestinesi che non hanno ancora alcuna cittadinanza. Nemmeno loro sono rifugiati?

No, nemmeno i palestinesi che non hanno acquisito una cittadinanza possono essere considerati rifugiati. Ci sono per esempio palestinesi che vivono in Giordania e non sono cittadini giordani, ma sono residenti permanenti, con diritti di proprietà e permessi di lavoro.

Ci sono tre categorie: chi vive nei territori dell’Autorità Palestinese, chi vive in altre parti nel mondo avendo acquisito la cittadinanza del Paese ospitante, e chi vive in altre parti nel mondo senza aver acquisito la cittadinanza.

Per quanto riguarda la prima categoria, c’è da dire che l’Autorità Nazionale Palestinese opera come uno Stato: paga gli stipendi ai funzionati in Cisgiordania e Gaza, dove collabora con Hamas come se fosse uno Stato federale con i cittadini di Gaza, territorio quasi indipendente e controllato da Hamas, rappresentati nel parlamento centrale dell’ANP.

Lo stesso si può dire della seconda categoria: non sono rifugiati perché sono diventati cittadini si uno Stato. Per quanto riguarda la terza categoria, ci sono palestinesi che vivono fuori dalla Cisgiordania e da Gaza, compresi Siria, Giordania, Kuwait e Libano, che non sono cittadini dei Paesi ospitanti, ma hanno permessi di lavoro, possono sposarsi, possono acquistare immobili; non votano perché non hanno diritti politici che sono legati alla cittadinanza, ma godono di tutti i diritti civili e sociali.

L’unica eccezione è il Libano. In generale non possono esser considerati rifugiati perché sono integrati nella società che li ospita.


Ha appena accennato al Libano come a un’eccezione, perché?

Il Libano impedisce ai palestinesi di integrarsi nella società, confinandoli ad aree specifiche, senza permessi di lavoro e senza diritti sociali ed economici. Per questo l’UNRWA deve mantenerli.

Il governo libanese è in chiara violazione del diritto internazionale. La convenzione sui rifugiati del 1951 obbliga gli Stati a proteggere i rifugiati che ospitano e riconosce anche il diritto di spostarli in un altro Stato. Tuttavia, quando uno Stato accetta i rifugiati, deve riconoscere anche i diritti civili e sociali. Il Libano non ha espulso i palestinesi e tuttavia non riconosce diritti civili e sociali, in violazione del diritto internazionale.

Il Libano ha dei gravi problemi legati alle tensioni interetniche per il precario equilibrio tra cristiani e musulmani, che ha effetti anche sugli accordi politici di stretta suddivisione delle cariche pubbliche tra le comunità etniche e religiose, definendo di chi è il potere. Il Libano non ha mai accettato i palestinesi e non li ha mai naturalizzati perché non vuole che i musulmani siano più numerosi dei cristiani in un equilibrio così delicato. Ma questo non ha nulla a che vedere con Israele.

La sistematica violazione del diritto internazionale indica chiaramente che la comunità internazionale ha fallito nel proteggere i palestinesi. L’UNRWA non denuncia la sistematica violazione del diritto internazionale e non agisce contro il Libano perché vuole più clienti per le proprie attività. L’UNRWA raccoglie centinaia di milioni di dollari per i palestinesi in Libano. Bisogna pensare al Libano come a un grande progetto e l’UNRWA come un’organizzazione di cooperazione che raccoglie fondi per dei progetti: più soldi hanno più persone possono impiegare. Perché dovrebbero agire contro il Libano? Sarebbe contro i loro interessi come organizzazione.


L’UNRWA opera anche in favore dei discendenti dei rifugiati del 1948. Perché?

Per quanto riguarda i discendenti dei rifugiati originato con la guerra del 1948, non c’è scritto da nessuna parte nel mandato dell’UNRWA che l’organizzazione continuerà ad operare anche per i discendenti. È un’assurdità, da un punto di vista giuridico, politico e storico.

Si consideri l’ACNUR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: il suo mandato è di badare ai rifugiati di tutto il mondo e opera per il rimpatrio o per l’insediamento dei rifugiati in un altro Stato laddove il rimpatrio non fosse possibile. Nella storia lo status di rifugiato non è mai stato riconosciuto alla seconda e terza generazione. I palestinesi sono gli unici. Se fosse la regola, allora anch’io potrei rivendicare lo status di rifugiata perché i miei genitori sono scappati dalla Polonia nell’Israele prestatale.

L’UNRWA ha incominciato a prendersi cura dei discendenti, anche se questo non faceva parte del suo mandato. Nel 1965 gli Stati arabi hanno avanzato una proposta di risoluzione all’Assemblea Generale dell’ONU in cui si ufficializzava il compito dell’UNRWA di operare in favore dei discendenti, ma fu rifiutata. Nel 1982, ci fu un’altra proposta e l’Assemblea Generale adottò la risoluzione che propone di badare ai discendenti. Ed ecco quindi tre e ora quattro generazioni di rifugiati, caso unico nella storia.


L’UNRWA è un’organizzazione molto controversa. Oltre al suo mandato anche l’amministrazione è oggetto di critiche. Può rilevare alcuni degli aspetti più discussi?

Ce ne sono molti. Incomincerei con qualcosa di veramente insolito. L’UNRWA ha un fondo pensione di più di un miliardo di dollari investiti in banche svizzera che spesso è in perdita. Ne sono venuta a conoscenza durante un’intervista al funzionario legale dell’UNRWA a Gerusalemme, un italiano; parlando delle scuole dell’UNRWA, gli ho chiesto cosa facessero degli insegnanti in pensione, ed è lì che ha fatto riferimento ad un fondo specifico, chiamato “Provident Fund”. Per ora, questo fondo fa riferimento al Dipartimento Pensioni delle Nazioni Unite, ma l’UNRWA impone ai dipendenti dei contributi più alti di altre organizzazioni. E questo accade perché l’UNRWA assume personale a tempo indeterminato.

L’UNRWA è formalmente un’organizzazione temporanea, il cui mandato è rinnovato ogni tre anni; quindi non potrebbe avere impiegati permanenti. Prendiamo l’esempio dell’ACNUR ancora una volta: per prendersi cura dei rifugiati nel mondo, l’ACNUR ha un gruppo di impiegati fissi, mentre gli altri sono assunti con contratti da uno a tre anni. Non è possibile che un’organizzazione umanitaria abbia dei dipendenti permanenti, perché per definizione tratta di emergenze e le emergenze sono temporanee.


Si può quindi dire che l’UNRWA è diventata un’agenzia ONU esclusivamente per i palestinesi.

Come ho detto, assumono a tempo indeterminato, e già è uno scandalo, ma c’è di più. Se si guarda al personale, è chiaro che l’UNRWA non è un’organizzazione internazionale, ma è di fatto un’organizzazione palestinese. Assume 30.000 impiegati, tutti palestinesi con un gruppo di 120 internazionali. Alle posizioni chiave ci sono palestinesi: economisti, esperti educativi, medici, esperti sanitari, analisti e consiglieri sono tutti palestinesi.

Si può veramente chiamare l’UNRWA un’organizzazione internazionale?


Ci sono molte altre organizzazioni che lavorano nei territori palestinesi. Come sono le relazioni con l’UNRWA?

È interessante vedere come l’UNRWA collabora o non collabora con le altre istituzioni. Farò un esempio che tocca da vicino gli europei. L’Unione Europea ha costruito un ospedale a Gaza, chiamato “European Gaza Hospital”. Per cinque anni è rimasto inattivo: l’UNRWA era in lotta con l’Unione Europea e non permetteva di aprire l’ospedale. L’UNRWA sosteneva che l’ospedale si trovava in un campo profughi e quindi doveva essere sotto l’autorità dell’UNRWA, che dopo cinque anni ha dovuto cedere e ora l’ospedale è gestito dal Ministero della Salute dell’ANP.

L’UNRWA vuole mantenere un controllo assoluto dei territori definiti campi profughi.


Anche nei confronti dell’Autorità Nazionale Palestinese?

Per rispondere dovrò prima raccontare un’altra cosa. L’anno scorso ho avuto modo di leggere il bilancio dell’UNRWA, che elencava una lista di risorse, tra cui 250 milioni di dollari in terreni.

Ora, può un’organizzazione internazionale considerare la terra come una risorsa? L’UNRWA ha proprietà terriere in Siria, a Gaza? Ovviamente, quando parlavano di terra, intendevano dire i campi profughi. Tuttavia, i campi profughi non sono di proprietà dell’UNRWA, che comunque non permette a nessun altro di lavoravi. È per questo che definisco l’UNRWA come “lo stato non-territoriale”.

Non c’è altra organizzazione internazionale che controlla un territorio e in realtà l’UNRWA funziona come uno stato. Non ha una forza di polizia, quindi non può far rispettare la legge nei territori che chiama “campi profughi”, che sono in realtà delle cittadine. Poiché non sono riconosciuti come municipalità, i campi profughi non pagano tasse e tuttavia gli immobili situati nelle aree designate sotto controllo UNRWA sono vendute nel libero mercato.


Se non sono municipalità, come sono organizzati i cosiddetti campi profughi?

L’UNRWA sostiene che ci siano delle commissioni locali che amministrano la giustizia e mantengono l’ordine, ma in realtà è Hamas che amministra i campi profughi a Gaza. L’UNRWA non è un’autorità municipale. Quando vuoi costruire una casa o aprire un negozio, chi ti dà l’autorizzazione? Nessuno. È uno stato di anarchia. L’UNRWA dice che ci sono delle commissioni locali, ma chi le elegge? Secondo quali procedure? Quali sono le loro competenze? A chi rispondono? Chi le controlla? La risposta è che a Gaza, in realtà, è Hamas che ha il controllo, mentre in altri parti ci sono bande che controllano il territorio.


Quindi c’è l’anarchia?

Se si va in un campo profughi, si vede che sono delle aree urbane. E che c’è il caos totale, perché non c’è un organo che abbia il potere di amministrarli. L’UNRWA non permette a nessuno di amministrare i campi profughi, il che ha delle conseguenze sulla popolazione che vi risiede. Solo in Libano risiedono i profughi originari del 1948, mentre nei territori palestinesi la situazione è completamente diversa. Quattro anni fa, dopo giorni di scontri nei campi profughi in Libano, alcune organizzazioni umanitarie sono intervenute dopo che le violenze sono terminate per distribuire gli aiuti. Hanno contato 200.000 persone residenti nei campi. Secondo l’UNRWA sono 400.000; come ha fatto l’UNRWA a contare il doppio dei rifugiati? La risposta è piuttosto semplice. L’UNRWA fornisce assistenza sanitaria, servizi educativi, distribuisci cibo, tutto gratis; molte persone, di conseguenza, vanno a vivere nei campi per avere servizi dell’UNRWA.


Non hanno bisogno di un documento che attesti il loro status di rifugiato palestinese come riconosciuto dall’UNRWA?

Certo; ci sono documenti che attestano lo status di rifugiato, e sono anche venduti nel libero mercato. Ci sono anche documenti contraffatti, perché sono semplici da falsificare. Negli ultimi dieci anni è stato richiesto che l’UNRWA fornisca documenti biometrici, ma non l’ha mai fatto.

In più, l’UNRWA non ha mai svolto un censimento, preferendo usare il censimento dell’Autorità Palestinese, che è affidabile per quanto riguarda la comunità palestinese nel suo complesso, ma non per quanto riguarda i rifugiati. Al momento del censimento, i funzionari dell’ANP semplicemente chiedono ai singoli individui se sono rifugiati e la dichiarazione individuale senza alcuna prova aggiuntiva è sufficiente. Ancora più strano è il fatto che l’UNRWA non ha liste di decessi, che ha conseguenze sostanziali per quanto riguarda il censimento e l’uso dei documenti UNRWA.


Come ha detto prima, l’UNRWA è un’organizzazione temporanea, quindi come può continuare a rinnovare il mandato? In più, l’UNRWA è un’organizzazione umanitaria, quindi come ha fatto a includere nel proprio mandato compiti che non hanno a che vedere con i fini umanitari?

Folke Bernadotte, il primo mediatore ONU per il conflitto tra israeliani e arabi dopo la guerra del 1948, ha scritto un rapporto in cui accusava la Lega delle Nazioni, l’organizzazione che esisteva prima dell’ONU durante le due guerre mondiali, di aver causato il problema dei rifugiati palestinesi. Nel rapporto, Bernadotte sosteneva che la Lega delle Nazione aveva impedito l’autodeterminazione dei palestinesi avendo però garantito l’autodeterminazione degli ebrei. Di conseguenza, secondo Bernadotte, le Nazioni Unite, che avevano sostituito la Lega delle Nazioni, devono prendersi cura dei palestinesi finché riusciranno ad ottenere l’autodeterminazione.

Questa è l’essenza dell’UNRWA: siamo ancora qui a discutere dell’UNRWA perché la comunità internazionale le ha affidato il compito di prendersi cura dei palestinesi.

Terrei anche a precisare che il mandato dell’UNRWA non è umanitario, ma politico e nessuno lo nega; al contrario, all’UNRWA sottolineano che continueranno ad esistere finché la Palestina non sarà indipendente. La Dichiarazione d’Intenti del 1992 firmata alla Casa Bianca da Rabin e Arafat ha dato vita all’Autorità Palestinese. Come primo passo verso l’autodeterminazione dei palestinesi, fu richiesto all’UNRWA di preparare un piano per lo scioglimento dell’organizzazione, che è stato nascosto da qualche parte e di cui nessuno sa nulla.

Non hanno più fatto nulla a riguardo e dopo la Seconda Intifada e l’aggravarsi del conflitto, la richiesta di scioglimento dell’UNRWA è stata accantonata.


Come hanno reagito i palestinesi alla richiesta di dissoluzione dell’UNRWA?

Gli stessi palestinesi vogliono che l’UNRWA cessi di esistere. Lo dicono chiaramente che non hanno bisogno dell’UNRWA. L’Autorità Palestinese opera come un governo: ha ministri, deputati, uffici, scuole, ospedali, servizi e non da ultimo anche una forza di polizia. Perché avrebbero bisogno dell’UNRWA? I palestinesi lo vedono come un insulto.

Sono convinta che l’esistenza dell’UNRWA abbia in un qualche modo aiutato Hamas, perché l’UNRWA mina l’autorità dell’ANP. L’UNRWA gestisce quasi 1000 scuole, poi ci si devono aggiungere gli ospedali e altri servizi. Di fatto, l’UNRWA fa a gara con l’Autorità Palestinese per avere fondi, sostegno finanziario internazionale e per gestire progetti di sviluppo.


Sembra quasi che la Palestina sia come un protettorato.

Lo è, di fatto. È un affronto ai palestinesi! L’UNRWA non è solo una questione che tocca gli interessi dei palestinesi o degli israeliani, ma è una questione di interesse generale.

Anche in Israele ci sono persone che appoggiano l’UNRWA, in particolare l’esercito che dice: “Preferiamo aver a che fare con l’UNRWA che con Hamas”. Ma non è così che funziona. La realtà sul campo è che l’UNRWA non fa nulla senza l’approvazione e il benestare di Hamas.


Faceva riferimento prima a una relazione tra UNRWA e Hamas. Può aggiungere qualcosa?

Quando dico che l’UNRWA mina l’autorità dell’ANP intendo dire che l’UNRWA riceve fondi che potrebbero andare all’ANP, mostrando alla popolazione che il loro governo è debole, o incompetente o inesistente. Quindi, a mio avviso, Hamas ha tratto beneficio da questa situazione per consolidare l’appoggio del popolo. L’UNRWA a Gaza è Hamas. A Gaza non si fa niente senza il benestare di Hamas. Non collaborano ufficialmente, ma lo fanno.

L’UNRWA non controlla l’affiliazione politica dei propri impiegati, quindi chi crede assumano a migliaia? L’UNRWA amministra i campi senza una forza di polizia, quindi chi crede sia a mantenere l’ordine nei campi profughi a Gaza? È Hamas.

L’UNRWA è stata accusata di permettere l’educazione all’odio nelle proprie scuole. È vero?

L’UNRWA non ha un programma didattico proprio e adotta quello dello Stato in cui si trovano le scuole che gestisce, compresi Siria, Libano, Giordania e l’ANP, che ufficialmente supervisiona i programmi didattici. A Gaza è però Hamas che definisce i programmi scolastici, quindi cosa crede insegnino nelle scuole?

L’UNRWA dice anche che nelle scuole che gestisce si insegna la Shoah, ma non è vero. In più l’UNRWA boicotta le aziende israeliane. Ma ciò che è più sconvolgente è che l’UNRWA produce i propri clienti futuri senza applicare il programma di pianificazione famigliare nei territori sotto il suo controllo.

L’ONU ha un programma di pianificazione famigliare, che rappresenta uno dei fondamenti dell’azione dell’ONU. La pianificazione famigliare e l’educazione sessuale sono delle linee d’azione di primaria importanza per le Nazioni Unite, specialmente nei Paesi in Via di Sviluppo. Tuttavia, l’ONU e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non fanno solo pianificazione famigliare ma vero e proprio controllo delle nascite. Negli anni ’60, per esempio, l’ONU e l’OMS hanno aiutato a sterilizzare le donne in India: offrivano un radio transistor in cambio della sterilizzazione. Il caso fu un enorme scandalo.

La politica di pianificazione famigliare ha priorità diverse secondo le aree ed è applicata dalle agenzie ONU tranne l’UNRWA. Se si guarda il tasso di crescita della popolazione nel mondo arabo, compresi i territori dell’ANP e dell’UNRWA, si vede chiaramente che manca una politica di pianificazione. I territori controllati dall’UNRWA hanno il tasso di crescita più alto al mondo: il 35% in 10 anni, che vuol dire 3,5% annuo. Nei territori amministrati dall’ANP il tasso di crescita è del 2,5% annuo, in Egitto è del 1,5%. L’UNRWA crea i propri clienti; in questo modo tra 10 anni avremo 10 milioni di persone che rivendicano il diritto al ritorno con documenti UNRWA di “rifugiato palestinese”.

Questo vuol dire anche sostenere Hamas, che ha il controllo sui territori UNRWA a Gaza. In sostanza significa sostenere la nascita di bambini che saranno educati all’ideologia di Hamas, che ne esce rafforzato.


Ha accennato al fatto che l’UNRWA boicotta Israele, come?

L’UNRWA non chiede apertamente il boicottaggio di Israele, ma di fatto boicotta le organizzazioni e le aziende israeliane escludendole dai bandi di gara per la costruzione di edifici, per la fornitura d’acqua, di beni o di prodotti agricoli. Ne avevo parlato tempo da, perché l’ONU non può escludere una nazione dalle proprie attività.

Personalmente, ho visto solo una pubblicità di un bando di gara su un giornale israeliano in ebraico, ma ovviamente nessun israeliano ha vinto il bando. L’UNRWA può dire che gli israeliani non possono lavorare a Gaza, per via del conflitto con Hamas, ma potrebbero trovare una soluzione e il modo di usare prodotti israeliani; in realtà c’è una certa cooperazione economica tra Israele e Gaza, quindi potrebbero trovare il modo di permettere agli israeliani di operare a Gaza. In più sarebbe solo una scusa, perché gli israeliani sono stati esclusi per 60 anni dai bandi UNRWA, quindi ben prima che Hamas prendesse il potere a Gaza.


L’esistenza dell’UNRWA perpetua il problema dei rifugiati e la rivendicazione del diritto al ritorno, che Israele nega per proteggere l’identità ebraica dello Stato. Quest’argomentazione è un po’ debole. Come si dovrebbe affrontare la questione?

Partiamo da un fatto molto semplice: non sono rifugiati. Si sono stanziati nelle aree amministrate dall’ANP o in altri Stati arabi. Se il Libano si rifiuta di naturalizzare i palestinesi, dovrebbe esser l’ANP ad affrontare la questione.

Sono ancora considerati rifugiati solo dall’UNRWA per ragioni politiche e perché rivendicano il diritto al ritorno. Ora, c’è chi sostiene che Israele dovrebbe negare tale diritto perché il ritorno dei palestinesi metterebbe a repentaglio la natura ebraica dello Stato di Israele. Ma ai palestinesi questo non interessa, e non c’è nessuna ragione per cui debbano interessarsi di proteggere lo Stato ebraico.

L’argomentazione più forte consiste nel contestare la legittimità del diritto al ritorno. Non c’è un diritto al ritorno per la seconda e terza e quarta generazione; tale diritto è riconosciuto solo ai palestinesi. Nessun figlio o nipote di rifugiati nel mondo ha mai chiesto il diritto al ritorno. Se fosse la regola, allora anch’io sarei titolare di un ipotetico diritto di ritorno in Polonia, da dove sono fuggiti i miei genitori. Quasi tre quarti della popolazione di Israele sarebbe titolare di un ipotetico diritto di ritorno da far valere nei confronti di Germania, Polonia, Ucraina, Repubblica Ceca, Slovacchia, per non parlare poi dei rifugiati dai Paesi arabi: centinaia di migliaia di israeliani avrebbero il diritto al ritorno in Iraq, Siria, Libano, Libia, Egitto. Sarebbe possibile?


Secondo quanto ha detto lo smantellamento dell’UNRWA non solo porterà a un miglioramento della situazione palestinese, ma anche a un miglioramento delle relazioni tra Israele e i palestinesi.

Cosa si può fare? C’è bisogno di un’azione congiunta che metta in questione i finanziamenti nazionali e internazionali all’UNRWA. L’Unione Europea e i Paesi europei sono i maggiori sostenitori dell’UNRWA. Potrebbero mettere in questione il mandato UNRWA e far pressione all’ONU per ottenere lo scioglimento dell’organizzazione, che non solo è inutile ma anche aggrava il conflitto e impedisce la vera autodeterminazione dei palestinesi.

Ci sono vari Paesi europei nella Consiglio Amministrativo dell’UNRWA, si potrebbe incominciare da lì. Ma il taglio dei finanziamenti rimane l’obiettivo principale. I nuovi media e le reti sociali hanno un ruolo centrale nella mobilitazione politica.


Una campagna internazionale via internet potrebbe servire?

È una buona idea.

Terrei però a precisare una cosa. Non sono in alcun modo contraria agli aiuti ai palestinesi. Credo, comunque, che non sia il modo in cui i palestinesi vadano aiutati. Si vuole costruire un ospedale? Allora si diano i soldi al Ministero della Salute dell’ANP. Si vuole costruire una scuola? Si diano i soldi al Ministero dell’Educazione.

È fondamentale lavorare con l’ANP, che può eseguire i progetti sotto supervisione delle organizzazioni internazionali, come in ogni altro posto al mondo. I palestinesi hanno forse bisogno di un intermediario come l’UNRWA? Anche il problema con Hamas non è una valida ragione per mantenere in vita l’UNRWA, che rafforza Hamas.

Come dicevo, nelle scuole UNRWA si insegnano i programmi scolastici locali e a Gaza sono quelli definiti da Hamas! Ancora più sconvolgente è che l’UNRWA ha una modalità di raccolta donazioni sul proprio sito, dove gli individui possono donare direttamente somme di denaro. In più, hanno anche un ufficio a Washington per fare lobbying.

Per concludere, sembra proprio che l'UNRWA abbia dei piani a lungo termine, e proprio per continuare ad esistere alimenta il mito dei milioni di rifugiati palestinesi.





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